«Via i telefoni!». Minacce e spranghe alle proteste di Milano. Il racconto di un 24enne: «Sembrava una marcia pacifica, poi ci sono arrivati alle spalle…»

di Valerio Berra

Dopo gli scontri del 26 ottobre a Milano sono state denunciate 28 persone. Di questi 13 sono minorenni

Milano, 26 ottobre. Sera. Un ragazzo, giubbotto blu e occhiale da sole nonostante l’autunno, sta riprendendo la folla in marcia verso il Palazzo della Regione per la protesta sulle restrizioni nell’emergenza Coronavirus. È una diretta, su Instagram. «Guardate, guardate. Tutte le attività…». Un colpo secco. Lo schermo diventa nero. Si sente qualcuno urlare, sempre più forte: «Via il telefono, via il telefono!». Quello che i follower attaccati alla diretta non vedono sono altri due ragazzi, giovanissimi. Uno con una spranga in mano, l’altro con un cono stradale. Hanno spinto il ragazzo che stava trasmettendo le immagini al muro e mentre le fiumana scorre accanto a loro gli fanno capire che non è il caso di fare foto.


Nessuna furia iconoclasta. Dopo le manifestazioni violente spesso gli inquirenti cercano di identificare i partecipanti attraverso i video e le foto pubblicati sui social. Basta poco. Un tatuaggio, una felpa già usata in un’altra occasione o qualsiasi altro dettaglio che sfugga al dress-code total black dei professionisti degli scontri. Antonino Altomonte, il ragazzo che è stato attaccato alle spalle per la sua diretta Instagram, tutto questo non lo sapeva. E non sapeva nulla nemmeno del corteo: si era unito credendo fosse una marcia di persone che avevano perso il lavoro dopo l’ultimo Dpcm. Esattamente come questa manifestazione è stata venduta.


«Non me l’aspettavo. Sono arrivati da dietro»

Antonino è un ballerino. Ha 24 anni e un buon seguito sui social, dove di solito pubblica foto e video mentre prova delle coreografie. Lavora molto con gli eventi e con progetti legati ai bambini e alle scuole. Tutte cose difficili da portare avanti con le nuove restrizioni. Per questo, quando ha sentito che era stata organizzata una manifestazione per protestare contro le ultime scelte del Governo, ha pensato di unirsi: «Ero con una mia amica, una vecchia conoscenza delle scuole elementari. Abbiamo saputo del corteo quasi per caso, all’inizio sembrava una marcia pacifica poi si è evoluta in qualcosa di completamente diverso».

Quando lo hanno minacciato, Antonino, spalle larghe e muscoli che escono dalla maglietta, non si è scomposto: «Non me l’aspettavo. Sono arrivati da dietro ma non mi sono spaventato troppo. Ero più preoccupato di trovare il telefono. Poi ho incontrato un po’ di ragazzi che mi hanno dato una mano». Quando gli scontri sono degenerati si è staccato dal corteo. È rimasto a distanza a vedere cosa stava succedendo: «Non sono d’accordo con quello che è stato deciso dal Governo. Dobbiamo farci sentire ma questo non è il modo giusto».

Voi chi?

Per quella manifestazione a Milano sono state denunciate 28 persone. Due sono state fermate la sera stessa. Quando il corteo è arrivato davanti al Palazzo della Regione sono arrivati anche gli scontri più duri con i reparti mobili della Polizia di Stato. Petardi, sassi e lacrimogeni. Dalle prime indagini sembra che molti dei ragazzi coinvolti siano minorenni. Alcuni provengono dagli ambienti di estrema destra, altri dalle curve di Inter e Milan. Nulla a che fare professionisti che hanno perso il lavoro durante la pandemia.

Che ci fosse qualcosa di poco spontaneo era chiaro già dai primi passi della manifestazione. Da quando, prima delle 21, una folla di ragazzi vestiti di nero ha cominciato ad occupare corso Buenos Aires. Dal fondo del corteo l’organizzazione era ancora più evidente. Mentre alcuni manifestanti scaraventavano a terra le fioriere e i tavoli disposti lungo la strada, altri cercavano di risistemare i danni a bar e negozi. «Siamo con i commercianti», ricorda urlando una ragazza. Anche se dietro quel «noi» non si capisce chi ci sia. «Non so nulla, passavo di qui», ci spiega mentre con un’amica alza un motorino da terra.

Il grosso del corteo si è sciolto dopo l’arrivo a Palazzo Regione. Quando il fumo dei lacrimogeni ha investito la folla, chi si era trovato lì per caso ha capito che era il momento giusto per andarsene. C’è però chi è rimasto fino alla fine, anche quando i reparti della Celere hanno cominciato a muoversi. «Facciamo quadrato e muoviamoci contro di loro», urlava un ragazzo. «Non scappate! Ricordiamoci chi siamo». Esatto. Chi siete?

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