Chef Rubio contro Zaia sui manganelli alla polizia: «Sì, perché Aldovrandi è morto dal freddo»

Il popolare personaggio tv ancora una volta all’attacco sui social contro i sovranisti nostrani

Chef Rubio, il popolare cuoco e personaggio televisivo, continua a far parlare di sé per i suoi attacchi duri nei confronti di Matteo Salvini, dei sovranisti nostrani e delle forze dell’ordine. Rubio non si è fatto sfuggire l’occasione di commentare la manifestazione della Lega oggi, 19 ottobre, a piazza San Giovanni (con Fratelli d’Italia, Forza Italia e CasaPound) con tweet caustici all’indirizzo dei leader intervenuti sul palco.


Quest’oggi però a scatenare l’ira di Rubio una frase del governatore del veneto Luca Zaia, secondo cui una delle priorità del Paese è «inasprire il codice penale e infine togliere il Galateo alle forze dell’ordine e riconsegnare loro il manganello. Non è possibile che quando vengono aggrediti debbano stare li tremanti senza replicare. Noi siamo dalla loro parte».

Il presentatore attacca Zaia elencando i casi di giovani morti in circostanze riconducibili ad abusi delle forze dell’ordine. Scrive Rubio ironicamente: «Si perché #Aldrovandi è morto de freddo, #Uva nel sonno, #RiccardoRasman de risate e #AldoBianzino di tosse. Ma perché parli?».

Non manca nel flusso di cinquettii dello chef l’ironia sul numero dei partecipanti in piazza (come sempre divisi fra quelli della Questura e quelli degli organizzatori). Anche in questo caso Rubio polemizza sul rapporto fra gli esponenti di Lega e di Fratelli d’Italia e le forze dell’ordine: «State forze insinuando che i poliziotti mentono»?

Contro le dichiarazioni di Luca Zaia però non soltanto il vulcanico chef romano. All’attacco del governatore veneto anche Andrea Martella, sottosegretario di Stato dem alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione e all’editoria e all’attuazione del Programma di Governo.

Per Martella le parole di Zaia che «richiama alla legalità e al rispetto delle regole invocando il manganello sono molto gravi. Le istituzioni e lo Stato non possono deporre in alcun modo a favore della becera violenza repressiva per affermare i propri principi cardine. Questa è democratura».

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