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Coronavirus, i numeri in chiaro. La fisica Paolotti: «Numero di morti inaccettabile. Gli effetti delle riaperture? Si vedranno subito dopo Natale»

22 Dicembre 2020 - 21:14 Maria Pia Mazza
Per la la ricercatrice della Fondazione Isi di Torino l’Italia è ora in una fase di «ristagno». Ma a preoccupare è il numero di decessi, che torna a crescere, anche per i ritardi nelle decisioni sulle feste

Sono +13.318 i nuovi casi di Coronavirus registrati oggi in Italia, con +166.205 test elaborati. Un numero di tamponi quasi raddoppiato rispetto agli 87.889 elaborati nella giornata di ieri, 21 dicembre. Sebbene la pressione ospedaliera continui a essere in costante diminuzione, il numero dei decessi è tornato a crescere: sono infatti 628 le vittime Covid-19 registrate nelle ultime 24 ore. Un numero di persone morte che continua a essere «inaccettabilmente alto», come ribadito a Open dalla dottoressa Daniela Paolotti, ricercatrice alla Fondazione Isi di Torino.

Dottoressa Paolotti, dopo alcuni giorni di stallo, i numeri odierni restituiscono una fotografia meno incoraggiante. Quali elementi potrebbero aver influito?

«Oggi registriamo una sorta di conguaglio, perché nei giorni passati i dati sono stati sospettosamente bassi, sia per numero di decessi, sia per il numero di nuovi casi. Infatti oggi tutti i parametri sono nuovamente aumentati. Anche i tamponi però, per fortuna, son quasi raddoppiati rispetto a ieri, quando erano circa 80.000. Nelle settimane scorse si erano superati anche i 200.000 test elaborati». 

C’è stata una diminuzione nei test nel corso degli ultimi giorni, ma il rapporto positivi-tamponi è comunque stabile o in lenta diminuzione. È un buon segno, no?

«Sì, c’è stata una decrescita stabile dei tamponi da 4 settimane a questa parte. Questo ha portato a una ovvia diminuzione dei casi registrati, che però sono fortunatamente decresciuti in modo più veloce dei tamponi. La diminuzione dei nuovi casi si vede, ma siamo comunque in una situazione di “ristagno”. Il problema resta l’alto numero di decessi». 

Il numero così alto di decessi non è però anomalo, per certi versi, al netto della costante diminuzione delle ospedalizzazioni?

«Sì, ma c’è ancora gran confusione su questi dati, perché nei giorni scorsi è emerso che molte regioni riportano questi numeri con alcuni giorni di ritardo. Adesso ci si aspetta un nuovo aumento nei prossimi giorni, anche al netto delle festività in mezzo. Il numero dei decessi resta comunque inaccettabilmente alto e non si sa quanti avvengano in ospedale, da pazienti in strutture non sanitarie o a casa. È ipotizzabile che i numeri negativi dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive siano conseguenza della morte dei pazienti ricoverati, ma non essendoci dati disgregati in tal senso non possiamo esserne certi». 

Le misure restrittive sembrano quindi aver avuto un impatto contenitivo, ma le riaperture hanno aperto la strada alla circolazione del virus. Iniziano già a emergere i primi segnali?

«Sicuramente le riaperture delle ultime due settimane, e in particolare dell’ultima settimana, non porteranno buone notizie. L’unica speranza è che siccome durante le vacanze di Natale le scuole chiudono, alcuni uffici chiudono, i mezzi pubblici sono meno affollati, si spera che questo compensi un poco l’assalto allo shopping che abbiamo visto nelle settimane passate». 

Gli effetti delle riaperture potrebbero quindi iniziare a emergere già tra Natale e l’inizio dell’anno nuovo?

«Dire cosa succederà nelle prossime settimane e a inizio gennaio è abbastanza complicato, ma sicuramente vedremo i numeri risalire. L’incognita è con quale velocità torneranno a crescere e con che portata. Tra una settimana o poco più vedremo però i primi effetti della zona gialla in tutta Italia». 

C’è poi il caso Veneto, che è sempre rimasto in zona gialla, ma continua a vedere il numero dei nuovi casi non arrestarsi. Potrebbe essere un effetto del mancato passaggio a misure più restrittive?

«Il Veneto sta in parte pagando le misure restrittive che non sono state prese. Non si è osservata nessuna variazione nel trend dell’epidemia che ha continuato a crescere praticamente in modo indisturbato. Una sorta di rilassamento simile si è registrato nel Lazio, che è rimasto sempre in zona gialla. Nel mezzo, nelle regioni con maggiore numero di attualmente positivi, c’è poi la Campania, che però è stata zona rossa e arancione e continua a portar con sé alcuni strascichi antecedenti al periodo delle restrizioni più dure». 

La mutazione del virus isolata nel Regno Unito ha scombussolato un po’ gli animi, ma non le sembra che manchino sufficienti dati per poterne constatare l’effettiva incidenza e portata?

«Da quando è stato isolato il virus ci sono state decine di mutazioni. Questa variante isolata nel Regno Unito sembrerebbe essere un po’ più preoccupante perché nel Sud-Est del Paese si è registrato un aumento molto importante di casi in un lasso di tempo molto breve. Non è ancora chiaro se questo sia dovuto al fatto che questa mutazione abbia favorito il contagio più della variante prevalentemente circolante: serviranno tempo e ulteriori test per confermarlo». 

Le mutazioni, poi, fanno naturalmente parte della vita dei virus. C’è bisogno di preoccuparsi per l’efficacia dei vaccini? 

«Il vaccino si basa su più componenti del materiale virale quindi questa variazione non dovrebbe comportare problemi. Se il virus dovesse cominciare a variare velocemente e tantissimo in modo da rendere il vaccino inefficace ci vorrebbero comunque anni, perché il vaccino è “ridondante”. È come se uno avesse una porta con 35 serrature per aprirla e relative chiavi. Se ne perdo una, me ne restano comunque 34 per poterla aprire. Le mutazioni fanno parte della vita naturale di un virus: i virus mutano costantemente, tant’è che ogni anno molti vaccini vanno ricalibrati affinché siano efficaci. Resta da capire l’impatto di questa mutazione a livello epidemiologico, ma non è il caso comunque di allarmarsi».

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