Vuelta, attese proteste per la Palestina: la cronometro decisiva ridotta di oltre la metà. «Così garantiamo migliore protezione ai ciclisti»


«Motivi di sicurezza» legati alle proteste per la Palestina, hanno indotto gli organizzatori della Vuelta a ridurre di 15 chilometri il percorso della 18/a tappa, una cronometro individuale, che scenderà da 27,2 a 12,2 chilometri, con arrivo e partenza a Valladolid. «Al fine di garantire una migliore protezione della tappa, gli organizzatori, in coordinamento con il Consiglio comunale di Valladolid e previa consultazione con il Collegio dei commissari, hanno deciso che la cronometro di domani si svolgerà su un percorso di 12,2 km, con partenza e arrivo nei luoghi originariamente previsti», recita un comunicato diffuso in serata.
Le proteste
La corsa a tappe spagnola è stata interrotta o disturbata quasi quotidianamente dai manifestanti pro-Pal, particolarmente ostili alla presenza in gara del team Israel-Premier Tech. Nonostante le proteste, i corridori hanno votato per continuare a correre, ma con un paletto preciso: se le proteste dovessero nuovamente interrompere la gara, saranno pronti a fermarsi. La decisione è stata presa dai rappresentanti delle 23 squadre coinvolte, riuniti su richiesta dei corridori stessi. Da quanto si apprende, non tutti i corridori erano favorevoli a continuare, ma la maggioranza ha optato per proseguire. La tappa odierna, la 17esima, è stata vinta dall’italiano Giulio Pellizzari e si è conclusa senza incidenti: le autorità avevano limitato l’accesso al traguardo in quota, consentendo soltanto a poche persone di arrivare sulla cima dell’Alto de El Morredero. Qualche bandiera palestinese è apparsa lungo il percorso, ma nessun ha tentato di bloccare la corsa.
Le proteste che hanno segnato la corsa
Quella in corso è stata tutt’altro che una Vuelta tranquilla e ha causato non pochi imbarazzi agli organizzatori. Già nella quinta tappa, la cronosquadre di Figueres, la Israel-Premier Tech era stata fermata per alcuni minuti da manifestanti con striscioni e bandiere palestinesi. Episodio che ha anticipato quanto accaduto nelle ultime giornate: due tappe, la 11esima e la 16esima, sono state accorciate perché i cortei pro Palestina avevano bloccato la strada nei chilometri finali. Martedì, a Castro de Herville, un folto gruppo di attivisti ha costretto l’organizzazione a fermare la gara otto chilometri prima del traguardo originario, con i ciclisti avvisati all’ultimo istante. Un precedente che ha spinto l’associazione internazionale dei ciclisti a mettere in chiaro che una nuova interruzione potrebbe significare lo stop definitivo della corsa.
September 6, 2025
Via il nome «Israel» dalle divise della squadra
L’allerta delle autorità spagnole rimane massima in vista delle tappe conclusive della terza corsa ciclistica più importante al mondo. Per le ultime due tappe che si correranno nella regione di Madrid è previsto lo schieramento di oltre 1500 agenti tra polizia e Guardia Civil, un dispiegamento di forze che si era visto solo in occasione del vertice Nato del 2022. Al centro delle proteste c’è il team Israel-Premier Tech, squadra ciclistica che promuove il paese nelle competizioni sportive e che è sostenuta da imprenditori israeliani. Il team, per evitare l’escalation di proteste, ha deciso di rimuovere il nome della squadra dalla divisa dei ciclisti, pur mantenendo la definizione ufficiale: «Nell’interesse di dare priorità alla sicurezza dei nostri corridori e dell’intero gruppo, alla luce della natura pericolosa di alcune proteste a La Vuelta, Israel – Premier Tech ha fornito ai corridori una divisa con il monogramma della squadra per il resto della gara. Il nome della squadra rimane Israel – Premier Tech, ma la divisa con il monogramma ora è in linea con le decisioni di branding che abbiamo precedentemente adottato per i nostri veicoli e l’abbigliamento casual».
Vingegaard: «I manifestanti hanno bisogno di essere ascoltati»
In mezzo alle tensioni, è arrivata anche la voce del leader della corsa, Jonas Vingegaard, che ha scelto di commentare apertamente le proteste. «Non ci rendiamo conto di quanto accade intorno, ma in merito alle proteste, si sa che la gente lo fa per un motivo, è orribile quello che sta accadendo attualmente e credo che quanti stanno manifestando hanno bisogno di essere ascoltati», ha dichiarato il danese ai microfoni dell’emittente TV2. «Ovviamente è un peccato che questo accada esattamente qui e questo è ciò che pensa la maggioranza di noi corridori. Ma, insisto, credo che quanti manifestano necessitino disperatamente di essere ascoltati» ha concluso.