Tutte le vertenze sindacali lasciate in sospeso dalla crisi di governo

Rider, lavoratori dell’ex Ilva, del Mercatone Uno, di Whirpool, di Blutec, delle acciaierie di Piombino. Sono solo alcuni dei tavoli critici che il governo rischia di lasciarsi alle spalle irrisolti

Di tutti i problemi che la crisi di governo ad agosto ha creato al Paese, una delle peggiori è di certo quello legato al lavoro. Perché mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini annunciava la rottura definitiva (forse) con l’alleato di governo, presentando una mozione di sfiducia contro il premier Giuseppe Conte, al Ministero per lo Sviluppo Economico i sindacati stavano portando avanti la risoluzione di 159 tavoli di crisi.


Secondo le stime, al momento sono tra i 200 e i 280 mila i lavoratori la cui azienda si trova in difficoltà – quando non minaccia addirittura la chiusura o la dislocazione. Senza scomodare quelli che potrebbero essere i buchi nell’acqua più evidenti, come la celeberrima legge sui rider e il decreto sui precari nella scuola: ci sono almeno altre otto importanti questioni che rimarranno sospese insieme alla legislatura.


  • Su tutte c’ex Ilva di Taranto, una tema aperta da anni, e che ora coinvolge 1.400 lavoratori. Una crisi complessa, in cui non si vedono ancora gli investimenti promessi e l’impresa comincia ad accarezzare l’idea di una strategia d’uscita, come ha sottolineato il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli.
  • L’ex Mecatone Uno, che vede 1.800 posti di lavoro in bilico. Il 1° agosto si è svolto al Mise l’incontro che ha avuto solo carattere informativo tra le federazioni di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs e i commissari straordinari. Il tavolo è stato aggiornato al 16 settembre a Roma, ma non è chiaro se per quella data ci sarò né un nuovo incontro, né un ministro dello Sviluppo.
  • Anche per il caso Whirpool è attivo un tavolo al Mise per scongiurare la chiusura del sito di Napoli, dove lavorano 430 persone. Durante l’ultimo incontro del 24 luglio l’azienda si era detta pronta a ragionare con il ministero per evitare di lasciare l’Italia. Ma non si sa come e quando potranno continuare i negoziati – né se l’azienda sarà disposta a temporeggiare.
  • Per quanto riguarda Blutec, Di Maio ha prorogato la cassa integrazione fino a fine anno per 675 dipendenti ,più altri 300 lavoratori dell’indotto. Ma, a parte le misure provvisorie, resta da sciogliere il nodo delle prospettive industriali, e cioè di come rilanciare il sito di Termini Imerese, lo stabilimento ex Fiat vicino Palermo.
  • Per decidere le sorti delle acciaierie di Piombino si era scelto il mese di settembre. Data ormai incerta, e che per i sindacati doveva essere l’occasione per «capire l’effettivo progresso del piano industriale di Jindal Steel, i tempi per l’avvio della procedura di rinnovo della copertura degli ammortizzatori sociali e le eventuali risposte sul tema dell’energia elettrica».

E ancora, le vertenza della statunitense Jabil, che ha annunciato 350 licenziamenti su 700 addetti dello stabilimento di Marcianise, l’ultimo in Italia. E il call center Almaviva Palermo, dove non è stata trovata ancora alcuna soluzione per scongiurare il licenziamento di 1.600 persone. Poi la vertenza Bekaert, l’azienda metalmeccanica di Figline Valdarno (Firenze) di proprietà della multinazionale belga, che ha deciso di dislocare le produzioni in Romania, lasciando nell’incertezza circa 230 lavoratori, attualmente in cassa integrazione per cessazione (con scadenza al 31 dicembre 2019).

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