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I mercenari italiani filorussi in lotta nel Donbass: cosa li lega all’arsenale di Torino e ai leghisti del Metropol

A pochi giorni dalla diffusione degli audio di Savoini e dalla notizia del ritrovamento di un arsenale di armi per il Donbass in una casa privata di Gallarate, la tematica dei mercenari italiani filorussi in ucraina torna di estrema attualità. Ma chi sono e per cosa combattono?

Era il 13 settembre del 2018 quando, sul sito americano BuzzFeed, veniva pubblicata un’inchiesta di Nicola Nardelli, l’editor della sezione Europa per la piattaforma, e Olga Tokariuk, una giornalista ucraina. L’articolo titolava così: Ecco una storia assolutamente incredibile sui mercenari filo-russi e uno stretto collaboratore del leader italiano de facto. Era la prima volta che la stampa internazionale dava risalto al nome di Gianluca Savoini. Nell’inchiesta, riportata un mese dopo dal settimanale Internazionale, il collaboratore di Matteo Salvini nei rapporti con la Russia veniva citato in merito ad alcuni rapporti tra la sua Associazione Lombardia Russia e un reclutatore di mercenari da arruolare nel conflitto nella regione del Donbass, nell’Ucraina orientale.

Solo un anno dopo, Savoini sarebbe diventato il protagonista dello scandalo degli audio su presunti fondi russi elargiti alla Lega, pubblicati dallo stesso Nardelli sullo stesso BuzzFeed. E il Tribunale di Genova emetteva la prima condanna per 3 mercenari italiani arruolatisi nelle milizie filorusse nel Donbass, che nel 2014 hanno occupato la regione ucraina. «Perché ci vanno? Bisognerebbe parlare con loro», dice Tokariuk al telefono, parlando dei foreign fighters italiani. «Ma è evidente che alcuni di loro sostengono l’ideologia di estrema destra e sovranista di una grande Eurasia promossa da Putin, che vede la Russia al suo centro e l’Ucraina come il luogo privilegiato l’influenza Russa in l’Europa».

LIMES | Una mappa che illustra la situazione in Ucraina oggi

I mercenari italiani in Ucraina

A pochi giorni dalla diffusione degli audio dell’Hotel Metropol, la tematica dei militanti italiani filorussi torna di estrema attualità. I mercenari che dall’Italia sono partiti per combattere in Donbass sono circa una trentina. «Per capire perché partono basta dare un’occhiata ai loro profili social», spiega Tokariuk. «Vediamo spesso che sono persone con ideologie estreme, di estrema destra o sinistra, che nel conflitto del Donbass vedono un loro modo per esprimersi». Secondo Tokariuk, una buona parte di loro si è unita ai separatisti filorussi, che in maggioranza abbracciano ideali di estrema destra. «Tra i separatisti filorussi ci sono molte persone con opinioni di estrema destra, che riescono ad attirare chi la pensa come loro da altri Paesi, come l’Italia».

Il 27 luglio del 2018, il Tribunale di Genova ha emesso 6 mandati d’arresto per reclutamento o attività militante armata. Alla fine di giugno 2019, sono state condannate le prime 3 persone residenti in Italia: Vladimir Verbitchii, un moldavo di 26 anni stabilizzatosi a Parma; la figura ambigua di Olsi Krutani, un albanese convintamente filorusso di 39 anni residente a Milano; Antonio Cataldo, un italiano 35enne di Nola, arruolatosi nelle milizie nel 2015. Non è chiaro se i primi due avessero o meno la cittadinanza italiana, ma sicuramente l’Italia è stato il loro punto di partenza.Tra i nomi degli altri 3 ricercati italiani compare anche quello di Andrea Palmeri, «tutto tatuato, con svastiche» come sottolinea Tokariuk, ricercato in italia anche per altri crimini. Non a caso, Palmeri è andato nel Donbass in auto, per evitare i controlli di frontiera agli aeroporti.

Gli altri due sono Gabriele Carugati, ex impiegato della sicurezza privata in Lombardia e figlio della ex dirigente della Lega a Cairate (Varese) Silvana Marin, e un neofascista di Brescia, Massimiliano Cavalleri. La storia dell’arruolamento di Carugati era stata raccontata anche in un post del 2014 dell’Associazione Lombardia Russia di Savoini, in cui l’allora venticinquenne veniva descritto come «simpatizzante di Salvini».

«Probabilmente si sono rifugiati nei territori occupati del Donbass», spiega ancora Tokariuk. Secondo la procura di Genova, la prova dell’esistenza di un pagamento o di una retribuzione per il combattimento è difficile da dimostrare. Gli importi potrebbero essere semplici rimborsi spese per il servizio prestato. Se così fosse, l’ipotesi dell’ideale da inseguire sarebbe ancora più forte.

L’indagine del Tribunale di Genova

Secondo Carlo Ambra, il capo della Digos di Torino, il caso del ritrovamento dell’arsenale a Gallarate è solo una costola dell’indagine portata avanti dal Tribunale di Genova e aperta nel 2013. All’epoca, i procuratori indagavano sugli ambienti skinhead di Genova a seguito del ritrovamento di alcune scritte “pro-Priebke”. Le indagini risalirono ad alcune organizzazioni implicate nel reclutamento di mercenari per il Donbass, risalendo a 10 nomi per cui il 17 luglio 2018 venne emesso un mandato d’arresto. Il ruolo del mercenario è fuorilegge in Italia dal 1995, anno della ratifica della convenzione Onu del 1989.

Da quei documenti depositati allora dal giudice per le indagini preliminari, emergono nominativi di reclutatori legati tanto all’estrema destra quanto all’estrema sinistra. Un particolare che darebbe «l’esatta portata della trasversalità del soggetto reclutatore, ideologicamente disinteressato ad avere un marchio politico tradizionale ed invece orientato verso posizioni eurastiche (a supporto dell’Eurasia, ndR), sulla scia delle teorie propugnate dal filosofo russo Alexander Dugin, a sua volta punto di riferimento anche per miliziani filorussi nel Donbass».

L’inchiesta di BuzzFeed, Savoini e i combattenti italiani

«I documenti della procura di Genova rivelano che Gianluca Savoini, 54 anni, ha avuto contatti con una delle dieci persone accusate dai magistrati italiani di reclutare e finanziare i mercenari di estrema destra nella regione del Donbass», scrivevano Nardelli e Tokariuk, facendo riferimento a Gnerre (vicino, come Savoini, alle teorie del filosofo russo Dugin), uno dei 2 presunti reclutatori di combattenti indagati dalla Procura di Genova.

A legare queste notizie parrebbe esserci un filo sottile ancora da sgrovigliare. Ci sarà da capire come il caso di Torino possa essere inquadrato nell’indagine dei procuratori di Genova; quali rapporti esistano tra questi mercenari e l’associazione Lombardia Russia; quali collegamenti non noti ci siano tra Salvini e Savoini. Le domande che chiudevano l’inchiesta lo scorso anno sono valide ancora oggi: cosa c’entra l’associazione Lombardia Russia con i mercenari in Ucraina? Perché la Lega di Salvini avrebbe interessi filorussi nel conflitto? Perché il vicepremier ha creato questa tela di rapporti, su tutti quello con Savoini? Ma intanto, il fenomeno dei foreign fighters italiani acquista sempre più evidenza giuridica – oltre che notorietà mediatica.

Foto dal profilo Facebook dell’Associazione Lombardia Russia. La Lega sostiene da sempre il ritiro delle sanzioni alla Russia imposte dall’Ue nel 2014 per la destabilizzazione dell’Ucraina e l’annessione della Crimea.

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