L’attacco con i droni alla dacia di Putin è una false flag? Le prove mancanti e i sospetti sui servizi ucraini

È stato mentre Vladimir Putin parlava con Donald Trump per respingere ancora una volta le richieste di «un cessate il fuoco temporaneo» a favore del «raggiungimento di un accordo globale», che ha raccontato dell’attacco con droni alla dacia presidenziale Valdaj nella regione di Novgorod. Accusando Kiev. E minacciando. Questo attacco «non rimarrà senza risposta. Gli obiettivi della rappresaglia sono già stati definiti», ha detto il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. E non potrà che costringere la Russia a «riesaminare la sua posizione negoziale».
L’attacco alla dacia di Putin con i droni
Secondo i russi l’attacco è avvenuto tra il 28 e il 29 dicembre con 91 droni a lungo raggio. Tutti distrutti dalle difese di Mosca. Ma né Lavrov né altri funzionari russi hanno fornito prove a sostegno delle affermazioni sull’attacco. Non era chiaro dove si trovasse Putin in quel momento. Invece Volodymyr Zelensky ha detto: «Sono sicuro che stiano semplicemente preparando il terreno per gli attacchi, probabilmente sulla capitale, probabilmente sugli edifici governativi». Di più: spiega Repubblica che non è stato fornito un solo elemento concreto di questa battaglia che avrebbe dovuto impegnare dozzine di batterie contraeree, di caccia e di radar. C’è solo una nota di poche righe diffusa su Telegram dal ministero della Difesa guidato da Andrej Belousov: «Nel periodo dalle 07 alle 09 i mezzi di difesa aerea di turno hanno intercettato e distrutto 23 droni ucraini sopra la regione di Novgorod».
Il bilancio
Lavrov invece ha parlato di un attacco terroristico contro la residenza del presidente. Mentre l’abbattimento sarebbe avvenuto altrove: «Nella regione di Bryansk, 49 droni che si dirigevano verso la regione di Novgorod. Sopra la regione di Smolensk un drone che si dirigeva verso la regione di Novgorod. Sopra la regione di Novgorod, fino alle 7 sono stati intercettati 18 droni che si dirigevano verso la residenza del Presidente e dalle 7 alle 9 altri 23 droni». Quindi più della metà dei droni sarebbero caduti a ridosso della frontiera ucraina. La villa di Putin si trova a 700 km di distanza. Secondo Kiev l’agguato contro Putin è una false flag per giustificare il fallimento dei negoziati.
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False flag
Nella tradizione sovietica ce ne sono. La più famosa risale al novembre 1939. L’artiglieria dell’Armata Rossa fece fuoco contro il villaggio russo di Manila. Accusando poi i finlandesi per dare il via all’invasione. Così come è strano che gli Usa, a parte una dichiarazione di Trump, siano rimasti silenti. Satelliti, intercettazioni e spie non hanno visto nulla. O non l’hanno ancora detto. Ufficialmente le operazioni con i droni sul territorio russo sono gestite dal servizio segreto militare diretto dal generale Kyrylo Budanov e da quello civile guidato dal generale Vasyl Maljuk, il “Mastino” a cui vengono attribuite pure le uccisioni di ufficiali a Mosca. Il sospetto è che qualcuno dei comandanti possa aver interpretato le parole di Zelensky sulla morte di Putin come un via libera per alzare il tiro.
“Dronebomber”
C’è un altro indizio. Il canale Telegram ucraino “Dronebomber” ogni mattina posta una mappa delle spedizioni notturne. Quella di ieri mostrava uno sciame di ordigni diretti verso la regione di Novgorod: li indicava però solo nella prima parte del volo, il che non permette di stabilire la reale destinazione. Intanto il presidente ucraino ha parlato con Fox News. Dopo la fine della guerra «mi riposerò. Ho davvero bisogno di riposo», ha sostenuto, confermando l’intenzione di ritirarsi dalla politica.
I territori
Zelensky ha anche detto che i territori in Ucraina che la Russia vorrebbe annettere «sono il nodo principale» da sciogliere per arrivare alla pace. «Su questo le nostre opinioni sono diverse da quelle della Russia. Non da quelle degli Stati Uniti: Donald Trump sta cercando di trovare un compromesso», ha detto il presidente ucraino all’indomani dell’incontro con il tycoon. «Non possiamo semplicemente andarcene. È contro la legge e ci vivono 300.000 persone», ha aggiunto. Infine, ha detto di non avere alcuna intenzione di parlare con Putin «perché lui è il nemico». Ma se ne avesse l’opportunità gli chiederebbe perché ha iniziato una guerra cercando di sottrarre all’Ucraina i suoi territori.
