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Gaza, oggi al via i negoziati sul piano di Trump: «Evitiamo spargimento di sangue». A Sharm il focus sugli ostaggi e i nodi ancora da sciogliere

06 Ottobre 2025 - 09:45 Alba Romano
gaza trump pace egitto
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In Egitto si teme un rallentamento delle trattative quando si parlerà del disarmo di Hamas e del ritiro militare israeliano dalla Striscia. Per Trump ci saranno il genero Kushner e l’inviato speciale Witkoff

Iniziano con oggi i giorni decisivi per il futuro di Gaza e dell’offensiva militare israeliana, che va avanti imperterrita da ormai due anni. A Sharm el-Sheikh, nota località balneare egiziana, confluiranno le delegazioni di Tel Aviv, Hamas, Washington e del Qatar. All’ordine del giorno c’è la discussione del piano di pace di Trump, quella mappa di 20 punti che dovrebbe permettere di porre fine immediatamente al massacro di civili nella Striscia e in Cisgiordania e, al contempo, riconsegnare gli ostaggi ancora nelle mani dei miliziani palestinesi. «La prima fase dei negoziati dovrebbe essere completata entro questa settimana», ha fatto sapere Donald Trump. Ma il presidente americano dietro le quinte continua a mettere fretta sia ad Hamas che al governo di Benjamin Netanyahu: «Il tempo essenziale, per evitare inutile spargimento di sangue».

Chi partecipa ai negoziati

In Egitto la delegazione del gruppo armato sunnita è già arrivata. A guidarla Khalil al-Hayya, capo del movimento a Gaza e figura di primo piano nell’ala politica, sopravvissuto all’attacco israeliano a Doha dello scorso mese. Per Israele ci sarà un fedelissimo di Bibi, il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, ma anche il capo dei servizi dello Shin Bet e del Mossad. Saranno loro a dover bilanciare tra la pressione, sempre più crescente, verso una pace e le minacce interne degli alleati ultra-conservatori, che si preparano a far crollare il governo non appena l’accordo sarà siglato. Per gli Stati Uniti, mediatori al fianco degli uomini del Qatar, ci saranno l’inviato speciale Steve Witkoff e il genero di Trump Jared Kushner, che ha occupato un ruolo di rilievo nella stesura del piano della Casa Bianca. 

Lo scambio degli ostaggi e i punti di difficoltà del piano 

Perché sedersi al tavolo? Il sì di Hamas alla proposta americana, tanto quanto il sì israeliano, è in realtà un «sì ma». Il summit di Sharm el-Sheikh si focalizza sulla logistica della riconsegna dei 47 ostaggi ancora nelle mani di Hamas e sulla liberazione dei prigionieri palestinesi. Il gruppo armato si è già detto «intenzionato ad avviare immediatamente il processo di scambio», ma si potrebbe registrare qualche rallentamento nelle operazioni in merito alla scelta di chi dovrà fare il percorso inverso, dalle carceri dello Stato ebraico alla Striscia. Una sorta di tavolo informale e preparatorio alle vere e proprie trattative, da cui però potrebbero uscire i punti più nevralgici.

Sicuramente tra questi il disarmo di Hamas, su cui i miliziani non hanno ancora espresso ufficialmente una posizione, e le tempistiche del ritiro dei carri armati israeliani da Gaza. In caso di rifiuto da parte di Hamas, Trump ha già tracciato la linea futura: «Andrete incontro al completo annientamento».

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