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Perché l’uragano Dorian può essere considerato davvero un sintomo dei cambiamenti climatici

10 Settembre 2019 - 06:03 Juanne Pili
Gli uragani ci sono sempre stati e il Riscaldamento globale li rende ancora più pericolosi

In diversi siti americani si cerca di sminuire l’importanza del riscaldamento globale nell’incremento degli uragani e della loro pericolosità. Sostanzialmente si obietta che non sarebbero una novità rispetto al passato, mentre anche in virtù dei dati raccolti dalla Nasa non risulterebbe un aumento di temperatura sufficiente a influire nella loro origine. Lo stesso discorso varrebbe anche per l’uragano Dorian che ha creato recentemente problemi nelle Bahamas, visibile anche dallo Spazio, tanto che è stato immortalato in diverse immagini da Luca Parmitano sulla Stazione spaziale internazionale. L’ingegnere e divulgatore Filippo Totani che si occupa particolarmente dell’attività di ricerca della Nasa, spiega a Open perché anche le emissioni dell’attività industriale incidono sugli uragani, compreso Dorian.

Condizioni medie vs condizioni locali

«Negli articoli vengono riportate molte inesattezze, da una in particolare si evince che spesso gli autori non hanno le idee chiare – spiega Totani – Si parla solo delle condizioni a livello globale. Si sostiene giustamente la necessità di un aumento di temperatura fino a una certa soglia perché ci siano gli uragani, ma essendo la temperatura aumentata solo di mezzo grado questi non si spiegherebbero col Riscaldamento globale. Tutto questo è vero a livello globale, ma non nei punti in cui si creano gli uragani. Quel che non dicono è che in realtà nei punti in cui si creano le giuste condizioni l’aumento di temperatura va da uno a due gradi centigradi: esattamente le condizioni sufficienti perché si creino gli uragani».

Perché Dorian è figlio dei cambiamenti climatici

Quindi è corretto affermare che l’uragano Dorian si deve anche ai cambiamenti climatici? «Sì, anche se purtroppo la climatologia non è ancora una scienza esatta – continua Totani – Parliamo sempre di modelli statistici. Di sicuro alcuni uragani sono eccezionali e si stanno sviluppando in lassi di tempo più brevi. Potremmo definire gli “anni fatidici” il 2005, 2010 e 2017. L’ultimo viene preso spesso dai climatologi come “anno di studio” perché parliamo di sei uragani di grandi dimensioni, dieci uragani in generale e qualcosa come trenta tempeste tropicali. Tutto piuttosto atipico nel giro di un solo anno, dove solitamente troviamo circa sei tempeste tropicali, di cui solo alcune danno luogo a un uragano. Dorian è quasi certamente figlio del Riscaldamento globale perché in realtà si stanno creando delle condizioni più favorevoli alla nascita degli uragani».

La ricetta per generare un uragano 

Vogliamo ricordare quali sono queste condizioni favorevoli? «Si tratta principalmente di due parametri: la temperatura superficiale dell’oceano (almeno 26-27°C) ch’è praticamente il “combustibile” delle tempeste tropicali, che in questa epoca fanno presto a diventare di categoria cinque; e il calore all’interno dell’oceano, dato ritenuto ancora più affidabile secondo i climatologi».

Con la fusione dei ghiacci uragani sempre più dannosi

Poi c’è il problema delle inondazioni. «Il problema grosso è che con la fusione dei ghiacci non abbiamo più un livello abbastanza basso del mare che eviti le inondazioni. Se andiamo a vedere adesso le immagini dalle Bahamas, l’acqua arrivava al secondo piano di una casa. Quindi ogni volta che ci sarà un uragano d’ora in poi sarà molto più probabile che ci siano inondazioni, facendo molti più danni»

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