La Lombardia torna ad avere paura: 600 medici chiedono più interventi. L’unità di crisi: «La prevenzione è l’unica arma. Milano ha i guai maggiori»

Non è solo il virus che ha cominciato a circolare nuovamente, la paura è data anche dall’abbassamento dell’età media dei contagiati

Solo ieri la Lombardia registrava +1.080 nuovi positivi, trainando di fatto – secondo i dati diffusi dalla Protezione civile – la classifica delle Regioni più colpite dai nuovi contagi. La paura di tornare alla situazione di marzo e aprile è tanta. Di tutto il territorio lombardo è Milano la città più sofferente. Quella che, secondo Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di rianimazione del Policlinico e coordinatore delle terapie intensive nell’Unità di crisi della Regione Lombardia per l’emergenza Coronavirus, «oggi ha i guai maggiori. Sei mesi fa la metropoli è stata risparmiata da quello che è accaduto a Bergamo», ha detto in un’intervista al Corriere della Sera.


Ma quello scenario «sarebbe un gravissimo problema sanitario perché allora per curare i malati gravi di Covid (a Bergamo, Brescia e Lodi) abbiamo usato tutte le terapie intensive regionali». «Al momento non conosciamo il reale numero degli infetti, e questi dati non ce li può dare nessuno, nonostante tracciamenti e tamponi – osserva – si tratta di stime; le uniche armi efficaci sono preventive: distanziamento sociale e mascherina. Se verranno prese le decisioni giuste siamo ancora in grado di contenere la curva dei contagi». Nelle prossime settimane il Comitato scientifico lombardo dovrebbe occuparsi di «individuare e trattare il maggior numero possibile di focolai che si concentrano ora nelle famiglie; in più dobbiamo evitare in ogni modo di sovraccaricare gli ospedali», ha spiegato Pesenti.


L’appello dei medici

Perché ciò che è accaduto in passato non si ripeta, quasi 600 operatori sanitari, principalmente di Bergamo ma anche del resto della Lombardia, hanno firmato un appello da inviare alle istituzioni per manifestare i propri timori per la seconda ondata di Covid. «Lo scenario prevedibile sarà caratterizzato da un notevole aumento di richieste di prestazioni e di azioni sanitarie. Il rischio è che l’intero Sistema venga messo ancora una volta sotto stress estremo, ritardando la cura di altre patologie», scrivono i medici.

I sanitari sono convinti che «per arrivare ad una gestione efficace e ordinata degli eventi non può bastare la sola disciplina della popolazione, che ci ha consentito di uscire dalla fase di crisi e di immaginare una nuova normalità, ma serve una coordinata e lungimirante risposta delle istituzioni preposte, quella messa in campo sinora non è sufficiente». Per questo chiedono interventi per ridurre il rischio contagio dentro gli ospedali.

Contagi, com’è cambiato lo scenario

Da più parti la scienza è concorde su un fatto: il contagio da Coronavirus ha subìto un’inversione di tendenza. Se nella prima fase della pandemia, quella di marzo e di aprile scorso, i più colpiti erano senza dubbio gli over 70, a settembre il maggior numero di casi in Lombardia si è registrato tra i ventenni: 1.231 contro i 314 malati tra i 70 e i 79 anni, o i 188 ottantenni. Ma c’è di più: il tasso di contagio tra ventenni e trentenni, sempre durante il mese di settembre, è salito a 124 positivi ogni 100mila abitanti. Tra quarantenni e cinquantenni è la metà.

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