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«Taffo & Co», chi è l’inventore delle pubblicità social: «Mi mandano mail minatorie, ma io ci rido su»

02 Aprile 2019 - 20:03 Giulia Marchina
Non solo bare e cremazioni. Ci sono anche supermercati, Ong e fondazioni. Si chiama Riccardo Pirrone e a lui si devono le campagne social più irriverenti del web

Riccardo Pirrone, 36 anni, laureato in Scienze della Comunicazione – «all’Università andavo malissimo» – è la mente diabolica che sta dietro le campagne pubblicitarie di Taffo, l’agenzia di onoranze funebri di Roma che spopola col black humour sulle pagine web.

Ma non è solo Taffo a subìre il tocco magico di Riccardo: ci sono anche Medici senza Frontiere, DemSupermercati, Famila, il Gay Pride, Fondazione per il Sud e Pasta Cuomo, per citarne alcune. Ha iniziato dieci anni fa, fondando l’azienda Kir Web che si occupa, appunto, di comunicazione.

«La prima campagna riguardava me stesso: per pubblicizzarmi avevo scritto: “Licenzia un dipendente, assumi una web agency!”, perché in effetti costa meno mantenere uno che fa il mio lavoro che un proprio dipendente. Eallora apriti cielo! Sono finito su tutti i giornali, parliamo di sette anni fa. Quello è stato il momento in cui ho deciso che taglio dare alle mie campagne, perché, dirò la verità, io non nasco come persona ironica e tagliente. Ci sono diventato».

Come nasce una tua campagna?

«Si parte da un piano editoriale mensile, con delle linee guida pre stabilite. Poi l’attualità, puntualmente, stravolge i piani».

Cioè?

«Lavorando molto sui contenuti social e sul seguito che questi contenuti generano. In automatico la pubblicità si lascia influenzare. Come nel caso del Congresso di Verona, per citare l’ultima che mi è capitata. Lì Taffo ha voluto schierarsi e io ci ho messo il mio. Quel post è stato visualizzato quattro milioni di volte, praticamente lo share che può fare una televisione. Poi c’è stata la rivolta».

Quale rivolta?

«Sono arrivate mail minatorie, ma io ci rido su. Commenti come “Puzzi come un cane”, “Sei un porco razzista”, “Vatti a nascondere”. Non hanno fatto altro che avvalorare la mia tesi».

Quale tesi?

«L’idea di usare una foto del genere, con il teschiodella scimmia, è venuta perché passasse il messaggio che chi era presente a quel Congresso non è persona evoluta. Non parliamo di gente dell’Ottocento, tornerei molto pù indietro nel tempo. Da qui, il post che tutti avete visto».

E la pagina di Taffo come ha vissuto il Congresso, dal punto di vista dei commenti, ad esempio?

«Sono arrivate cose di ogni tipo: “Dovreste farvi schifo”, il più gettonato in senso negativo, ma decisamente minoritario rispetto ai “Avrete l’onore di pigliarvi la mia salma”, “Morirei per voi! (con tanto di cuoricino), “Sarà un piacere morire”, “Appena vado in putrefazione vi faccio chiamare”. Devo ammettere che, in generale, i commenti di questo genere “seppelliscono” quelli negativi. E il verbo non è usato a caso».

Poi, sempre sul post relativo al Congresso,sono arrivate le scuse del social media manager, cioè le tue…

«Sì, ho scritto un post di scuse-non scuse. Il senso era: vi chiedo scusa, ma la morte è il mio lavoro. Quindi, che pretendete?»

Ecco, a proposito di Taffo: siamo un paese attaccato alle radici cattoliche, ancora oggi chi fa battute sulla morte viene bacchettato…

«Prima di tutto Taffo scherza sulla morte – che è un valore sul quale commercializza-, e non sui morti. E più nello specifico, io per primo, come socialmedia manager, non costruirei mai il successo sulla pelle di un morto.In realtà quel tipo di umorismo avevano già iniziato a usarlo sulla cartellonistica, che però non ha la stessa eco di un post su Facebook. E poi, si fidano, ho carta bianca con loro, anche perché quando è iniziata la collaborazione sono venuti a cercarmi sapendo bene cosa rischiavano (ride, ndr). Strano a dirsi, ma vero, agli italiani questo tipo di umorismo piace. Perché siamo ironici, ma buoni».

In termini economici, c’è rispondenza tra la tua strategia pubblicitaria e le entrate delle aziende di cui curi le immagini?

«Sì, in alcuni casi dopo un periodo di decrescita, le aziende di cui mi occupo hanno visto migliorare – a volte anche raddoppiare- le proprie entrate, inteso anche come traffico sul web. O comunque c’è stataun’impennatanon indifferente nel successo mediatico».

Per gentile concessione di Riccardo Pirrone | Foto della campagna Medici senza Frontiere

Sei irriverente anche quando si tratta di costruire strategie per una ong come Medici senza Frontiere?

«Non mi piace il politicamente corretto. Io devo comunicare ciò di cui l’azienda ha bisogno, parlando alla pancia della gente. E poi sui socialil buonismo non funziona. La mamma africana col bambino in braccio, le capanne di fango…a me piace rompere gli schemi».

Le ultime barriere che hai abbattuto?

«Allora, questa è veramente una cosa folle: una collaborazione tra Roy Paci, grandissimo musicista, e Taffo. Lui incideràuna canzone per l’estate – che uscirà a giugno – per pubblicizzare l’agenzia di pompe funebri. Più abbattimento di barriere di così…»

E funzionerà?

«Per ora tutte le idee strampalate che ho avuto hanno funzionato. Se restiamo in tema Taffo, posso citare collaborazioni con Ceres e Netflix. Per la pasta Cuomo, anziché far pubblicare sulla loro pagina i soliti, canonici video degli chef stellati che preparano un piatto, ho chiamato a cucinare il palestrato, il prete, la drag queen. E per essere un brand di nicchia, Cuomofunziona meglio di Rummoin quanto a comunicazione. (andiamo nella sezione Insightdella Pasta Cuomo, e in effetti, è vero. Lo stacco fra i due marchi, sul traffico web, è alto)».

E i supermercati?

«Ah, coi supermercati mi diverto tantissimo. Per l’ultima campagna che ho curato, mi sono sbizzarrito. Ho giocato col romanesco, ho costruitogiochi di parole, come per il Passito. Ho dedicato un postai terrapiattisti. Molto divertente».

C’è un ingrediente magico?

«Non faccio il cerchiobottista. Sul web chi è neutrale non funziona: o sei blu o sei rosso. E i post sono pensati, c’è una ricerca dietro: pensa al post che avevo fatto dopo quel dòmino di incendi provocati dai piromani, due anni fa. La battuta funzionava nella mia testa, ha funzionato anche col pubblico, ma prima mi sono assicurato che non ci fosse scappato il morto. Ho aspettato di vedere tutti gli aggiornamenti delle cronache per lanciare l’idea. Io faccio black humour, ma conosco i limiti, so dove mettere l’asticella perché una certa soglia non venga superata».

E poi sei immediato…

«Esatto, sul web devi avere il dono della sintesi, altrimentinon ti leggono. Quando costruisco un post o quando lo fanno i miei colleghi, la domanda che faccio sempre è: Tu, su Facebook, condivideresti una cosa così?»

Dici che ti occupi di aziende, ma invece i singoli non vengono a cercarti? Magari la pubblicità elettorale di qualche politico…

«Non posso dire nulla, ma è in ballo qualcosa del genere. E riguarda la politica. Se va in porto, a breve scoprirete tutto».

Sul tuo profilo Facebook ci sono molte foto di te a convegni, lezioni all’Università. Sei ricercato dai professori o dagli alunni?

«Da entrambi, di Università ne ho girate parecchie: Torino, Milano, Padova, Roma, Salerno. Mi invitano per chiedermi i segreti del mestiere. Vado forte a Scienze della Comunicazione, ma pure ai master. Come quello di Publitalia. Mi ha fatto sorridere quando mi hanno invitato».

E perché?

«Perché dopo l’Università, avevo fatto domanda per lo stesso master. Non fui ammesso. Così quella mattina, quando sono arrivato in aula, l’ho detto: “Non mi avete fatto entrare dalla porta, così io vi sono entrato dalla finestra”».

L’azienda di Riccardo, la KirWeb, si trova nella periferia romana. Oltre a lui, ci lavorano anche altri sei dipendenti e due stagisti. Riccardo assicura che sono tutti bravi. Al grafico riserva un po’ del suo humor: «Èburbero, pure con me che sono il capo».

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