Inchiesta camici Lombardia, verifiche sul ruolo del governatore Fontana (che non è indagato)

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana, già nelle scorse settimane, ha detto di essere del tutto estraneo alla vicenda

Emergono nuovi elementi sull’inchiesta della Procura di Milano relativa alla fornitura di camici e altro materiale, per un valore di 513mila euro, da parte della società “Dama” – di proprietà del cognato di Attilio Fontana e di cui la moglie del governatore lombardo detiene una quota – durante l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Nel registro degli indagati, per ora, ci sono il cognato di Fontana, Andrea Dini, e il dg di “Aria Spa”, la centrale acquisti della Regione Lombardia, Filippo Bongiovanni. Ma gli inquirenti vogliono vederci chiaro anche su Fontana. Che ruolo ha avuto? Secondo i magistrati, infatti, quell’offerta, da parte di “Dama”, non sarebbe stata una semplice donazione ma una vera e propria fornitura. L’accusa è di turbativa d’asta.


Il ruolo di Fontana

Sarebbe emerso dunque anche un interessamento del governatore Attilio Fontana nella fase di trasformazione dell’ordine di acquisto diretto in donazione. Per questo motivo si inizia a parlare di presunto ruolo attivo del presidente della Regione Lombardia che, al momento, non risulta indagato. Fontana si è sempre detto totalmente estraneo ai fatti.


L’indagine

Ora si scopre che dei 75 mila camici della fornitura, ben 50 mila sarebbero stati messi a disposizione proprio da “Aria”, come donazione da parte di “Dama”, società del cognato di Fontana. La stessa che, dopo il 20 maggio, quando avvenne la trasformazione da fornitura in donazione, avrebbe tentato di rivendere i restanti 25 mila camici. Donazione che, formalmente, non si sarebbe conclusa. Sarebbe stato l’assessore lombardo all’Ambiente Raffaele Cattaneo, responsabile dell’unità regionale per il reperimento di mascherine e altri dispositivi, invece, a consigliare ad “Aria”, la centrale acquisti regionale, la società “Dama”. Cattaneo – è doveroso ricordarlo – non è indagato: sentito ieri dai magistrati, sarebbe stato al corrente che si trattava di una fornitura e che la società era legata alla famiglia del governatore della Lombardia.

Foto in copertina: ANSA / MATTEO BAZZI

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