Imane Khelif, altro che ritiro dalla boxe: la pugile fa ricorso contro il test di genere obbligatorio


Di appendere i guantoni al chiodo Imane Khelif non ha la minima intenzione, almeno per ora. La pugile algerina, che un anno fa vinse un oro molto discusso alle Olimpiadi di Parigi, ha presentato ricorso al Tribunale arbitrale dello sport (Tas) contro l’introduzione dei test genetici da parte della World Boxing Association. Confermando di fatto quanto già anticipato nelle scorse settimane, quando aveva smentito le voci su un suo presunto ritiro confermando di essere decisa a perseguire la carriera da professionista del ring.
La disputa con Imane Khelif: «I test garantiscono sicurezza»
Oggetto della disputa tra Imane Khelif e la Wba è la decisione da parte dell’associazione di rendere obbligatori per gli atleti e le atlete i test genetici per l’identificazione del sesso. Una scelta che, ufficializzata a fine maggio, dovrebbe «garantire la sicurezza di tutti i partecipanti e parità di condizioni competitive tra uomini e donne». La pugile algerina aveva già dovuto pagare il conto con l’esclusione dall’Eindhoven Box Cup in Olanda. In quella occasione non è però chiaro se la boxer intersex non abbia superato i test di genere o se non si sia sottoposta.
Il match con Angela Carini e la decisione della Wba
È stato proprio il caso di Imane Khelif sul ring di Parigi 2024 a scatenare l’ondata di polemiche che ha portato fino a questa decisione. Durante il match di esordio contro l’italiana Angela Carini, la pugile azzurra era stata costretta al ritiro tra le lacrime. La scena aveva scatenato la rabbia di molti, che accusavano l’algerina di essere «transessuale» o un uomo. La verità, però, è ben distante. Ora sarà Imane Khelif a prendersi sulle spalle l’ennesima battaglia per tentare di abolire l’ostacolo dei test genetici, che rischiano di minarne in maniera definitiva le speranze di carriera.