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«Se occupiamo Gaza, ostaggi giustiziati e Israele avrà il suo Vietnam. In Occidente avete scambiato Hamas per Che Guevara». Parla Michael Milstein, analista del Moshe Dayan Center di Tel Aviv

22 Agosto 2025 - 18:34 Fosca Bincher
netanyahu analista
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In un collegamento audio e video con il giornalista Antonino D’Anna di Radio Libertà l’esperto militare israeliano sostiene che la maggiore parte della popolazione sia contraria all’operazione Gaza. E anche a quella promossa da Smotrich sui nuovi insediamenti dei coloni sulla collina E1. «Molte vostre critiche giuste e non possiamo bollarle di antisemitismo»

Lo dice senza troppe parafrasi: «Occupare Gaza sarà un inferno per Israele, il suo Vietnam. Siamo stati a Gaza per molti anni. Siamo stati nel Libano meridionale. Sappiamo cosa significa prendere il controllo di una popolazione ostile, che odia noi israeliani. Molti di loro sono davvero arrabbiati con Hamas. Ma altri sono davvero affiliati a Hamas. Quindi ci ritroveremo in una guerriglia, in una sorta di guerra terroristica. Non si può davvero vincere in questo tipo di guerra. E ho davvero paura». A parlare è l’analista israeliano Michael Milstein, capo degli studi palestinesi al Moshe Dayan Center di Tel Aviv ed ex colonnello dell’IDF, in un lungo collegamento audio e video con il giornalista di Radio Libertà, Antonino D’Anna.

Carro armati su Gaza

L’invasione di Gaza avverrà a metà settembre, nonostante le manifestazioni di piazza

Secondo Milstein l’operazione che Benjamin Netanyahu ha annunciato su Gaza avverrà comunque nonostante le perplessità dei vertici dell’Idf e le consistenti proteste di piazza verso la metà di settembre: «Prendere il controllo di una città con una popolazione che va dagli 800.000 a oltre un milione di persone non è qualcosa che si può fare in una notte. Ci vorranno dei preparativi. Servono molti soldati dell’esercito di riserva. Ora, non c’è dubbio, e questa è la mia impressione, che la maggior parte degli israeliani non sia favorevole all’operazione. Ritengono che sia stata promossa a causa di ogni sorta di, chiamiamole così, considerazioni bizzarre. Di natura politica, e di ogni tipo, anche ideologica, religiosa. E la maggior parte degli israeliani si oppone a questa idea. Per questo la prossima settimana e nel corso del mese di settembre assisteremo a molte altre manifestazioni, forse ancora più grandi, forse ancora più dure di quella che ha avuto luogo questa domenica».

Hamas

Appena l’Idf si avvicinerà a loro, Hamas inizierà a giustiziare gli ultimi ostaggi vivi

Milstein sostiene che ormai molta parte della popolazione di Israele non crede più agli slogan governativi, e sa che non sarà possibile ottenere gli ostaggi occupando militarmente Gaza: «Penso che anche i sostenitori di destra che oggi appoggiano la guerra stessa sappiano che non è possibile liberare gli ostaggi, che Hamas è un tipo di organizzazione che li giustizierà quando ci avvicineremo a loro». Secondo l’analista israeliano di questo probabilmente è conscio lo stesso capo del governo, ma «Netanyahu ha bisogno di preservare, di mantenere il suo governo. E capisce che se firmerà il cessate il fuoco, Bengvid e Smotrich e molti, molti altri membri del Likud, il suo partito, lasceranno il governo. Quindi preferisce continuare la guerra e non firmare alcun cessate il fuoco. E purtroppo il costo, il prezzo di questa decisione sarà molto alto e tragico. Qui in Israele sappiamo per certo che stiamo andando incontro a un disastro. Non è qualcosa di cui non siamo consapevoli, non è che non lo capiamo. No, lo capiamo. E anche il governo lo capisce. Ma sembra che sia come un canale da cui è impossibile uscire. È per questo che è così tragico».

Hamas indebolita, ma è ancora il solo attore militare e politico nella striscia di Gaza

L’analista israeliano descrive in maniera molto cruda le condizioni di Hamas dopo 22 mesi di guerra: «Sembra incredibile che esista ancora. Certo, non è la stessa Hamas che conoscevamo 22 mesi fa. Dal punto di vista militare, politico, sociale, sotto ogni aspetto, è più debole. Ha perso tra i 25.000 e i 27.000 membri, la maggior parte dei comandanti sono stati uccisi, tra cui Yehi Sinwar, Ismail Haniyeh e molti altri. Non c’è dubbio che le sue capacità governative di base siano state danneggiate. Ma, e questo è un punto molto importante, perché riflette davvero la natura di questa organizzazione, anche dopo questi 22 mesi Hamas è ancora l’attore dominante a Gaza. Promuove le operazioni militari. Ancora nelle ultime ore c’è stato un tentativo da parte di 15-20 combattenti di Hamas di prendere il controllo di una delle basi vicino a Khan Yunis. Questo significa che, anche dopo aver subito danni così gravi, sono ancora in grado di promuovere ogni tipo di attività militare e operazioni. E, naturalmente, nella sfera pubblica, sono ancora l’attore dominante. Non c’è una alternativa ad Hamas, non c’è nessuna banda o clan che possa rimpiazzarla. Qui in Israele sogniamo ogni tipo di fantasia su clan, capi tribù ed emirati. Ma non succederà mai. Inoltre, l’Autorità Palestinese è molto debole. Non è in grado di dispiegarsi a Gaza».

Una veduta di Gaza

Il mondo ha scambiato i leader di Hamas per Che Guevara, ma noi non accettiamo critiche giuste

Milstein spiega nel colloquio con D’Anna che in Europa e nel mondo troppi hanno equivocato la natura di Hamas, che non è un movimento di liberazione dall’invasore. E in senso opposto in Israele con troppa facilità si bolla come antisemitismo qualsiasi opinione diversa di altri paesi su quello che sta accadendo a Gaza. «Penso», spiega l’analista, «che fin dal primo giorno di questa guerra, dal 7 ottobre, abbiamo assistito a molti atteggiamenti distorti in Occidente, guidati principalmente dall’élite accademica e culturale e dai giornalisti, che non capiscono davvero, sono così superficiali nelle loro analisi. Quindi non capiscono, per esempio, che Hamas non è un’organizzazione di liberazione alla Che Guevara, un gruppo di partigiani contro l’occupazione. È un’organizzazione estrema, orribile, radicale, molto, molto oscura. E penso che la maggior parte delle persone in Occidente non lo capisca per ignoranza. È un argomento di cui parlo molto in Israele. Molti qui reagiscono all’atteggiamento occidentale dicendo che, ad esempio, tutte le decisioni del Regno Unito, dell’Unione Europea, persino l’annuncio del Ministro della Difesa italiano e del Primo Ministro danese, sono tutte antisemite. È tutto antisemitismo. Questo è molto facile. Invece dovremmo essere intelligenti. Non tutto è antisemitismo. C’è una critica che Israele dovrebbe capire. Molte persone in Occidente semplicemente non capiscono davvero qual è lo scopo di ciò che Israele sta facendo in questo momento. Da diverse settimane e mesi, qui in Israele si parla dello tsunami, dello tsunami in arrivo, a livello internazionale. E lo sentiamo già. E io dico sempre che non si può dire che questo tsunami significhi che tutto il mondo odia gli ebrei. Bisogna capire che c’è un problema. Ad esempio, quando l’Australia non ha concesso il permesso di ingresso nel Paese a uno dei membri della Knesset, Simcha Rotman, non è stato perché è ebreo, ma a causa di molti problemi politici. E dobbiamo capirlo.

Bezalel Smotrich

Se vincerà la linea Smotrich sui nuovi insediamenti Israele diventerà la nuova Bosnia in guerra

L’analista israeliano si dice preoccupato, come praticamente tutto il mondo, dalla forzatura del ministro delle Finanze e leader del partito di estrema destra religiosa, Bezalel Smotrich, sugli insediamenti dei coloni che spezzerebbero i palestinesi in Cisgiordania, quelli sulla collina E1 di cui si parla in questi giorni. «È davvero incredibile che sia quasi una sorta di progetto personale di Smotrych, il capo del sionismo religioso. Ma sembra che, nonostante sia una minoranza e secondo tutti i sondaggi non entrerà a far parte della prossima Knesset, questa sia la politica ufficiale di tutto il governo, e Netanyahu non ha detto nulla al riguardo. Ma c’è qualcosa di più profondo, che spiego nelle conferenze: Smotrych vuole davvero promuovere l’idea di uno Stato (non due), tra il fiume e il mare, uno Stato senza confini, con una sorta di fusione tra palestinesi, israeliani ed ebrei. Io penso invece che sarà come in Bosnia, sarà come un inferno balcanico, se fonderemo la Cisgiordania con Israele. Siamo realistici: vogliamo essere i padroni, prendere il controllo di 5 milioni di palestinesi, 2 milioni a Gaza e 3 milioni in Cisgiordania, senza diritti, senza cittadinanza? È davvero un disastro. E purtroppo, in questo momento, e questo ci riporta anche alla questione di Gaza, dobbiamo capire che dobbiamo preferire l’alternativa meno peggio e non elaborare per l’ennesima volta slogan vuoti sul futuro di Israele».

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