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Tolgono i figli solo alla Famiglia del bosco? Anche ai rom, ma la propaganda lo ignora

26 Novembre 2025 - 15:08 David Puente
Poco prima del caso di Palmoli, 10 bambini vennero allontanati dal campo di via Salvanesco a Milano

In difesa della cosiddetta “Famiglia del bosco“, la coppia anglo-australiana che viveva isolata tra i boschi di Palmoli (Abruzzo), la macchina della propaganda politica e social ha puntato il dito contro lo Stato, i giudici e i servizi sociali. Con quale narrazione? I figli di questa famiglia sarebbero stati “strappati” solo perché i genitori hanno scelto uno stile di vita alternativo, mentre lo Stato chiuderebbe gli occhi davanti ai bambini rom che vivono in condizioni molto peggiori, senza scuola, senza vaccini, in abitazioni malridotte. Attraverso questo confronto viene imposta l’idea di fondo del doppio standard, dove si interviene con severità con alcune famiglie e tolleranza con i rom, fatti passare come “intoccabili” sul piano giudiziario e sociale. Succede anche a loro, ma non fa notizia.

Cosa bisogna sapere:

  • L’allontanamento dei tre figli della “Famiglia del bosco” è stato disposto dal Tribunale per i minorenni dell’Aquila dopo un percorso di accertamenti dei servizi sociali, sulla base di condizioni ritenute pregiudizievoli per i bambini, non per una generica scelta “green”.
  • Le stesse norme (art. 403 c.c. e provvedimenti del Tribunale per i minorenni) si applicano a tutti i minori sul territorio italiano, senza distinzione di etnia o cittadinanza.
  • Esistono casi documentati e recenti di minori rom allontanati dalle famiglie e inseriti in comunità, come nel campo abusivo di via Selvanesco a Milano, dove dieci bambini sono stati collocati in struttura su decisione del Tribunale.
  • Da anni sono attivi programmi nazionali specifici per l’inclusione e la tutela dei bambini rom, sinti e caminanti, che prevedono interventi sociali e scolastici in molte città italiane, compresa Milano.
  • La contrapposizione “tolgono i figli solo alla Famiglia del bosco e mai ai rom” risulta del tutto falsa e fuorviante. I casi ci sono, ma fanno meno notizia e riguardano una comunità spesso già disprezzata.
  • Secondo un rapporto del 2013 dell’Associazione 21 luglio risulterebbe più facile che un minore rom venga sottratto e messo in adozione rispetto a uno “non rom”.

La propaganda social

I post non entrano nel merito dell’ordinanza del Tribunale, né delle procedure previste dalla legge, deviando del tutto l’attenzione in difesa della famiglia del bosco. Di fatto, usano il caso come grimaldello per sostenere che ci sarebbe una repressione selettiva contro chi adotta stili di vita “non allineati”, ma non contro i rom.

«Ci sono 16 mila bambini rom in Italia che vivono in condizioni igieniche e sanitarie a dir poco scadenti, usati dai genitori per mendicare o rubare e voi togliete i figli a quelli della casa nel bosco??? Vergognatevi!!!!» scrive in un post la pagina Facebook “Sapere è un Dovere”.

«Cari servizi sociali, non provate un po’ di vergogna? come mai non andate nei campi rom dove migliaia di bambini vivono in pessime condizioni. La legge è uguale per tutti?» scrivere in un post un altro utente, il quale utilizza una foto del Perù che non ha nulla a che fare con le comunità rom.

A livello politico, sono intervenuti rappresentanti della Lega come Susanna Ceccardi («Bambini con la propria famiglia nel bosco no, nel campo rom si?! Voi cosa ne pensate?»).

Non è mancato l’intervento di Matteo Salvini, attuale vicepremier, che se la prende con lo Stato, il quale punta il dito su un singolo capo rom (diversamente dagli altri):

Sono stato nel campo rom di Giugliano alle porte di Napoli la settimana scorsa, con centinaia di bimbi in età scolare e non a scuola, sporchi, senza insegnanti, senza luce gas e acqua e con genitori che in molti casi campano rubando. Lì dove sono gli assistenti sociali? Dov’è la procura, il tribunale dei minori, lo Stato?

Anche i bambini rom vengono allontanati dai genitori

I rom non sono intoccabili e anche i bambini di queste comunità vengono allontanati dalle famiglie. L’esempio più recente riguarda la decisione del Tribunale di Milano per il ricovero in comunità di dieci bambini rom, ritenendo le loro condizioni incompatibili con la tutela dei minori. La vicenda è stata raccontata anche da Open in un articolo del 2 ottobre 2025. Non si parla di un campo qualsiasi, ma di quello dove vennero rintracciati i quatto minorenni che investirono e uccisero Cecilia De Astis lo scorso 11 agosto: il campo di via Salvanesco.

Ecco quanto riportato nell’articolo del 2 ottobre:

All’alba di giovedì scorso la polizia locale di Milano è intervenuta nel campo rom di via Selvanesco, al Gratosoglio, dove da tempo vivevano diverse famiglie. Oggi, in quell’appezzamento di terreno a sud della città, restano soltanto due roulotte e un furgone, oltre a tre adulti, due donne e un uomo, che sono stati denunciati per maltrattamenti nei confronti di familiari e conviventi. Il blitz è arrivato dopo una serie di sopralluoghi condotti dal Nucleo problemi del territorio della Locale, guidato dal comandante Gianluca Mirabelli.

Un confronto con la famiglia del bosco? Anche in questo caso, le famiglie rom vennero accusate per le condizioni di vita in cui facevano vivere i minori, con la totale assenza di un’iscrizione a scuola e risultati privi di occasioni educative, sportive o culturali. Come riportato dalla Comunità di Sant’Egidio, riprendendo da Repubblica Milano, i bambini non vedono un pediatra nemmeno quando avevano la febbre e non risultano vaccinati.

La denuncia dei bambini rom allontanati dalle loro famiglie

Un rapporto del 2013 dell’Associazione 21 luglio, intitolato “Mia madre era rom”, denuncia quello che sembra essere una prassi istituzionale nei confronti delle comunità rom rispetto a quelle “non rom” riguardo l’adottabilità dei minori:

Dai dati della ricerca, emerge che un minore rom, rispetto a un suo coetaneo non rom, ha 60 probabilità in più di essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e circa 50 probabilità in più che per lui venga aperta una procedura di adottabilità. Tali numeri si traducono nel dato secondo il quale un bambino rom ha 40 probabilità in più di essere dichiarato adottabile rispetto a un bambino non rom.

Attraverso il rapporto, realizzato in collaborazione con la Facoltà di Antropologia culturale dell’Università di Verona, l’Associazione 21 luglio sostiene quanto segue:

Segregando i rom su base etnica nei cosiddetti “campi nomadi”, come da anni avviene a Roma e nel Lazio, le istituzioni locali prima condannano le comunità rom a vivere in situazioni di totale degrado e all’esclusione sociale, lavorativa e abitativa. E poi sottraggono loro i propri figli per proteggerli dal rischio di vivere in quel contesto inadeguato alla fruizione dei diritti dell’infanzia che gli stessi amministratori hanno creato.

In un articolo de Il Domani, datato 19 maggio 2021, viene ripreso l’argomento, denunciando come i tribunali allontanino con più facilità i bambini a immigrati e rom.

Conclusioni

La narrazione dei campi rom utilizzata per difendere la “Famiglia del bosco” risulta fuorviante, in quanto allontanano la discussione dalle motivazioni del Tribunale dei Minori de L’Aquila e ignorano il lavoro dei servizi sociali nei confronti delle situazioni disagiate presenti negli stessi campi rom. Il doppio standard, di fatto, non è istituzionale, ma mediatico e strumentale.

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