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Dpcm, neanche le scuole superiori ci stanno: «L’ingresso dopo le 9 non può essere imposto dall’alto»

20 Ottobre 2020 - 07:30 Riccardo Liberatore
Sindacati, studenti e associazioni di categoria sono d’accordo nel dire che la difficoltà non è tanto nell’organizzazione della didattica, quanto nei trasporti

Se con il nuovo Dpcm di domenica Giuseppe Conte ha affidato ai sindaci – o scaricato a seconda dei punti di vista – il compito di introdurre nuove norme “anti-movida” nelle città, il premier sembrava aprire alla possibilità che presto il governo avrebbe provveduto a introdurre nuove regole per la scuola, incrementando l’utilizzo della didattica digitale integrata, scaglionando gli ingressi e posticipandoli dopo le ore 9,00. Anche in questo caso, però, la proposta del governo non è stata accolta con entusiasmo.

Per cercare di trovare una soluzione ieri sera, 19 ottobre, ha avuto luogo un incontro al ministero dell’Istruzione con i sindacati e altri organi di rappresentanza. Iniziato alle 17.30 si è concluso dopo circa un’ora. Più che una soluzione, è stata trovata una tregua grazie alla rassicurazione da parte del ministero che le misure a cui il dpcm accenna non verranno imposte unilateralmente, dall’alto.

Come ha spiegato a Open il presidente dell’Associazione nazionale dei Presidi Antonello Giannelli, dovranno essere le scuole insieme alle autorità locali a segnalare (eventualmente) i casi critici prima di riprogrammare la didattica e rivedere le regole d’ingresso nelle scuole superiori. Insomma, si tratta di un processo lungo e gli studenti non vedranno nell’immediato un cambiamento radicale nella loro routine.

Per proteggere la scuola servono più autobus

In realtà, esistono già scuole che hanno introdotto l’ingresso a scaglioni dopo le 9. È il caso del liceo linguistico Giovanni Falcone, a Bergamo. In questo caso, il nuovo regime lascia qualcosa a desiderare, nonostante l’impegno della preside e del corpo docenti.

Come racconta a Open un rappresentate degli studenti del liceo Falcone, Damjan Milinkovic, che chiede «più ascolto dagli ufficio dell’Atp», il problema riguarda il trasporto pubblico. Il numero dei pullman non è sufficiente per garantire non soltanto il distanziamento fisico ma anche un numero adeguato di collegamenti negli orari che non sono di punta. «La nostra scuola è divisa in tre sedi – racconta Damjan – due sono su un crocevia, mentre la terza è in pieno centro. Siamo circa 1.600 studenti, e non è facile trasportarli tutti. Se ci sono così tanti studenti in altre scuole, anche diversificando gli orari di entrata, non sarà facile scaglionare gli ingressi, anche perché i pullman non passano abbastanza spesso».

Tobia Sertori (FLC Cgil) ribadisce che il problema non è tanto negli ingressi scaglionati, quanto nell’obbligo – che dopo la riunione non appare più essere tale – di far entrare gli studenti dopo le 9, così da alleggerire il traffico. Il nodo da sciogliere, insomma, sono i trasporti e in questo caso, la soluzione appare ancora lontana. Era possibile pensarci prima, durante l’estate? Il presidente dell’Associazione presidi dice di sì. «Mentre il sistema scuola bene o male si è interrogato sul da farsi e sono state prese delle decisioni, devo registrare che sul fronte di trasporto non si è fatto nulla – dichiara Giannelli -, e questo mi lascia un po’ stupito, perché si sapeva benissimo che sarebbe stata una difficoltà […] Sono passati 6 mesi da quando il Cts ha detto che bisognava intervenire anche sul sistema dei trasporti. E dobbiamo dire che non è stato fatto nulla».

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