Coronavirus e infiammazioni sui bambini, si riuniscono i pediatri di tutto il mondo. A New York casi aumentati del 53% in nove giorni

Il governatore Andrew Cuomo ha dato il via a una massiccia campagna di test, mentre gli esperti mondiali si riuniscono in teleconferenza chiamati per la seconda volta dal Boston Children’s Hospital

Tomisaku Kawasaki è un pediatra giapponese e ha 95 anni. A 42 anni ha descritto per la prima volta una patologia infiammatoria mai vista prima nella lettura scientifica, un’infiammazione acuta dei vasi di piccolo e medio calibro che colpisce soprattutto i bambini. Ora centinaia di casi in tutto il mondo e la possibile correlazione fra questo tipo di infiammazione e il Coronavirus hanno portato grande attenzione su una malattia finora quasi sconosciuta, almeno fuori dalla cerchia degli specialisti.


Per questo, nella notte italiana tra sabato 23 e domenica 24 maggio, centinaia pediatri si sono dati appuntamento su Zoom per discuterne, invitati dal Boston Children’s Hospital. E questa è già la seconda conferenza. La prima, sempre organizzata dall’ospedale statunitense, era stata convocata la sera del 2 maggio.


Il pediatra Angelo Ravelli: «Ora possiamo dire che questa malattia è legata temporalmente al Coronavirus»

Uno degli esperti italiani che parteciperà all’incontro è Angelo Ravelli, pediatra e direttore della Clinica di Reumatologia dell’Ospedale Gaslini di Genova. Sarà lui a presentare i dati dell’Italia, uno dei territori in cui si sono registrati più casi di Malattia di Kawasaki.

Prima di dire che esiste una causalità netta tra Coronavirus e Malattia di Kawasaki occorrono ancora dati e analisi, ma l’idea su cui stanno lavorando gli esperti ora è proprio questa. «Ci sono forti sospetti che il Coronavirus c’entri qualcosa con queste patologie e cioè che questo virus le abbia innescate, almeno in un certo numero di casi».

Attualmente è possibile sostenere solo che esista un legame temporale tra questa sindrome e Coronavirus: mentre la pandemia investiva il mondo, i casi sono stati registrati simultaneamente in Italia e altri Paesi Europei, e negli Stati Uniti, soprattutto sulla costa Nord Est. E, come spiega Ravelli, dove l’epidemia di Covid-19 è in ritirata si registrano anche meno casi di Malattia di Kawasaki.

I 157 casi dello Stato di New York

«The more we look, the more we find it». «Più lo cerchiamo, più lo troviamo». Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha introdotto così la conferenza stampa sull’esisto delle ricerche che sono in corso sui 157 casi di patologie simile alla Malattia di Kawasaki già trovati nello Stato. Casi che negli ultimi 9 giorni sono aumentati del 53%.

Negli Stati Uniti l’attenzione su questa sindrome sta diventando molto alta, soprattutto dopo che sembrerebbe collegata alla morte di tre pazienti, rispettivamente di 5, 7 e 18 anni. Anche se i medici hanno specificato che non è ancora sicuro si tratti di Malattia di Kawasaki. Al momento i sintomi sono molti simili ma questa patologia potrebbe non essere classificata nello stesso modo.

Epa/Justin Lane | Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo

I giornalisti Joseph Goldstein and Jesse McKinley hanno pubblicato un reportage sul New York Times in cui raccontano come un team di oltre 30 esperti di varie discipline mediche stia analizzando tutti questi casi per cercare di capire esattamente di che malattia si tratti.

Il lavoro è frenetico, come spiega spiega il dottor Howard A. Zucker, uno dei medici coinvolti in questa ricerca: «Stiamo esaminando tutto il possibile – terapie, diagnosi, quadro clinico – e stiamo provando a mettere tutto insieme. C’è una cosa che ti tiene sveglio la notte. È la preoccupazione che magari fra sei mesi ci accorgeremo di qualcosa che ci farà dire “Come mai non abbiamo pensato a quella terapia?».

Lo studio dei pediatri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo

Quello che sta succedendo negli Stati Uniti non è lontano da quello che i pediatri italiani hanno già visto a Bergamo. In questo territorio, uno dei più colpiti dal Coronavirus in Italia, si sono registrati dieci casi di sospetta Malattia di Kawasaki n 61 giorni. Pochi, in assoluto. Eppure, se si guarda lo storico, si vede come negli ultimi cinque anni la media dei casi registrati per questa patologia nello stesso territorio sia di quattro all’anno. Considerando che il 2020 non è nemmeno a metà, questi dieci casi registrati tra il 18 febbraio e il 20 aprile rappresentano sicuramente un’impennata.

Ansa/Tiziano Manzoni | L’ingresso del Pronto Soccorso dell’ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII

Ad analizzare questa curva è stato un gruppo di pediatri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo che negli scorsi giorni ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Lancet. Anche da questo paper, esattamente come dalle ricerche statunitensi, si legge che la patologia analizzata è simile alla Malattia di Kawasaki ma non è detto che sia la stessa. Rispetto alla malattia descritta dal pediatra giapponese Tomisaku, quella trovata nei bambini che vivono in territori molto colpiti dal Coronavirus avrebbe sintomi più gravi e soprattutto maggiori complicanze a livello cardiaco.

Otto dei dieci pazienti analizzati in questo studio sono risultati positivi anche al Coronavirus. Gli autori però ipotizzano che gli altri due siano dei falsi negativi, dei pazienti in cui il test del Covid-19 non abbia funzionato. Fra proche ore i casi di Bergamo e quelli di New York saranno analizzati attorno allo stesso tavolo organizzato dal Boston Children’s Hospital, per capire se questa epidemia di Coronavirus nasconde ancora lati che non conosciamo.

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