L’annuncio della conferenza stampa fissata spostata a domani 8 aprile alle 10 toglie ogni dubbio sul fatto che durerà tutta la notte la trattativa nell’Eurogruppo, riunito in videoconferenza per concordare le misure economiche europee sull’emergenza Coronavirus. Dopo una serie di pause e rinvii sin dal pomeriggio, i lavori sono partiti solo a tarda serata, con lo scontro tra il blocco di Paesi del Nord e quelli del Sud, e i primi del tutto contrari a qualsiasi forma di condivisione del debito. Al momento, secondo quanto riporta l’Huffingtonpost, l’ipotesi più accreditata per una soluzione sembra essere quella a “quattro gambe”: Bei, Sure, Mes, che l’Italia chiede di applicare senza condizioni, e il fondo europeo di rinascita, uno degli strumenti più simili agli eurobond, sui quali il fronte del Nord proprio non vuol sentire ragioni.
April 7, 2020
Se da un lato Germania e Olanda in primis si oppongono alla condivisione del debito, dall’altro gli altri Paesi, Italia, Spagna e Francia in testa, non accettano che venga meno una sola delle quattro gambe, eurobond o fondo che sia. L’Italia sarebbe disposta ad accettare un accordo: l’uso del Mes con poche condizioni. Il che significherebbe poterlo usare in base alla discrezionalità del singolo Stato membro, e solo su richiesta, ma senza automatismi nell’applicazione del piano di rientro.
Coronabond e Mes: gli schieramenti
Le trincee (politiche, s’intende) sono le stesse degli scorsi giorni. Da una parte ci sono Francia, Italia e Spagna, i primi tra i paesi che il 25 marzo hanno scritto al Consiglio europeo per chiedere i “coronabond”, titoli di stato comuni, garantiti dai paesi dell’eurozona, per finanziare la ricostruzione post-Covid. Lo schieramento anti-austerità vorrebbe – oltre ai “coronabond”, che sono una rivisitazione degli Eurobond, proposti per la prima volta dalla Commissione europea nel 2011, dopo la crisi economica mondiale – che il Fondo Salva Stati (Mes), l’agenzia europea con base a Lussemburgo, emettesse prestiti senza condizionalità, ovvero senza un piano di austerità a garanzia del rientro.
Dall’altra parte, invece, ci sono alcuni Paesi – in primis Olanda ed Austria – che, temendo che la crisi possa servire se non come pretesto, come giustificazione per aumentare eccessivamente la spesa pubblica, insistono per avere delle condizionalità legate ai prestiti e, allo stesso tempo, allontanano i coronabond per timore che possano aprire la porta alla “mutualizzazione del debito”, ovvero che i Paesi più “virtuosi” dal punto di vista fiscale possano finire per finanziare il debito di quelli più inclini ad esagerare con la spesa pubblica. Lo ha ribadito oggi, 7 aprile, il ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra in Parlamento poco prima dell’avvio della riunione Ue sull’emergenza Coronavirus: «gli Eurobond io non li farei e neppure il governo».
Cauto ottimismo
In tutto questo c’è la Germania, che in un primo momento sembrava condividere la linea dura dell’Olanda, ma successivamente ha aperto all’ipotesi di annullare ogni condizionalità a patto però che i prestiti vengano spesi dai Paesi soltanto su attività riconducibili al Covid. A questa è seguita un’ulteriore apertura riguardo la possibilità di ristrutturare il debito dei Paesi recipienti permettendo, di fatto, maggiore flessibilità. Nel frattempo la Francia, con il beneplacito dell’Italia e della Spagna porta avanti l’idea di un fondo ad hoc per finanziare la ripresa.
Anche Ursula von der Leyen si è inserita nuovamente nello scontro. Rispondendo a una domanda su cosa giochi contro i coronabond a die Zeit, la presidente della commissione europea ha proposto una soluzione alternativa: mettere a disposizione più finanziamenti attraverso «un nuovo forte bilancio europeo». «Viene sostenuto da tutti, è trasparente, le regole sono chiare. E il suo mandato è far crescere tutti i paesi dell’Ue insieme -ha continuato.- Attraverso il bilancio di 7 anni possiamo fare leva per la somma di cui abbiamo bisogno per reagire al Corona».
In mattinata si era certi, come scrive Repubblica, che il testo conclusivo dell’Eurogruppo dovesse contenere un richiamo ai titoli di debito comune. A diffondere ulteriore ottimismo è stato il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni, che negli ultimi giorni si era mostrato possibilista, aprendo ad alternative agli “eurobond”, pur di portare a casa il risultato. «Quello che mi aspetterei dall’Eurogruppo, e ho una certa fiducia che ci arriveremo, è un messaggio di unità condivisa. Non è il momento di dividersi», aveva dichiarato. Tra stanotte e domattina capiremo se sarà davvero così.
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