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Coronavirus, le Regioni chiedono la riapertura dei negozi per l’11 maggio. No del governo: «Aperture differenziate dal 18/5»

07 Maggio 2020 - 19:35 Redazione
Dal 18 maggio saranno possibili differenziazioni regionali nelle riaperture in base ai dati del monitoraggio, dice il ministro Boccia

La parola d’ordine continua a essere la stessa: riaprire. In sicurezza, ma riaprire per risollevarsi dalla crisi provocata dalla pandemia di Coronavirus. Per la fase 2 le Regioni chiedono dal prossimo 11 maggio di «procedere ad anticipare la riapertura dei settori del Commercio al dettaglio fermo restando la necessaria sottoscrizione dei relativi protocolli di sicurezza con le parti sociali a tutela dei lavoratori». La richiesta arriva nell’ordine del giorno approvato dalla Conferenza delle Regioni e consegnato oggi all’esecutivo dal presidente, il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.

Una richiesta che il governo guidato da Giuseppe Conte non accoglie: quella dell’11 maggio sarà piuttosto la data dell’esame dei numeri del monitoraggio del ministero della Salute sul contagio da Covid 19. In base a quei dati dal 18 maggio saranno possibili differenziazioni regionali nelle riaperture, anche in base alle linee guida dell’Inail. A ribadire la linea del governo è il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia nella videonconferenza con i governatori.

D’accordo con Boccia è l’Associazione nazionale Comuni (Anci). Il presidente – il sindaco di Bari Antonio Decaro – spiega che i Comuni hanno concordato con l’impostazione del ministro Francesco Boccia sulle riaperture e rinunciato anche a loro poteri e prerogative per rispettare le linee guida nazionali. Decaro ha partecipato alla prima parte della videoconferenza unificata Stato-Enti locali sulla Fase 2.

Le regioni chiedono un cronoprogramma

E ancora: è necessario un cronoprogramma. Dare delle date, delle scadenze, avere un piano, lamentano le Regioni. Il punto è che «si sta assistendo positivamente in questi giorni alla ripresa graduale delle attività produttive che in forza di precedenti decreti avevano sospeso le attività». Ma il decreto del presidente del consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 – si legge ancora nell’ordine del giorno approvato oggi, «nonostante le prime indicazioni per la riapertura non ha previsto un cronoprogramma relativamente alle numerose attività ancora sospese o chiuse».

Per le Regioni c’è «il rischio» che «una sospensione prolungata» di quelle attività «non contemplate nel decreto mette fortemente a rischio la sopravvivenza di migliaia di attività economiche, determinanti per le diverse economie regionali e per la tenuta del tessuto sociale del Paese». E questo nonostante i dati dell’epidemia – è il ragionamento – siano «in costante diminuzione in tutto il territorio nazionale ed è stato attivato un sistema di monitoraggio da parte del Ministero della Salute per verificare eventuali recrudescenze dell’epidemia e monitorare il rischio contagio», il livello di saturazione delle strutture ospedaliere «è in costante diminuzione» ed è in corso «anche col sostegno del Governo attraverso ulteriori e imminenti provvedimenti, il potenziamento strutturale della rete sanitaria».

Intesa su fondo da 100 milioni

La Conferenza Stato Regioni ha poi sancito l’intesa decreto del ministero per le Politiche Agricole per il Fondo da 100 milioni di euro previsto dal Decreto Cura Italia per far fronte all’emergenza Covid-19. Gli aiuti saranno erogati rispettando le regole del framework emergenziale della Commissione europea. «Ho chiesto ai miei uffici di velocizzare il più possibile ogni attività di sostegno alle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura», dice la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova. «Abbiamo oggi avuto l’intesa dalle Regioni per il decreto da 100 milioni di euro».

Lavoro e cassa integrazione

La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, si legge in una nota, ha proposto «la costituzione immediata di un gruppo di lavoro tecnico formato da rappresentanti del ministero, delle Regioni e dell’Inps per addivenire a specifiche soluzioni che migliorino i processi, modificando laddove necessario le norme vigenti», per accelerare l’erogazione della cig in deroga. In mattinata infatti l’incontro in videoconferenza con gli assessori regionali al Lavoro, insieme anche al presidente dell’Inps, Pasquale Tridico.

«Resta la necessità condivisa da tutti di accelerare il più possibile il percorso necessario che porta dalla sospensione dell’attività lavorativa all’erogazione del trattamento della cassa integrazione in deroga». Di qui la proposta di Catalfo, spiega la nota sottolineando che «già si è fatta parte attiva per inserire alcune norme volte ad accelerare l’erogazione dei trattamenti di integrazione salariale ai lavoratori».

Sia come sia, le regioni rimandano al mittente ogni responsabilità nel ritardo dell’erogazione. La Conferenza delle Regioni ha preso atto “di alcune spiacevoli dichiarazioni del presidente dell’Inps che vorrebbero porre in carico alle Regioni i rallentamenti riscontrati nell’erogazione dei trattamenti per la cassa integrazione in deroga che il Governo aveva assicurato sarebbero avvenuti entro la fine del mese di aprile». In un Odg consegnato al governo si sottolinea che i «rallentamenti non sono certamente imputabili alle Regioni, che stanno lavorando a pieno organico per autorizzare le domande e trasmetterle all’Inps».

In copertina ANSA / Matteo Bazzi | Il presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini in occasione del forum Ambrosetti “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” in corso di svolgimento a Cernobbio (Co) 8 Settembre 2019.

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