Il Ceo di Twitter sulle minacce di Trump: «Continueremo a segnalare le informazioni errate». Ma Zuckerberg lo attacca

Lo scontro tra Jack Dorsey e il presidente americano è nato dopo che l’azienda californiana aveva etichettato due tweet di Trump come «potenzialmente fuorvianti»

«Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale». In un nuovo breve thread sul social media, il Ceo di Twitter Jack Dorsey tiene testa a Donald Trump che dopo le minacce di chiusura oggi dovrebbe firmare un ordine esecutivo sui social media. Ieri, 27 maggio, il presidente americano aveva accusato l’azienda di agire in modo imparziale nei confronti dei conservatori, minacciando contromisure dopo che, in linea con le sue politiche di fact-checking, l’azienda californiana avesse etichettato due suoi tweet, in cui attaccava il governatore democratico della California Gavin Newsom per l’invio di schede a milioni di cittadini, «potenzialmente fuorvianti».


Le minacce di Trump e la risposta di Dorsey

Si è trattato del primo avviso per Trump da quando, a giugno dell’anno scorso Twitter decise di segnalare con un’etichetta i tweet di leader politici che «incitano all’odio» e «inquinano il dibattito politico». Nel giustificare la sua scelta la compagnia di Dorsey ha spiegato che il tweet di Donald Trump rischiava di «fornire informazioni confuse sul sistema di voto americano ed è stato etichettato per dare contesto e informazioni aggiuntive».


Il presidente non ha gradito, rispondendo che avrebbe fatto «dei regolamenti oppure li chiudiamo, perché non possiamo permettere che questo accada». «Abbiamo visto cosa hanno cercato di fare, e non è riuscito loro, nel 2016 – ha aggiunto il presidente, con un riferimento fuorviante alle scorse elezioni presidenziali – Non possiamo permettere che ciò accada di nuovo, in maniera più sofisticata. Proprio come non possiamo permettere che elezioni per posta mettano radici nel Paese».  

La Casa Bianca ha successivamente precisato che l’ordine esecutivo di Trump sarà firmato giovedì provocando una reazione anche da parte di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook: «Credo fortemente che Facebook non debba essere l’arbitro della verità di tutto ciò che la gente dice online», ha detto in un’intervista a Fox News che sarà diffusa integralmente oggi. «In generale le società private, specialmente queste piattaforme, probabilmente non dovrebbero essere nella posizione di farlo».

Dorsey ha sentito l’esigenza di prendere le difese dei suoi dipendenti su Twitter: «Verifica dei fatti: c’è qualcuno responsabile delle nostre azioni come azienda, e sono io – ha risposto.- Si prega di lasciare i nostri dipendenti fuori da questo». Dopo aver difeso la scelta della società di «segnalare informazioni sbagliate», Dorsey ha concluso su una nota di umiltà: «Questo non ci rende un “arbitro della verità”. La nostra intenzione è quella di collegare i punti delle dichiarazioni contrastanti e mostrare le informazioni in controversia in modo che le persone possano giudicare da sole. Una maggiore trasparenza da parte nostra è fondamentale in modo che la gente possa vedere chiaramente il perché dietro le nostre azioni».

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