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Mondiali 2026, Egitto e Iran contro il “Pride Match” di Seattle: «È un insulto ai nostri valori». Perché la partita rischia di saltare

25 Dicembre 2025 - 14:11 Bruno Gaetani
pride match egitto iran mondiali 2026 cosa succede
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Il presidente della Federcalcio iraniana promette battaglia: «Non vogliamo giocare sotto i colori dell'arcobaleno». Resta in silenzio, per ora, Donald Trump

Doveva essere un’occasione per ribadire il proprio “no” all’omofobia e schierarsi a fianco della comunità Lgbtq+. Eppure, quando mancano ancora più di sei mesi al calcio di inizio, la partita di venerdì 26 giugno dei prossimi Mondiali di calcio continua a essere solo e unicamente oggetto di polemiche. Il match si disputerà a Seattle, negli Stati Uniti, una delle città più attive sul fronte dell’attivismo per i diritti civili. È proprio lì, d’altronde, che nel 1969 partirono i Moti di Stonewall, considerati l’episodio che diede il via al movimento di liberazione omosessuale negli Usa.

La beffa del sorteggio

Il calendario dei prossimi Mondiali di calcio – che si disputeranno fra Stati Uniti, Canada e Messico – prevede che si disputi un match a Seattle il 26 giugno, proprio in concomitanza con le manifestazioni legate al Pride. E così, il comitato organizzatore locale per la Coppa del mondo aveva pensato fin da subito di unire le due manifestazioni, rendendo la partita di quel giorno un «Pride Match», una gara per l’orgoglio gay. Eppure, il sorteggio ha voluto che ad affrontarsi in campo fossero le nazionali di due Paesi dove l’omosessualità non solo non è vista di buon occhio, ma è proprio considerata illegale: Egitto e Iran. Nel primo caso, con pene fino a tre anni di carcere, nel secondo si può arrivare anche alla pena di morte.

La protesta di Egitto e Iran

Proprio nelle scorse ore, l’Iran ha ribadito la propria contrarietà a disputare l’incontro del 26 giugno, definendo l’iniziativa del Pride Match «un insulto ai valori islamici». Mehdi Taj, presidente della Federazione calcistica iraniana, ha fatto sapere di aver chiesto alla Fifa – di concerto con l’Egitto – di rimuovere gli elementi legati al Pride o di spostare la partita: «Non abbiamo alcun interesse a che la nostra terza partita dei Mondiali si giochi sotto i colori dell’arcobaleno. Siamo determinati a impedirlo e lo faremo. Sono in diretta contraddizione con i valori culturali, religiosi e sociali della regione, in particolare nelle società arabe e islamiche».

I precedenti e le polemiche sulla Fifa

Non è la prima volta che i diritti della comunità Lgbtq+ terremotano i Mondiali di calcio. Nel 2010, fu l’allora presidente della Fifa, Sepp Blatter, a finire al centro delle critiche. Quando gli fu chiesto come avrebbero dovuto comportarsi le persone omosessuali durante i Mondiali in Qatar, lo svizzero risponde: «Direi che dovrebbero astenersi da qualsiasi attività sessuale». Il suo successore, Gianni Infantino, non fu da meno, minacciando multe e sanzioni disciplinari per i giocatori che volevano indossare una fascia con scritto “One Love” durante le partite dei Mondiali.

Il possibile intervento della Casa Bianca

La futura sindaca di Seattle, Katie Wilson, ha confermato che le celebrazioni per il Pride proseguiranno in tutta la città, anche durante la partita del 26 giugno tra Egitto e Iran. La Fifa ha preso atto delle lamentele, sottolineando però che il suo controllo si limita agli stadi e alle fan zone ufficiali, non agli eventi organizzati dalla comunità locale. A sparigliare le carte potrebbe essere l’amministrazione di Donald Trump, che finora è rimasta al silenzio sulla questione.

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