Pensioni di invalidità a 780 euro per tutti? L’annuncio di Di Maio si rivela una bufala

Il decreto contenente le disposizioni per l’introduzione del reddito e della pensione di cittadinanza è stato approvato. Che fine ha fatto l’aumento delle pensioni di invalidità a 780 euro promesso da Di Maio?

Il 17 gennaio scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto contenente le norme per l'introduzione del reddito e delle pensioni di cittadinanza nonché il tanto sbandierato aumento delle pensioni di invalidità e la riforma quota 100. Sono passati circa nove giorni da quando Open si è occupato per la prima volta della promessa relativa all'aumento delle pensioni di invalidità a 780 euro promesso dal ministro Di Maio e, ora, a ragion veduta, possiamo purtroppo tornare a parlare della questione dati definitivi alla mano.

Leggendo il testo del decreto, appare infatti evidente che, a differenza di quanto annunciato dal vicepremier Luigi Di Maio, l'aumento delle pensioni di invalidità a 780 euro mensili non toccherà l'intera platea potenzialmente beneficiaria ma, a conti fatti, verrà erogato a una netta minoranza di invalidi e inabili civili.

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Questo dettaglio non è passato inosservato e sta scatenando le accesissime proteste delle associazioni per la difesa dei diritti dei disabili, che stanno pensando di scendere in piazza contro le promesse disattese dal governo.

Facciamo un passo indietro: l'aumento delle pensioni di invalidità per tutti era stato promesso dal ministro Luigi Di Maio in più occasioni. In televisione e sui giornali, il vicepremier ha più volte dichiarato che sarebbero state aumentate le pensioni minime e di invalidità tutti i beneficiari già da gennaio 2019.

Il 10 gennaio scorso, replicando alle critiche avanzate anche dalle associazioni per i disabili, Di Maio ha dichiarato: «Ci saranno 260.000 invalidi italiani – che ora hanno un trattamento economico – che avranno accesso al programma del reddito di cittadinanza. La misura non perderà 400 milioni ma al contrario li guadagnerà perché è stata ridotta la platea degli stranieri e redistribuiti quei soldi tra pensioni minime, pensioni di invalidità e maggiore formazione per i centri per l'impiego».

Già dopo la presentazione della prima bozza di decreto era però evidente che questa promessa sarebbe stata completamente disattesa perché l'aumento degli importi avrebbe seguito i criteri per l'assegnazione del reddito di cittadinanza e, dunque, moltissimi invalidi e inabili nonché pensionati con la minima si sarebbero visti negare i famigerati 780 euro mensili.

Per ottenere l'aumento fino a 780 euro al mese i disabili e gli inabili dovranno rispettare requisiti Isee e patrimoniali piuttosto stringenti e le prestazioni di invalidità e inabilità rientreranno peraltro nel computo del reddito dell'intero nucleo familiare. Che cosa vuol dire? Che, in sostanza, ben poche persone prenderanno il tanto sbandierato aumento.

«L’annunciato aumento delle pensioni di invalidità non trova alcuna concretezza nella misura approvata dal Governo! Prevale fra le persone con disabilità e loro famiglie delusione e sconcerto», ha spiegato con un comunicato stampa l’Anmic, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili.

«Consapevoli delle difficoltà di bilancio, noi dell’Anmic avevamo fatto pervenire al Governo una serie di richieste concrete: le nostre proposte di emendamento non sono state prese in considerazione. Ci faremo sentire a tutti i livelli, pronti anche ad organizzare una mobilitazione nelle piazze, qualora i disabili fossero ancora dimenticati», ha concluso il presidente nazionale Nazaro Pagano.

A che proposte si riferisce l'Anmic? In sostanza, l’Anmic aveva chiesto l’eliminazione dal concetto di reddito familiare delle prestazioni economiche erogate agli invalidi civili, ma alla richiesta non è stato dato alcun seguito. Così, nonostante sia risaputo che la presenza di un disabile all'interno di un nucleo familiare costituisce, purtroppo e per evidenti motivi, un fattore di grave impoverimento a causa degli altissimi costi per la cura e l'assistenza dei congiunti malati, il governo ha deciso comunque di far rientrare il magro assegno per l'invalidità o l'inabilità nel computo del reddito del nucleo familiare, criterio che restringerà pesantemente la platea di potenziali beneficiari che sopravvivono con poche centinaia di euro al mese e gravi malattie e disabilità.

A protestare è anche il presidente di Fish, Vincenzo Falabella, il quale ha segnalato inoltre che il ministro Di Maio, annunciando il numero di potenziali nuclei familiari beneficiari della misura, ha sostanzialmente utilizzato il dato dei 260 mila a fini meramente propagandistici: «Si gioca con i numeri: in Italia, e ce lo dice ISTAT, esistono 1.700.000 nuclei in condizione di povertà assoluta. Quando il Governo, in tutte le sue componenti, è stato messo alle strette dalle nostre serrate critiche, il Ministero del Lavoro ha effettuato un sommario controllo sulla banca dati ISEE scoprendo che vi è un numero consistente di famiglie sotto la soglia di 9.360 euro con una persona con disabilità al loro interno. Appurato tardivamente ciò, invece di elaborare risposte congruenti, ha usato il dato a fini propagandistici lasciando inalterati quei criteri che trattano meno favorevolmente proprio quei nuclei».

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