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Dottorato honoris causa a Liliana Segre: «Sono sempre quella ragazzina espulsa dalla scuola»

18 Febbraio 2020 - 14:02 Redazione
La senatrice ha poi ricordato, durante la sua Lectio magistrali "La storia sulla pelle", le parole di Primo Levi: «Capire, comprendere è impossibile, ma conoscere è necessario»

Liliana Segre ha ricevuto il dottorato honoris causa in Storia dell’Europa all’università La Sapienza di Roma, durante l’inaugurazione dell’anno accademico. La senatrice, sorridente e commossa, ha ricordato: «Lo scorso anno fui ricevuta dal presidente della Repubblica che mi chiese cosa avessi provato a entrare in Senato, risposi: “Dentro di me, anche se sono molto vecchia, sono sempre quella ragazzina espulsa dalla scuola per la colpa di essere nata ebrea e che oggi mi vede seduta in Senato in quella mia Italia dove sono nata e cresciuta con la mia famiglia”».

La citazione di Levi: «Capire è impossibile, ma conoscere è necessario»

«È cambiato l’aspetto e la coscienza – ha continuato Segre durante la sua lectio magistralis La storia sulla pelle – che mi hanno vista colpevole d’essere nata e punita con i perché che non avranno mai risposta, con la consapevolezza che qui nel tempio della Sapienza mi fa ricordare il mio maestro Primo Levi che scrisse: capire, comprendere è impossibile, ma conoscere è necessario».

Lungo applauso per Segre e Mattarella

Un lungo applauso aveva accolto la senatrice al suo ingresso nell’Aula Magna dell’ateneo. Alla cerimonia hanno partecipato i ministri dell’Istruzione Lucia Azzolina e dell’Università Gaetano Manfredi e lo stesso capo dello Stato Sergio Mattarella: anche al presidente della Repubblica è stato tributato un caloroso applauso. «Permettetemi di ringraziare tutti ma in particolare gli studenti da nonna nei loro confronti e – ha detto ancora Liliana Segre – da loro ho ricevuto molto più di quanto abbia cercato di dare in questi 30 anni».

Il magnifico rettore de La Sapieza e la senatrice Liliana Segre in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’università La Sapienza, Roma, 18 febbraio 2020. ANSA/FABIO FRUSTACI

Un momento di libertà

Segre ha poi ricordato, «tra tanti professori incontrati nella vita, un povero professore francese prigioniero come me che faceva l’operaio schiavo e io facevo per un certo periodo la sua inserviente portandogli i bossoli di mitragliatrice. Lui vedendomi mi chiese che classi avessi fatto perché lui era un docente di storia. Io facevo la seconda media, gli spiegai. Mi disse “proviamo a essere io e te come eravamo, liberi”. Era un momento assoluto di libertà mentre eravamo vestiti a righe, denutriti, eppure in quegli attimi rubati parlavamo di storia, liberi. Erano momenti di libertà assoluta. Oggi non potevo non ricordarmi di lui, di cui non so assolutamente nulla, eravamo liberi come si è liberi con la conoscenza».

L’arrivo al campo

«All’arrivo nei campi – ha raccontato poi – mi venivano rasati i capelli: era una privazione della femminilità, questa rasatura obbligata la aspettavo in fila. Passò una kapò: avevo una chioma nera selvaggia e questa donna decise che la mia chioma era troppo bella per essere tagliata, rimasi sola con i capelli, tra 31 ragazze che non li avevano più. Naturalmente dopo pochi giorni si coprirono di pidocchi, mi fu visto passeggiare un pidocchio sul viso e fui mandata da sola nel gelo: mi venivano disinfestati i capelli e fui rapata».

Il latino nei campi di sterminio

«I soldati passavano ridendo chiedendosi come mai ero ancora al mondo ha ricordato la senatrice a vita -. Entrò dopo poco una ragazza e si mise vicino a me accanto ad una stufetta, fonte di un po’ di calore, lei era cecoslovacca io italiana. Lei che aveva due o tre anni più di me mi chiese se sapevo qualche parola di latino: sì io lo ricordavo e fu fantastico: con quelle poche parole abbiamo parlato della nostra casa lontana, della patria, della famiglia perduta. Fu fantastico trovare una lingua tra noi due. Quella comunità di due ore non l’abbiamo mai dimenticata, ne sono certa. Lo studio fu fonte di salvezza, aiutava a riprendere il tuo posto nel mondo, affetti perduti, ricordi. Non sono mai stata una grande studentessa ma avida di conoscenza».

«Insegnare a non odiare»

Liliana Segre ha poi spiegato il suo impegnano all’interno delle istituzioni: «Quando sono entrata in Senato l’unica cosa che potevo fare era combattere tutto quello che ha segnato per sempre la mia vita. Non c’è limite all’odio né all’indurre ad odiare, tantissimi possono essere i modi, le ragioni. I ragazzi sono straordinari, hanno la forza della vita e della scelta, è bello insegnare loro a non odiare».

Immagine: Alessandro Saggioro, coordinatore del Dottorato di ricerca in Storia dell’Europa, accompagna la senatrice Liliana Segre in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’università La Sapienza, Roma, 18 febbraio 2020. ANSA/FABIO FRUSTACI

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