8 mesi di pandemia, 10 mila pagine di provvedimenti: il grande ritorno della burocrazia italiana nell’era Covid

Il diritto dell’emergenza è al collasso ed è la fotografia del sistema giuridico italiano: centinaia di leggi, documenti, faq e atti amministrativi in lotta tra di loro

In 8 mesi di emergenza sanitaria, nella regolamentazione del mercato del lavoro, sono stati pubblicati più di diecimila pagine di provvedimenti racchiusi in circa 250 documenti ufficiali. Dalla fotografia normativa e dalla prassi di riferimento prodotta dagli enti competenti per fronte dell’emergenza sanitaria da Coronavirus emerge un quadro confuso per farraginosità e complicazione. Un mosaico impietoso per i cittadini e per tutti gli operatori del diritto e addetti ai lavori che si trovano di fronte ad una confusione normativa in un momento dove chiarezza e semplicità sarebbero necessarie per attenuare le conseguenze negative dell’emergenza sull’economia e l’occupazione.


Non è possibile, infatti, chiedere al cittadino e alle imprese di districarsi nel groviglio di commi e rimandi contenuti nei diversi Dpcm, decreti legge, leggi di conversione, ordinanze regionali, ordinanze comunali, circolari che si sono succeduti dai primi di marzo ad oggi. La proliferazione di regole e leggi ha creato un sistema giuridico fin troppo complesso, con disposizioni non coordinate e addirittura sovrapposte senza alcuna ragione logica e giuridica. La conseguenza è l’avvicendarsi di continui interventi interpretativi da parte delle autorità competenti per colmare le lacune normative, ma a volte la pezza è peggio del buco, come accaduto con la cassa integrazione in deroga e le diverse interpretazioni fornite dalla circolare Inps e gli accordi quadro delle Regioni.


Un esempio della folle moltiplicazione delle norme riguarda lo smart working e il congedo parentale nelle ipotesi di quarantena dei figli dei lavoratori dipendenti. Il lavoro agile (meglio, il lavoro casalingo) è stato la rivoluzione dell’emergenza epidemiologica per aziende e lavoratori. Dai DPCM ai decreti legge, il Governo ha cercato di utilizzare questa modalità di lavoro per garantire la sicurezza dei lavoratori evitando gli spostamenti e tutelando quindi la salute dei cittadini.

Su questo, negli ultimi 60 giorni sono state approvate diverse norme e la conseguenza è che oggi risultano in vigore sullo stesso tema due norme, l’art. 5, D.L. 111/2020 (il decreto legge emanato per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19) e l’art. 21 bis-ter, L. 126/2020 (la legge di conversione del decreto agosto che riporta la medesima norma, con l’unica aggiunta del «caso di figli di età compresa tra i quattordici e i sedici anni, (ove) i genitori hanno diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto». 

Il legislatore dovrebbe quindi intervenire, in sede di conversione del DL n. 111/2020, abrogando la norma (re)introdotta con la conversione del DL Agosto. Mai come ora abbiamo bisogno di regole semplici, provenienti da fonti solide e che siano comprensibili da tutti, per evitare il collasso del diritto dell’emergenza. Un testo unico con la finalità sia di dare un quadro univoco delle regole, sia di assicurare la chiarezza delle regole.

Immagine di copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco per Open

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