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I miti più diffusi sull’origine della vita (e perché sono sbagliati) secondo il biologo Cacciante – L’intervista

08 Dicembre 2025 - 20:15 Juanne Pili
Dal “brodo primordiale” alle micro-cavità delle rocce: cosa dice oggi la scienza sull’abiogenesi e perché certe narrazioni creazioniste continuano a circolare

Come è avvenuto il passaggio dalla materia inerte a quella vivente? Ovvero, l’abiogenesi. È una domanda fondamentale che spesso divide tra credenti e atei. Il sentimento religioso non dovrebbe impedire necessariamente di accettare il metodo scientifico. Non di meno, spesso creazionisti e sostenitori dell’intelligent design alimentano dubbi e creano vere e proprie strumentalizzazioni attorno agli enigmi rimasti insoluti.

Uno degli argomenti più abusati è quello sul presunto mistero dell’abiogenesi. Intanto la ricerca va avanti. Uno dei modelli più recenti teorizza che la vita possa essere nata nelle micro-cavità delle roccia. Ma come sarebbe avvenuto tutto questo? È possibile spiegare il passaggio dalle prime molecole organiche alla comparsa del nostro Last Universal Common Ancestor (LUCA)? Ne parliamo assieme al dottor Francesco Cacciante, biologo e neuroscienziato con un dottorato conseguito alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Volto del progetto di divulgazione A Caccia di Scienza, Cacciante ha da poco pubblicato per Apogeo il libro “Dalle stelle alla cellula“.

Uno degli argomenti più gettonati dai creazionisti è quello dell’abiogenesi che resterebbe non spiegata dalla teoria dell’evoluzione per selezione naturale. Mi viene in mente un recente intervento del fisico Antonio Zichichi, il quale ha affermato in una intervista Corriere della Sera che «non è affatto una teoria scientifica seria e rigorosa. La scienza è tale quando la realtà delle cose è dimostrabile, e ciò con l’evoluzione di Darwin non accade. Non spiega, ad esempio, come sia avvenuto il passaggio dalla materia inerte alla materia vivente e poi alla sola forma di materia vivente dotata di ragione, che è l’uomo». Come si potrebbe rispondere a Zichichi?

«Quando qualcuno dà un giudizio così transchant è difficile da criticare, perché se tu prendi una cosa che è stata ampiamente dimostrata e ha un supporto scientifico praticamente universale, con 150 anni di esperimenti, prove e controprove, ma tu dici semplicemente “No, questa cosa non è vera”, c’è poco da fare. Affermazioni eccezionali richiedono prove eccezionali, che Zichichi non fornisce per rovesciare tutte le evidenze in nostro possesso». 

«Dire che l’evoluzione non avrebbe proprio supporto scientifico è banalmente falso. Certamente nessuna materia scientifica è certa al 100%. Immagino il professor Zichichi non pensi che la fisica lo sia. Qualunque dato scientifico viene riportato come una probabilità di errore. Nella fisica queste probabilità possono essere molto basse, perché si parla di misurazioni iper-precise, ma rimane sempre un grado di incertezza. Così uno potrebbe che anche la fisica non è una materia certa, appellandosi a quella minuscola probabilità di errore, uno potrebbe dirlo e non starebbe dicendo sciocchezze, però sarebbe pretestuoso».

Bisogna stare attenti perché è un attimo cadere in fallo anche per chi riconosce la validità della teoria dell’evoluzione. Anche perché si continuano a fare esperimenti che superano quelli precedenti. Prendiamo per esempio il celebre esperimento di Miller e Urey del 1952. È superato, così come l’ipotesi del brodo primordiale. Allora cosa sappiamo oggi in merito alle origini della vita?

«Sono superati come come lo è la gravitazione di Newton rispetto alla relatività di Einstein. Ogni teoria e modello sono figli della loro epoca. Nell’esperimento di Miller e Urey quello che non andava era la composizione dell’atmosfera. I due scienziati avevano provato a riprodurre l’atmosfera primordiale per dimostrare che in quelle condizioni si potevano generare composti organici. L’esperimento fu un successo ed effettivamente loro riuscirono a sintetizzare composti organici. Tuttavia quello che sappiamo oggi è che probabilmente quella composizione atmosferica che loro avevano supposto è sbagliata». 

«All’epoca le conoscenze erano limitate, stiamo parlando comunque di 70 anni fa circa. È normale che nel tempo le conoscenze si siano aggiornate. Rimane il fatto che Miller e Urey hanno dimostrato come le molecole organiche possano originare anche da molecole inorganiche. All’epoca era questa la cosa importante da capire. Da allora le prove del fatto che da molecole inorganiche si possono ottenere anche molecole organiche sono tantissime. Secondo i teorici del brodo primordiale, Alexander Oparin e John Burdon Sanderson Haldane, la vita sarebbe nata attraverso un’aggregazione casuale di molecole, come amminoacidi, nucleotidi, fosfolipidi, eccetera, che si sarebbero aggregati casualmente, dando origine alle proteine, al DNA e alle membrane. Questa cosa è effettivamente impossibile in termini probabilistici». 

«È divertente constatare che i creazionisti usano questo argomento come critica all’abiogenesi, quando in realtà trattandosi di un vero e proprio miracolo probabilistico sarebbe davvero difficile da spiegare scientificamente. Ma questo modello è superato e ampliato. Di fatto non pensiamo che, per esempio, una proteina sia nata così come la conosciamo tramite un’aggregazione casuale di amminoacidi come li conosciamo oggi, ma che all’inizio ci sia stata un’aggregazione casuale di pochi amminoacidi in corte catene [Ndr: a catena corta indica una tipologia specifica di amminoacidi]. Questi piccoli polipeptidi avrebbero interagito con altre molecole presenti nell’acqua, e così e piano piano sarebbero evolute aumentando di complessità portando poi alle moderne proteine. Quindi c’è tutto un passaggio intermedio di evoluzione».

Forse c’è anche un problema nella cultura popolare dovuto alla confusione del moderno concetto di epigenetica col Lamarkismo e viceversa una sovrastima di quel che possono fare i geni nel determinare il nostro comportamento e le nostre idee. Penso per esempio alle recenti affermazioni del ministro della giustizia Carlo Nordio, secondo il quale «anche se oggi l’uomo accetta questa assoluta parità nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza». Quindi da Zichichi passiamo a Nordio. Come si potrebbe rispondere al Ministro?

«Innanzitutto il codice genetico non è il DNA che possediamo, quello casomai è il patrimonio genetico. Il codice genetico è l’insieme di regole che descrive come dall’RNA si passa alle proteine. Inoltre, non possiamo nasconderci dietro ai geni. Questi influiscono in una parte veramente minima sul nostro comportamento. Forse ci sono alcune varianti geniche predisponenti ad una maggiore o minore aggressività. Se questa minima influenza sull’aggressività viene diretta verso le donne, chiaramente è perché c’è tutto un impianto sessista dietro. Non ci sono differenze geniche tali da giustificare questi comportamenti. Io non ne sono al corrente».

Invece a proposito di epigenetica e Lamarkismo. Sta tornando a circolare un gossip del 2023: «TikToker si fa una rinoplastica affinché i suoi futuri figli nascano con un bel naso». Molto probabilmente è rage bait. Insomma, sta “trollando” per provocare la reazione scomposta degli scientisti. Effettivamente la ragazza è stata realmente ricoverata, ma non è dimostrato da nessuna parte che dovesse farsi una rinoplastica. Ma è solo una provocazione oppure abbiamo davvero un problema di analfabetismo, non solo funzionale, ma anche scientifico e in questo caso anche sui temi riguardanti l’evoluzione e la biologia?

«L’avevo visto anch’io. Questa a me pare una trollata, però il problema è che non mi stupirebbe se fosse stata sincera. Abbiamo una carenza di cultura scientifica in Italia che è disarmante. Oltre all’analfabetismo funzionale, quello scientifico. Vi faccio un esempio. Se uno ti dicesse non conosce I Promessi Sposi o chi ha scritto la Divina Commedia, lo additerebbero tutti come un ignorante. Ma se dici che di DNA non sai niente, oppure come si risolvono le equazioni di secondo grado? Nessuno ti dà dell’ignorante. Non c’è quella stessa percezione, eppure è cultura allo stesso modo».

A proposito di difficoltà a far passare certi concetti nella cultura popolare. Torniamo all’origine della vita. Uno degli “argomenti” basilari dei sostenitori del “disegno intelligente” è la metafora dell’aereo che si compone in volo lanciando in aria ogni suo componente. È nota anche come fallacia di Hoyle, perché formulata dall’astronomo britannico Sir Fred Hoyle. Si tratta di una rappresentazione talmente forte che continua ad avere un certo fascino. Penso a una puntata del Porecast dove Giacomino Poretti dialoga col più influente streamer italiano, Dario Moccia. Poretti è un credente che spesso chiede ai suoi ospiti cosa ne pensano, di solito contrapponendo l’idea di un universo ordinato a quella di un mondo dove regna il caso. Nell’episodio in oggetto, coglie di sorpresa un Moccia che in vece si professa ateo, con una provocazione in cui cita proprio l’esempio dell’aereo che si ricompone. Al di là dell’intento provocatorio di Poretti, ha davvero senso questa metafora?

«La nascita della vita non è stato un assemblaggio casuale delle sue componenti. Non è stato come lanciare in acqua le varie molecole. Parliamo di un processo di evoluzione graduale. Se uno volesse fare l’esempio con un orologio, possiamo pensare, che se metti tutti gli ingranaggi di un orologio in una scatola e li scuoti, difficilmente otterrai un orologio». È l’esempio che troviamo anche nel tuo libro. «Però se invece di prendere un intero orologio, prendiamo due ingranaggi o tre ingranaggi e scuotiamo, diventa più probabile che alcuni si assemblino correttamente. Poi ne aggiungiamo un quarto, poi un quinto e così via. In questo modo, soprattutto se hai a disposizione tantissimi tentativi e tantissimo tempo, un orologio alla fine lo ottieni».

C’è anche il problema di considerare il caso come unica alternativa possibile a un creatore intelligente. Non si considera quasi mai la contingenza, che forse è più complicata da spiegare. Poi si prendono certi organi, come l’apparato digerente o l’occhio come dimostrazione del fatto che solo un disegno divino avrebbe potuto portare ad essi. Ma se si guarda con attenzione molte parti sembrano montate alla meno peggio.

«Grazie per averlo ricordato. C’è anche quest’altro aspetto, ovvero che noi vediamo l’esito finale di un processo che ci sembra lineare. Invece siamo solo un ramo tra tantissime possibilità. Se l’asteroide che ha portato all’estinzione dei dinosauri non fosse mai precipitata sulla Terra noi adesso non saremmo qui. «Esatto. Adesso probabilmente non avremmo avuto l’esplosione evolutiva dei mammiferi e quindi non ci saremmo stati neanche noi. Ma ancora prima, se non ci fosse stata l’estinzione di massa del Permiano non ci sarebbero stati dinosauri e nemmeno i primi mammiferi. La stessa estinzione del permiano, che è stata catastrofica, avrebbe potuto eradicare la vita complessa dalla faccia della Terra. Dopo l’estinzione del Permiano ci sono voluti 30 milioni di anni prima che il Pianeta acquisisse nuovamente biodiversità. Forse non ci rendiamo conto di cosa vuol dire un lasso di tempo così gigantesco». 

«Sulla questione degli organi. Prendiamo l’occhio. Se dovessimo parlare di un disegno intelligente, gli “errori di progettazione” non mancano. Per esempio, che i fotorecettori sono sul fondo della retina e non esposti al alla luce. Un altro difetto di progettazione è che Il nervo ottico deve attraversare la retina». È come se mettessi il cavo USB sopra la pellicola. «Esatto. Non ha senso. Così noi abbiamo un punto nella nostra visione dove non vediamo. È il cervello che si deve sforzare per compensarle. Poi non è uno sforzo da nulla. Inoltre ci sono in natura almeno 5 tipi diversi di occhio, e alcuni di questi sono progettati indubbiamente meglio di quello umano, come ad esempio quello dei polpi».

Si è tornato a parlare recentemente di oggetti interstellari come 3I/ATLAS e dell’ipotesi – molto minoritaria -, che si tratti di astronavi aliene. Però in un certo senso la vita potrebbe aver viaggiato davvero nello Spazio giungendo fino alla Terra? Sappiamo che anche la teoria della pansperima è superata, ma cosa ci dicono oggi i più recenti studi?

«Ci sono una marea di obiezioni da fare. Un batterio con tutta la buona volontà, non può sopravvivere nello spazio per miliardi di anni. Nemmeno il batterio più resistente. Se anche volessimo ammettere che esistano degli adattamenti delle cellule in grado di resistere così tanto nello spazio, dovremmo spiegare come ha acquisito quegli adattamenti. Di nuovo nell’evoluzione un batterio – anche uno primoridale dell’Adeano -, che comunque stava nell’acqua o su uno strato roccioso con del cibo, se tu l’avessi lanciato nello spazio sarebbe morto. Risulta molto difficile credere che un batterio acquisisca adattamenti per sopravvivere nello spazio senza che abbia una pressione selettiva in tal senso. Infine se anche riuscisse a sopravvivere nello spazio profondo per miliardi di anni, dovrebbe sopravvivere alla pressione e temperatura estreme che si generano durante un impatto meteorico. È il motivo per nei meteoriti caduti sulla Terra abbiamo ritrovato amminoacidi, ma non catene di amminoacidi, perché quelle molecole tendono a degradarsi. Troviamo invece, i cosiddetti mattoncini della vita. Di questo abbiamo evidenze dirette».

Il capitolo 13 del tuo libro si intitola “Se la prima cellula era una roccia”. Abbiamo detto che la panspermia e il brodo primordiale sono superati. Allora oggi siamo al “sasso primordiale”?

«In realtà si tratta di un modello. Uno dei problemi che dobbiamo affrontare nel comprendere l’origine della vita è che le reazioni fra molecole sono difficili quando sono molto diluite. Dunque possiamo pensare che potessero essere concentrate all’interno di spazi molto piccoli. D’altra parte noi sappiamo che le membrane cellulari fanno proprio questo, concentrano le molecole in modo che possa essere più più facile la reazione fra loro. È un problema spiegare come abbiano fatto a comparire le prime membrane. Questo modello molto affascinante – verso il quale inizialmente ero scettico – ristudiandolo per scrivere il libro mi ha reso infine un sostenitore di questa ipotesi». 

«Nelle sorgenti idrotermali, che già sappiamo essere delle ottime candidate per l’origine della vita, sarebbero usciti dei composti di ferro e zolfo, che depositandosi sul fondale avrebbero dato origine a delle rocce con micro-cavità del diametro di micrometri (anche <10 micron), che “guarda caso” sono esattamente le dimensioni delle cellule batteriche. Quindi in queste micro-cavità sarebbero avvenuti tutti questi passaggi di cui parliamo, quindi l’evoluzione, il mondo a RNA, l’evoluzione dei replicatori, dei polipeptidi; sarebbero stati favoriti proprio dal fatto di essere in un ambiente ristretto. Allo stesso tempo queste micro-cavità avrebbero fatto da “stampo 3D”, Questi minerali, oltretutto, facilitano la reazione fra nucleotidi e amminoacidi, quindi la formazione di molecole più complesse. Ma c’è anche un’altra cosa molto interessante che vediamo tra i batteri più antichi, quelli “chemio autotrofi”. Sono un tipo di batteri che ricavano l’energia dai minerali, proprio come quelli che compongono questo tipo di rocce». 

C’è una cosa di cui non parli nel libro, ma che è di grande interesse, soprattutto da quando abbiamo superato la fase più drammatica della pandemia di Covid-19. Da dove vengono i virus?

«Intanto è probabile che siano un ramo parallelo a quello della vita. Non fanno parte del del ramo dei viventi. Potrebbero essere apparsi insieme all’evoluzione della vita o anche successivamente. Questo spiegherebbe perché ci sono i virus a RNA e a DNA. I virus RNA sarebbero potuti, per esempio, emergere durante il mondo a RNA, o poco dopo, o quando sono comparse le prime proto-cellule, che forse usavano l’RNA e basta. Quindi potevano essere dei sistemi protocellulari che a un certo punto hanno assunto uno “stile di vita” parassita (non una vita vera e propria nel loro caso). Oppure potrebbero essere delle protocellule un po’ più avanzate, che man mano sono “regredite”».