Boris Johnson non arretra ma corregge. E raccomanda agli uomini sopra i settanta l’isolamento per «molti mesi»

L’aumento nel numero delle vittime – 21 in totale al 14 marzo – ha costretto il Premier ad anticipare alcune misure. Ma la strategia rimane sempre la stessa

La soluzione proposta dal Governo di Boris Johnson è clamorosa tanto quanto è necessaria per far funzionare il controverso piano anti-Coronavirus che si sta avviando nel Regno Unito: tutti gli ultra 70enni dovranno andare in quarantena, fino a quattro mesi, anche in assenza di sintomi. La conferma è arrivata dal ministro della Salute, Matt Hancock, dopo che la notizia era trapelata alla stampa ieri sera. «Questo è nel piano d’azione, sì» – ha dichiarato ai microfoni di Sky News – E lo esporremo con maggiori dettagli quando sarà il momento giusto per farlo». Non ci sono ulteriori dettagli al momento, ma la strategia di fondo rimane inalterata: proteggere gli anziani e i più deboli mentre il resto della popolazione sviluppa “l’immunità di gregge”, lasciandosi contagiare dal virus e così – si spera (rimane questo il grande dubbio) – sviluppando una propria immunità. E pazienza se si tratta di un popolo e non di un gregge: è troppo tardi per contenere il virus, ragionano nel Regno Unito, quindi l’unica cosa che si può fare è gestire, spianare il picco, aprendo e chiudendo “i rubinetti” del contagio, mentre si proteggono i più deboli. 


È anche per questo motivo sono previste misure restrittive più in là – l’annuncio dovrebbe arrivare settimana prossima – come la chiusura degli eventi pubblici con più di mille persone e forse anche delle scuole. Chiudere ed aprire i rubinetti, appunto, per evitare che il servizio sanitario si ritrovi inondato di pazienti e a corto di posti letto. Si tratta anche di regolarizzare ciò che in parte sta già avvenendo, visto che dopo le parole durissime di Boris Johnson –  «Alcune famiglie perderanno i loro cari» – aziende, compagnie e istituzioni private hanno fatto ciò che il Governo aveva deciso di non fare. Un esempio su tutti: la Premier League ha deciso di autosospendersi fino al 3 aprile. Anche la Regina ha messo in pausa i suoi appuntamenti pubblici e si è trasferita, insieme al Principe Filippo, nella residenza reale di Windsor, meno “affollata” rispetto a Buckingham Palace. 


Adesso, dopo che le morti per il coronavirus sono raddoppiate in 24 ore (e dopo che Donald Trump ha esteso il blocco sui voli in Usa anche al Regno Unito e all’Irlanda), è diventato più urgente chiudere i rubinetti. Il servizio sanitario si sta preparando per l’emergenza: si parla anche di sequestrare camere di hotel da usare come reparti coronavirus. Ma con l’incombere dei contagi, crescono anche i malumori e le proteste da parte di chi vorrebbe un’azione “all’italiana”. Per il momento almeno il partito laburista si è mostrato abbastanza accondiscendente nei confronti di Johnson. Uno dei più duri critici di Johnson è stato l’ex ministro della salute conservatore, Jeremy Hunt.

Le proteste della comunità scientifica

Ma anche la comunità scientifica si fa sentire: in una lettera aperta più di 200 scienziati hanno chiesto al Governo di salvare migliaia di vite introducendo misure che rendano necessario il distanziamento sociale. Due dati raccontano bene l’attuale clima politico nel Regno Unito.  Secondo un sondaggio Opinium per l’Observer soltanto il 36% dei britannici si fida del Premier e pensa che saprà gestire la crisi, mentre YouGov ci dice che la maggioranza dei britannici – il 52% – pensa che il Governo dovrebbe dichiarare lo stato d’emergenza. Dopotutto la Francia chiude ristoranti, bar, cinema e negozi, la Spagna è diventata una zona rossa, e l’Italia, come sappiamo, lo è da giorni. Ma, sopratutto, è quello che chiede l’Oms.

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