Le frasi che trapelano dall’incontro tra governo e sindacati a proposito del decreto Aprile, divenuto Maggio col protrarsi dei giorni (ovvero il secondo intervento per contrastare le conseguenze economiche dell’epidemia da Coronavirus) fanno pensare che un accordo ci sia o sia comunque alle porte: «Per far ripartire davvero il Paese abbiamo bisogno di un ‘patto sociale’ per coniugare modernità e equità.
Per questo in prospettiva è prezioso l’avvio di un tavolo progettuale con le parti sociali», ha detto il premier Giuseppe Conte questa sera, 5 maggio, toccando corde che ai confederali piacciono da sempre: «Un tavolo volto a definire forme contrattuali innovative e adeguate a nuove forme di lavoro, a ragionare sui modelli di sviluppo e formazione per rilanciare la crescita, tanto nel privato quanto nella Pa, e a promuovere forme di sviluppo partecipativo. Questi i capisaldi su cui lavorare insieme». Di un contratto per normare il lavoro da remoto, del resto, ha parlato anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini nelle ultime interviste rilasciate.
Il premier assicura anche che i finanziamenti ci saranno: “Un intervento cospicuo ma certo non sarà la panacea di tutte le conseguenze negative che stiamo vivendo, ma stiamo facendo il possibile per limitare i danni», dice. E aggiunge: «Stiamo scrivendo un capitolo importante di questa dura prova, quello legato alle misure economiche. È un piano cospicuo, dobbiamo essere efficaci per sostenere famiglie, lavoratori e imprese»
Per di più, prima che l’incontro iniziasse la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha proposto di convertire parte delle ore di lavoro in percorsi di formazione finanziati dal ministero, rimodulando gli orari complessivi e senza la riduzione dei salari. con la quale, temporaneamente, i contratti collettivi aziendali e territoriali potranno prevedere una rimodulazione, quindi una riduzione, dell’orario di lavoro. I contratti, stipulati con le organizzazioni sindacali più rappresentative, possono convertire quota parte delle ore in percorsi di formazione finanziati da un apposito fondo presso il ministero. Non è prevista una riduzione dei salari. Tutto risolto, dunque? Non proprio.
Soprattutto perché il neo presidente di Confindustria, Bonomi, ha già detto di pensarla in modo completamente diverso. Il 30 aprile ha chiesto al governo di aiutare le parti sociali ad accordarsi anche al di là della contrattazione nazionale, azienda per azienda, con nuovi turni di lavoro: «Il Governo agevoli quel confronto leale e necessario in ogni impresa per ridefinire dal basso turni, orari di lavoro, numero giorni di lavoro settimanale e di settimane in questo 2020», «da definire in ogni impresa e settore al di là delle norme contrattuali», sono state le sue parole. Seguite da un fuoco di fila di no da parte dei sindacati.
Domattina, Conte vede proprio Confindustria per discutere del decreto Maggio. Se le parole saranno quelle di stasera, difficile pensare si vada verso l’intesa.
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