Cassa integrazione agli sgoccioli e licenziamenti vietati: per i lavoratori il rischio di rimanere senza stipendio e senza Naspi – L’intervento

La cassa integrazione Covid è finita o sta finendo, ma fino al 17 agosto le imprese non si possono ristrutturare: una miscela esplosiva da disinnescare presto

Gli ammortizzatori sociali d’emergenza introdotti dal Decreto Cura Italia e perfezionati dal Decreto Rilancio hanno un grande pregio (spettano a tutti i datori di lavoro, salvo pochissime eccezioni), ma scontano un limite importante: non possono durare più di 14 settimane. Questo vuol dire che le aziende che hanno fatto ricorso a questi ammortizzatori sin dal primo giorno possibile (il 23 febbraio scorso) hanno finito proprio in questi giorni la possibilità di usarli; poche aziende sono state cosi tempestive, ma la valanga sta per arrivare, in quanto una fetta importante del sistema economico ha utilizzato la cassa integrazione dai primi marzo.


Quando sarà finita la possibilità di usare la cassa, cosa accadrà ai lavoratori? Gli scenari saranno diversi. Le imprese che avranno ripreso la propria attività senza particolari problemi, potranno ovviamente riprendere a far lavorare (e pagare) regolarmente i dipendenti. Diversa la situazione di quelle aziende che potranno riprendere solo in parte l’attività: per questi operatori economici, si porrà il problema di gestire gli esuberi di personale.


In una situazione normale, tale problema sarebbe gestibile con un licenziamento collettivo, che è un trauma per il dipendente ma offre anche l’accesso, per un periodo massimo di 2 anni, al trattamento di disoccupazione (Naspi), oltre ai servizi di politica attiva del lavoro. In una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo, i licenziamenti sono vietati fino al 17 agosto (divieto fissato dal Decreto Cura Italia) con la conseguenza che le imprese dovranno decidere se pagare i lavoratori in esubero anche senza utilizzarli, oppure collocarli in aspettativa senza pagare la retribuzione (a meno che non possano utilizzare gli ammortizzatori sociali ordinari, ipotesi molto complessa e valida solo per alcuni).

La scelta di tenere a casa i dipendenti senza pagare lo stipendio in una situazione normale non sarebbe lecita ma, come appena detto, siamo in una situazione eccezionale: di fronte al divieto di licenziamento e alla mancanza di ammortizzatori sociali, un datore di lavoro decimato dall’emergenza sanitaria potrebbe avere qualche solido argomento giuridico per andare in questa direzione.

La “protezione” offerta dal divieto di licenziamento finirebbe per creare un danno proprio ai lavoratori che vuole tutelare, in quanto questi non potrebbero accedere alla Naspi pur essendo privati dello stipendio.
Una situazione di questo tipo può diventare esplosiva e può essere disinnescata solo in un modo: gli ammortizzatori sociali e il divieto di licenziamento devono avere scadenza lo stesso giorno. Sperando che, la mattina dopo questa scadenza, il sistema economico e produttivo sia capace di riassorbire almeno in parte le migliaia e migliaia di posti di lavoro che, al momento, sembrano essere stati spazzati via dal Covid 19.

Immagine copertina: Pixabay

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