Università, Manfredi: «Non sia la Cenerentola del Paese». E sulla ricerca: «Servono 500 milioni in 5 anni»

«Serve l’impegno di tutto il governo e un piano per rispondere alle esigenze in tempi ragionevoli. Prima cosa: ascoltare gli enti di ricerca e gli atenei per capire come muoversi»

«Un piano pluriennale si deve fare. La prima cosa, però, è ascoltare gli enti di ricerca e gli atenei per capire come muoversi. Siamo d’accordo, lo faremo insieme, io e il presidente del Consiglio». Sono le prime parole di Gaetano Manfredi da ministro dell’Università e della Ricerca, affidate ai maggiori quotidiani italiani oggi in edicola. «Dovremo affrontare anche il problema della semplificazione, perché nell’università ci sono troppe regole complicate», sostiene Manfredi.


Quanto alle dimissioni del suo predecessore questo il ragionamento che affida al Corriere della Sera: «Cosa è accaduto con Fioramonti io non lo so. So che quella cifra, un miliardo, è quanto è stato tagliato dei fondi per l’università negli ultimi anni e che dovrebbe essere recuperato». «Ma so anche – prosegue mostrandosi ragionevole – che la situazione della finanza pubblica è difficile e che non è possibile recuperare tutto subito».


«Però – conclude il neoministro – non possiamo considerare l’università e la ricerca come la Cenerentola del Paese: occorre un impegno da parte di tutto il governo e un piano per rispondere alle esigenze di questi settori in tempi ragionevoli».

Gli investimenti

«Occorre programmare investimenti anche per gli anni prossimi: poter contare sulle risorse è fondamentale – dice a Repubblica Manfredi -. Capisco che non si possa fare subito tutto, ma si può appunto intervenire ora con il Piano per i ricercatori. Una priorità assoluta è dare continuità al loro reclutamento». Per i nuovi ingressi e i rientri dall’estero, quante risorse? “Un investimento di cento milioni all’anno. Un Piano quinquennale: 500 milioni. Parlo di cinque anni perché all’Italia serve stabilita’…».

Il divario tra Nord e Sud

Il neoministro è convinto che «il sistema universitario è una cosa sola e va tenuto insieme per unificare il Paese e dare le stesse opportunità a tutti. Però – aggiunge – l’università non basta, è necessario agire sul lavoro e affrontare il tema della mobilità. L’università è il driver più importante per attrarre le imprese e creare lavoro qualificato per i giovani. E questo è un ruolo che va rafforzato sempre più soprattutto nelle aree deboli perché può essere una grande opportunità».

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