Giornalisti lobbisti? La proposta di legge FI apre il registro. Il rischio di confusione tra informazione e rappresentanza di interesse

Si chiamano «rappresentanti di interesse», usando una parola italiana anche se tutti li indicano come «lobbisti». Di fatto, sono i portavoce di un gruppo di interesse – che può essere un’azienda, un’associazione o un’ong – e agiscono per influenzare decisioni politiche e legislative. È un lavoro relativamente nuovo, ancora privo di confini definiti in Italia. La Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati ha approvato l’esame degli emendamenti alla proposta di legge sui lobbisti, a prima firma del deputato di Forza Italia, Nazario Pagano. La pdl introduce diversi strumenti per garantire trasparenza ed evitare «che nell’oscurità si celino situazioni patologiche», si legge nel testo. Ma c’è un punto che rischia di complicare le cose: anche i giornalisti, dotati di tesserino, potrebbero finire iscritti in un registro che riconosce loro il ruolo di lobbisti.
Il testo depositato ad aprile
Il testo è stato depositato ad aprile di quest’anno, ma i lavori sulla legge erano iniziati già da tempo. Prima di arrivare alla proposta definitiva, è stata condotta un’indagine conoscitiva, affiancata da un tavolo di lavoro formato da professori ordinari di diritto pubblico e diritto pubblico comparato. Vi hanno partecipato circa venti costituzionalisti.
Il registro dei rappresentanti d’interesse
Per garantire massima trasparenza, la proposta prevede la creazione di un registro nazionale dei rappresentanti di interessi, con iscrizione obbligatoria e rendicontazione delle attività svolte. A questo si aggiunge la crezione di un “Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici”, presieduto dal Cnel e composto da nove membri, di cui tre nominati dallo stesso presidente del Cnel, Renato Brunetta. ll comitato ha il compito di sanzionare chi non rispetterà le disposizioni introdotte dalla proposta.
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Il ruolo dei giornalisti
Nell’articolo quattro della prima versione della legge i «giornalisti iscritti all’Ordine» erano tra le categorie escluse dalla possibilità di iscriversi nel Registro, e quindi di esercitare l’attività come rappresentanti di interessi. Dopo l’esame degli emendamenti, che si è concluso ieri, questo divieto è stato rimosso: di fatto, anche i giornalisti potranno fare i lobbisti.
I rischi: interesse generale e privato
Ecco che per qualcuno però questa mossa potrebbe risultare rischiosa, perché la nuova regolamentazione, permettendo anche ai giornalisti di iscriversi come lobbisti, rischia di confondere due ruoli distinti: quello di chi fa informazione per interesse generale e quello di chi rappresenta interessi privati o di parte. In pratica, senza una distinzione chiara, si apre la possibilità che l’attività di lobbying venga esercitata indistintamente da chi dovrebbe invece informare il pubblico, compromettendo trasparenza e correttezza nel funzionamento delle istituzioni. Uno scenario che rende inevitabile una revisione delle carte deontologiche dei giornalisti, per definire limiti, obblighi e regole chiare su come e quando la professione possa interagire con attività di rappresentanza di interessi.
«Per chiarire la situazione»
D’altra parte, fonti della maggioranza spiegano che si tratta in realtà «di una misura volta a chiarire la situazione»: i giornalisti parlamentari, che si muovono nei palazzi istituzionali, sono in continuo contatto con i politici e, secondo il centrodestra, alcuni di loro svolgerebbero attività di lobbying. Per evitare che tali attività restino «opache», qualora un giornalista decidesse di dedicarsi anche alla rappresentanza di interessi, dovrà iscriversi al registro. Il rischio, spiegano le fonti, è che senza l’obbligo di iscrizione qualcuno avrebbe agito comunque, senza alcuna forma di controllo. La legge «detta le regole per i lobbisti»: iscriversi significa aderire a un pacchetto di trasparenza e rendicontazione».
