Paziente con Hiv positivo al Covid per oltre due anni, il caso record: «Infezione durata 750 giorni»


Un uomo di 41 anni affetto da Hiv-1 in stadio avanzato ha avuto un’infezione acuta da Covid e cinque ricoveri in ospedale nel giro di 24 mesi. Il suo caso è al centro di uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Lancet. L’uomo è stato seguito da un team di ricercatori dell’Università di Boston, che hanno poi redatto il paper scientifico. Sarebbe stata proprio la sua condizione di immunodepressione a causare il protrarsi dell’infezione. 750 giorni in totale, in cui il virus non è mai stato eliminato. Non si tratterebbe quindi di long-Covid, ma di replicazione virale del Sars-CoV-2, che ha causato sintomi respiratori così persistenti.
Lo studio su Lancet
Lo studio ha coinvolto l’analisi genetica di campioni virali raccolti dal paziente tra marzo 2021 e luglio 2022. A condurre lo studio dei campioni è stata la bioinformatica Joseline Velasquez-Reyes, che insieme ai colleghi dell’Università di Boston ha rivelato le attività del virus durante i due anni di infezione. In particolare, la velocità con cui il virus accumulava mutazioni all’interno del singolo paziente era talmente elevata da risultare simile a quella che, di solito, si riscontra osservando l’evoluzione del virus in un’intera comunità di persone.
La proteina spike e la variante Omicron
Per di più, lo studio ha evidenziato come, tra le mutazioni individuate, ce ne fossero alcune già conosciute. Ad esempio, quelle che interessavano la proteina spike coincidevano con cambiamenti tipici della variante Omicron. Questo significa che, anche all’interno di un singolo individuo, il virus può sviluppare mutazioni dello stesso tipo di quelle che, su scala più ampia, hanno dato origine a nuove varianti. Secondo gli scienziati, questo avvalorerebbe la tesi per cui i cambiamenti si sarebbero sviluppati a causa delle pressioni selettive che il virus subisce nel nostro corpo. Inoltre, come si legge nel paper:, nonostante «le origini esatte di Omicron e di altre varianti» restino «sconosciute, diversi elementi suggeriscono che infezioni persistenti in individui immunocompromessi possano rappresentarne una possibile fonte».
Il Covid e l’immunodepressione da Hiv
Secondo quanto raccontato dal paziente, l’uomo si sarebbe ammalato di Covid a maggio 2020. In quel periodo, a causa delle chiusure da lockdown e dei rallentamenti del sistema sanitario, non si trovava in terapia antiretrovirale e non aveva la possibilità di accedere alle cure mediche necessarie. Il fatto che il virus sia riuscito a resistere per così tanto tempo all’interno del suo organismo è probabilmente dovuto ai suoi basissimi livelli di cellule T helper immunitarie. Ne avrebbe avute infatti appena 35 per microlitro di sangue, quando una persona sana ne registra tra le 500 e le 1500.