La Sea Watch3 torna in mare. La Corte olandese: «Il fermo del Governo è atto improprio»

di OPEN

La nave dell’Ong tedesca batte bandiera olandese. A seguito di alcuni cambiamenti legislativi, l’imbarcazione era stata costretta a rimanere nel porto di Marsiglia. Il tribunale dell’Aia: «il Ministero ha agito con negligenza e fuori dai principi della buona amministrazione»

Giorni importanti per le Ong che operano nel Mediterraneo. Dopo la partenza della Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans dal porto di Lampedusa verso la Sar libica, anche la Sea Watch 3 riceve il permesso dal Tribunale dell'Aia di tornare a navigare. In un comunicato diffuso ieri 7 maggio, l'Ong affermadi prepararsi a «riprendere il mare nei prossimi giorni per portare avanti la missione umanitaria».


La nave che batte bandiera olandese ha vinto il ricorso contro le autorità competenti, dopo che l'Olanda aveva bloccato l'imbarcazione nel porto di Marsiglia per oltre un mese, a partire dallo scorso 2 aprile. Il motivo del fermo era l'entrata in vigore di un nuovo provvedimento imposto dal ministero per le Infrastrutture e il Controllo delle Acque (l'equivalente del Mit italiano), preoccupato «per la sicurezza delle persone a bordo».


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Il provvedimento del Ministero

Il 26 settembre 2018 il Ministero aveva introdotto una modifica legislativa «per le navi battenti bandiera olandese registrate come imbarcazioni da diporto». Il successivo 2 aprile 2019, però, lo stesso Ministero ha emanato un nuovo regolamento esclusivamente rivolto alle navi che «prendono sistematicamente a bordo persone che stanno annegando», senza concedere alle stesse un periodo di adattamento.

Nella nuova formulazione, il provvedimento si applicava esclusivamente alla Sea Watch 3, spingendo la Ong a contestarne la validità tramite ricorso al tribunale dell'Aia.Il 17 marzo scorsola Sea Watch 3 «era pronta per tornare in area SAR (ricerca e salvataggio)», avevano detto dall'Ong.«Tuttavia, si è subito palesata l'intenzione dello Stato di bandiera di impedire che ciò accadesse. Fino a quando il governo olandese non avrà garanzia del rispetto dei requisiti tecnici più rigorosi previsti dal nuovo codice, Sea Watch è costretta a sospendere la sua missione e sarà sottoposta a nuovi pretestuosi processi normativi».

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Le motivazioni della Corte

La sentenza odierna della Corte conferma le perplessità degli attivisti.Da quanto si apprende dal comunicato diffuso dalla Ong, «la Corte ha accertato che il Ministro, nel promulgare le nuove norme, non ha tenuto sufficientemente conto dei legittimi interessi di Sea Watch e ha agito con negligenza», non agendo nei «principi di buona amministrazione».

Secondo il giudice. inoltre, «la Sea Watch ha il diritto di beneficiare di un periodo transitorio per potersi conformare ai nuovi standard». La Corte ha infatti stabilito che il provvedimento non può essere applicabile immediatamente, ma deve rispettare un periodo di transizione che termina il 15 agosto 2019. Fino a quel momento, «la nave può riprendere il mare».

La reazione della Ong

Nonostante la vittoria, la Sea Watch si definisce comunque preoccupata. Anne Dekker. rappresentante dell'Ong in Olanda, ha affermato che, da un lato, sono «lieti che il tribunale si sia pronunciato a nostro favore e che l’abuso perpetrato dal Ministro sia stato riconosciuto». Dall'altro, restano «perplessi nell’assistere a questa strenua lotta dei governi contro le organizzazioni umanitarie impegnate a salvare vite umane».

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