L’arbitro che truccava le partite per guadagnare dalle scommesse, così convinceva pure i colleghi: i rigori inventati e le espulsioni combinate – Il video
C’è anche un arbitro tra le cinque persone finite agli arresti domiciliari per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Gli indagati sono stati raggiunti all’alba dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dai finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma, che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip. L’inchiesta che ha condotto agli arresti è cominciata nel gennaio del 2024 sulla base di una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativa ad un flusso anomalo di scommesse su di un incontro calcistico della categoria Primavera. L’attivista investigativa ha quindi portato alla luce un sistema fraudolento, che operava in diversi campionati giovanili compresa la Primavera, coordinato e diretto dall’arbitro Luigi Catanoso della Sezione di Reggio Calabria.
Il ruolo degli arbitri
Secondo la Procura di Reggio Calabria, il modus operandi del gruppo prevedeva che l’arbitro condizionasse le partite fischiando rigori inesistenti e decretando espulsioni senza una reale motivazione. Gli altri membri del gruppo scommettevano quindi sulle partite alterate, ricavando enormi profitti “azzeccando” eventi e risultati improbabili. Perché il bacino degli incontri truffati fosse il più ampio possibile, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’arbitro reggino Luigi Catanoso era solito individuare altri colleghi arbitri, designati per i singoli incontri sportivi, per poi avvicinarli e corromperli con somme che potevano arrivare anche a 10.000 euro a partita, affinché conducessero la gara in modo funzionale alle scommesse effettuate dai membri dell’associazione. In conferenza stampa il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Borrelli ha poi aggiunto che l’arbitro alla guida di tutto «stava programmando di espandere i propri interessi anche sui campionati professionistici».
Il ruolo dei finanziatori
Secondo la ricostruzione avallata dal Gip, il sistema criminale vedeva la partecipazione di ulteriori indagati in qualità di partecipi dell’associazione. Questi fornivano supporto morale e materiale all’attività svolta dall’arbitro occupandosi anche di ricercare i contatti con i direttori di gara designati per le partite oggetto di scommessa. In particolare, a finanziare l’associazione, fornendo il denaro per corrompere altri direttori di gara, erano due imprenditori toscani, padre e figlio, titolari di un’agenzia di scommesse di Sesto Fiorentino (Firenze), anche loro arrestati. Secondo il procuratore, queste persone «fornivano capitali, ricevevano i soldi e le puntate attraverso la creazione anche di fittizi conti-gioco, intestati a terzi che venivano utilizzati sia per fare le scommesse sia per incamerare i profitti delle scommesse stesse».
Le precedenti indagini su Luigi Catanoso
La partita che ha attirato l’attenzione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli era l’incontro Benevento-Cesena del campionato di Primavera 2, «che risultava essere arbitrata da Luigi Catanoso, sulla quale si era realizzato un importo complessivo di giocate pari a circa 41 mila euro tra le quali 219 su 288 riguardavano la vittoria del Benevento. Si trattava di scommesse che erano state fatte per la maggior parte in comuni calabresi come Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi Marina e Reggio Calabria». Reggio Calabria è anche la sezione arbitrale in cui è iscritto Catanoso, che già nel gennaio 2020 aveva fatto insospettire la Procura federale per un infortunio che lo aveva colto durante una partita di Serie C tra Virtus Verona e Gubbio. Anche in quell’occasione si era registrato un anomalo numero di scommesse, per la maggior parte sulla vittoria della squadra veronese. Il club però stava perdendo per 1-0 quando, a pochi minuti dalla fine della gara, il malore dell’arbitro aveva comportato la sospensione del match.
