Scuola e ricerca: tutte le sfide che aspettano i due nuovi ministri nel 2020

di OPEN

Dai concorsi al diritto allo studio, dalla sicurezza negli edifici scolastici al piano digitale fino alla “fuga dei cervelli”: l’agenda dei successori di Fioramonti

Durante la conferenza stampa di fine anno a Villa Madama del 28 dicembre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato chi saranno i successori dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti. Il premier ha sdoppiato la poltrona lasciata dallo stesso Fioramonti: la sottosegretaria Lucia Azzolina diventerà ministra dell’Istruzione, mentre Gaetano Manfredi sarà ministro dell’Università e della Ricerca.


Ora si apre l’iter che porterà Manfredi e Azzolina a presiedere i rispettivi dicasteri: prima il decreto per lo spacchettamento del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che tra l’altro è un dicastero con portafogli, poi la nomina da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il successivo giuramento. Per l’ufficialità, a quanto spiegano fonti di governo, si dovrà attendere qualche giorno, quasi certamente i primi di gennaio.


Ma quali sfide dovranno affrontare i due ministri?

Ministero dell’Istruzione

Sul tavolo della nuova ministra dell’Istruzione, già sottosegretaria del suo predecessore Fioramonti, ci saranno tre dossier caldissimi, come ha segnalato Tuttoscuola.com: i regolamenti sui concorsi, il pacchetto sicurezza degli edifici scolastici e le modalità di incremento del piano nazionale della scuola digitale.

Concorsi

Il ministero dovrà mettere mano ai regolamenti dei concorsi per nuovi dirigenti tecnici e per insegnanti di religione cattolica (il primo e unico concorso si è tenuto ben 15 anni fa). Inoltre saranno necessarie integrazione alle attuali procedure previste per le assunzioni: ad esempio il concorso ordinario per docenti infanzia, primaria e secondaria, per 48mila posti complessivi. Ma ci sono anche i concorsi straordinari per scuola secondaria di primo e secondo grado.

Sicurezza

Nel mondo della scuola è molto attesa una nuova regolamentazione in materia di sicurezza: docenti, ma anche studenti e associazioni, valutano da tempo insufficienti, per le caratteristiche specifiche delle realtà educative, le norme del D.lgs. 81/08 che precisano che alla definizione di “Lavoratore” sono equiparati gli allievi delle scuole, mentre il dirigente scolastico è associato alla figura del datore di lavoro.

Inoltre il dicastero a guida Azzolina dovrà stabilire le modalità di utilizzo delle nuove risorse per la sicurezza degli edifici scolastici. Al ministero infatti, in base all’accordo Quadro del piano di interventi, spetta la gestione delle risorse erogate direttamente da comuni, province e città metropolitane e l’impegno a «individuare termini differenziati per l’aggiudicazione dei lavori da parte degli enti locali, tenendo conto dei livelli di progettazione».

Piano nazionale della scuola digitale

Il piano, considerato un pilastro fondamentale deLlla riforma La Buona Scuola, varato dal governo Renzi nel 2015, continua a rimanere per gli operatori del settore un’anatra zoppa: il governo gialloverde certamente non ha accelerato l’attuazione del provvedimento voluto dall’esecutivo renziano, ma a ciò vanno aggiunti i problemi strutturali, non esclusa la formazione del corpo docente dall’età media avanzata. La sfida per la nuova ministra è riavviare il progetto, probabilmente da rivedere, visto che sono passati cinque anni dal varo del provvedimento: in pratica un’era digitale.

Ministero dell’Università e della Ricerca

Al rettore dell’Università Federico II di Napoli, Gaetano Manfredi, spetterà sciogliere i nodi che hanno portato alle dimissioni del suo predecessore Fioramonti per quanto riguarda i fondi per la ricerca: l’accademico è considerato un punto di riferimento nel Paese in questo campo. Inoltre Manfredi dovrà affrontare i dossier del diritto allo studio e quello della cosiddetta fuga dei cervelli.

Fondi per la ricerca

Indicato da poche ore al dicastero dal premier Conte, Manfredi sembra non voler fare passi indietro rispetto alle richieste del suo (dimissionario) predecessore: più fondi per l’università e la ricerca. Il rettore preannuncia di far sentire la sua voce e la sua nomina quindi non parrebbe un tentativo di soprassedere sulla questione.

Uno degli obiettivi del neo ministro sarà un «grande investimento sui giovani», affinché «le migliori energie italiane e anche estere trovino casa nei nostri atenei e nei nostri enti di ricerca». Manfredi, sulla questione delle risorse, ha avvertito ai microfoni del Tgr Campania: «Servono più fondi, conosciamo bene la situazione difficile della finanza pubblica, ma università e ricerca non possono essere la Cenerentola del Paese».

Diritto allo studio

Il tema è quello annoso dei cosiddetti “idonei non beneficiari”, una delle più incredibili anomalie dell’università italiana. Per ottenere una borsa di studio universitaria che può andare dai 1950 ai 5174 euro occorrono requisiti di reddito e di merito, diversi da regione a regione. Il problema è che l’Italia è l’unico paese OCSE dove si può avere diritto ad una borsa ma non vedersela erogata.

Ciò può accadere semplicemente perché non ci sono le risorse. Così gli idonei si vedono azzerare le tasse universitarie, ma non possono accedere agli altri benefici, come il diritto a un alloggio. Recentissimo il caso degli studenti dell’università di Palermo che nello scorso novembre hanno manifestato piantando delle tende davanti all’ateneo. L’83% degli studenti del primo anno di triennale o magistrale che hanno diritto a un posto letto per studiare nel capoluogo siciliano non ha ricevuto una sistemazione.

La “fuga dei cervelli”

Non solo i fondi per la ricerca (considerati non sufficienti) nelle motivazioni delle dimissioni del ministro Fioramonti: fra le accuse dell’ex titolare del dicastero dell’Università c’è anche quella di non aver affrontato quella che considera «la vera crisi economica» del Paese. I dati parlano chiaro. Nel 2018, il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è stato di 157mila unità: un dato in aumento dell’1,2% rispetto a quanto registrato nel 2017.

Le emigrazioni che riguardano nello specifico i cittadini italiani sono il 74% del totale (116.732), e se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani) il saldo è decisamente in negativo (pari a 46.824: ben 69.908 unità in meno). La maggioranza (oltre il 73%) dei nostri concittadini che ha lasciato il Paese è over 25: in pratica si tratta di giovani che si sono formati in Italia (con i relativi costi per il sistema), ma che non contribuiscono più alla ricchezza del Paese stesso.

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