Di Maio spiega il suo sì all’alleanza con il Pd: «Per il M5s inizia un percorso nuovo. Insieme anche alle comunali del 2021»

In un’intervista a La Stampa, l’ex capo politico del M5s spiega perché sulle alleanze a livello regionale ha cambiato idea e non esclude di presentare candidati comuni con il Pd anche alle comunali del 2021

Era ottobre 2019, l’indomani del voto in Umbria, quando Luigi Di Maio seppelliva, sembrava per sempre, l’alleanza con il Pd: «Era un esperimento. Non ha funzionato. Tutta la teoria per cui si diceva che se ci fossimo alleati con un’altra forza politica saremmo stati un’alternativa non ha funzionato». È passato poco meno di un anno e tutto è radicalmente cambiato: Rousseau ha detto sì al mandato zero, cade in sostanza in limite dei due mandati, e sì anche alle alleanze con il Pd, con l’endorsement proprio dell’ex capo politico del M5s. Cosa ha fatto cambiare idea al ministro? Lo spiega lui stesso in un’intervista a La Stampa.


«Si è aperto un percorso sulla base di un lavoro che stiamo portando avanti al governo centrale», dice Di Maio. E apre alle alleanze sia alle prossime amministrative di settembre che alle comunali del 2021: «Spero ci possa essere un’intesa complessiva». «L’immobilismo giova alla conservazione, la alimenta e se ne alimenta», afferma citando Pietro Nenni. «L’attesa è corrosiva per una democrazia parlamentare». Al giornalista che lo incalza ricordando quando il M5s definiva il Pd «il partito di Bibbiano», Di Maio risponde: «Non riuscirà a provocarmi. Contano i fatti, quel che si porta a casa per i cittadini e conta la volontà di voler continuare a incidere».


Glissa sulla domanda se a convincerlo a dire sì al Pd sia stato il pressing di Beppe Grillo, da sempre sostenitore dell’alleanza con il partito di Zingaretti. Di Maio, poi, ribadisce il suo appoggio alla ricandidatura di Virginia Raggi, nonostante il no di Zingaretti alla sindaca di Roma. «Il terzo mandato significa che siete diventati casta?», chiede il giornalista. Di Maio risponde: «La casta sono i furbetti del bonus (“furbetti” tra cui figura anche un deputato del M5s ndr) che poi scaricano la colpa sui commercialisti, sono quelli che impugnano l’abolizione dei vitalizi, mentre l’Italia vive una crisi senza precedenti».

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