Cos’è il salario minimo legale

Cosa contiene il nuovo disegno di legge e perché è molto problematico, dal confronto con i Paesi europei ai «working poors»

Il salario minimo sarà la prossima partita che il governo giocherà sul fronte lavoro. Partita in cui Luigi Di Maio cerca nel PD di Nicola Zingaretti un alleato. PD che non è nuovo al tema, infatti la legge delega dal Jobs Act del 2014 parlava proprio dell’«introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo». Alla fine il governo non esercitò la delega e il tema cadde nel dimenticatoio. Non sappiamo ora se Di Maio vorrà presentare un testo nuovo, è probabile piuttosto che voglia basarsi sul disegno di legge a firma Movimento 5 Stelle già depositato al Senato l’estate scorsa.


Cos’è il salario minimo?

Ma cosa si intende per salario minimo? Detto in parole semplici, il riferimento è a un salario orario definito per legge che i datori di lavoro devono corrispondere ai loro dipendenti. Se, ipoteticamente, il salario minimo fosse di 6 euro all’ora, nessun datore di lavoro potrebbe pagare un compenso orario inferiore, pena una sanzione. Nulla a che vedere quindi con il tema del reddito di cittadinanza, che riguarda principalmente chi un lavoro non ce l’ha. Ma molto a che vedere con una forma di povertà che proprio il reddito di cittadinanza non affronta, quella dei cosiddetti working poors. Si tratta di quelle persone che pur avendo un lavoro hanno un reddito talmente basso da essere vicini, o addirittura sotto, la soglia di povertà. Gli ultimi dati Eurostat sull’Italia che affrontano questo tema parlano di una cifra crescente che ha superato il 12%.


La proposta del Movimento 5 Stelle

La proposta di legge a prima firma della senatrice M5S Nunzia Catalfo parte proprio richiamando il tema dei working poors. Il disegno di legge propone che il salario minimo sia pari a quello del contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale e più vicineal settore in cui il lavoratore è occupato. Ma oltre a questo, ed è qui la cosa importante, la proposta specifica che questo salario non potrà essere inferiore ai 9 euro orari, che assomigliano molto a quelli annunciati da Matteo Renzi nell’ultima campagna elettorale. Prima di riflettere sulla proposta e sulla cifra però è importante mostrare sia il panorama europeoin materia di salario minimo sia alcune caratteristiche del mercato del lavoro italiano.

Come funziona all’estero?

I salari minimi negli stati dell’Unione Europea. Dati aggiornati a gennaio 2017

Su 28 Paesi europei sono 22 quelli nei quali esiste un salario minimo legale, insieme all’Italia ci sono Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia e Cipro (che lo prevede solo in alcuni settori). Il più elevato è quello del Lussemburgo, il più basso in Bulgaria. In media nei Paesi Ocse il salario minimo è pari a un margine tra il 40 e il 60% del salario mediano.In Italia questo significherebbe una cifra intorno ai 6 euro all’ora.

Quanto contano i contratti collettivi?

L’Italia è uno dei Paesi europei con la più alta copertura contrattuale dei lavoratori, oltre l’80% beneficia delle condizioni contrattuali previste dalla contrattazione collettiva. Ma questo non è sempre una garanzia. Lo scorso anno è stato pubblicato uno studio che analizza quanto i minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva siano effettivamente corrispondenti agli stipendi dei lavoratori dipendenti. Le sorprese non sono poche. È stato calcolato che circa il 10% dei lavoratori percepisce un salario inferiore del 20% rispetto ai minimi, con una percentuale crescente nelle imprese più piccole e soprattutto nelle regioni del Sud. Ore lavorate in nero, sotto-inquadramenti, perfino soldi restituiti ai datori di lavoro, sono alcune tra le forme attraverso le quali i minimi contrattuali non sono rispettati.

Violazioni del salario minimo orario, regione per regione. Dati aggiornati al 2015

I problemi di un salario minimo a 9 euro

Questi elementi ci permettono di fare una prima valutazione di cosa accadrebbe con un salario minimo legale fissato a 9 euro all’ora. Il risultato è che andremmo incontro ad un doppio paradosso. Il primo è che l’Italia sarebbe l’unico Paese con un salario minimo superiore ai minimi contrattuali.

Salari minimi orari per settore. Dati aggiornati al 2015

In questa tabella infatti possiamo vedere come la maggior parte dei settori il minimo orario è inferiore ai 9 euro, questosignifica che la cifra è ampiamente lontana dal quella adottata nei vari paesi Ocse. Vuol dire anche che la quasi totalità dei contratti collettivi dovrebbe essere modificata alla scadenza (il disegno di legge prevede infatti un periodo transitorio). Ma il secondo paradosso è che, allo stesso tempo, il numero dei working poors rimarrebbe alto. Sappiamo infatti che buona parte dei lavoratori poveri oggi appartiene a quell’insieme di occupati che lavorano poche ore o in regime di part time involontario, in tutto più di 3 milioni di persone. Per questo spesso la povertà è data dalle poche ore lavorate più che dal salario orario, e il salario minimo non andrebbe aincidere sulla loro situazione. Fissare un salario così elevato non farebbe quindi altro che aggiungere quote di lavoro irregolare al mercato del lavoro italiano aumentando il numero di contratti collettivi i cui minimi non sarebbero rispettati. Il rischio è che a pagarne le conseguenze in termini occupazionali siano proprio quelle persone che oggi lavorano meno ore.

Le conseguenze

Per non parlare poi delle conseguenze nelle regioni più in difficoltà, che sono anche quelle con un costo della vita inferiore. In questi casi il mercato del lavoro risulterebbe ingessato dai costi insostenibili, oltretutto in zone in cui per rilanciare l’impresa e l’occupazione sarebbe forse necessario l’opposto, ossia più flessibilità sui salari. C’è poi, in ultimo, il rischio che con un salario minimo elevato le imprese possano disdettare i contratti collettivi per diverse ragioni, con un peggioramento delle tutele generali dei lavoratori. Tutto questo non significa che non occorra porsi il tema della questione salariale in Italia ma occorre farlo in modo realistico, avendo il coraggio di affidarsi, come accade in altri Paesi, ad una commissione di esperti che possa valutare realisticamente una cifra. E soprattutto analizzando bene le condizioni dei working poors e le loro origini, perché potrebbe emergere che data la copertura della contrattazione collettiva così elevata e la presenza di così tante persone in regime di part time involontario il salario minimo non sia la soluzione.

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