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Cangini (Forza Italia): «Conte irresponsabile: sta lavorando per andare alle elezioni, non saremo noi a salvarlo» – L’intervista

12 Gennaio 2021 - 14:40 Felice Florio
Per il senatore, capogruppo nella Commissione Istruzione pubblica, dietro la crisi di governo c’è l’obiettivo di Renzi di «far fuori Conte»: «Responsabili? Noi non ci stiamo, discutiamo di un governo che coinvolga tutti»

Messaggi, telefonate, incontri nei palazzi del potere e nelle residenze private: sono ore concitate per i parlamentari, convogliati in massa a Roma per seguire gli sviluppi dell’annunciata crisi di governo. E per cercare un accordo che vada bene a tutti, scongiurando la fine anticipata della legislatura. Il solo protagonista di questa vicenda che spingerebbe per le elezioni anticipate sarebbe proprio il presidente del Consiglio: «Conte, per salvarsi, deve andare al voto e capitalizzare la popolarità acquisita con la pandemia. Non solo Italia Viva, ma anche gli altri partiti di maggioranza – 5 stelle esclusi – non lo sostengono più».

E’ la lettura dell’attuale crisi politica che consegna ad Open il senatore di Forza Italia Andrea Cangini. «Molti se lo sono dimenticati, ma prima che scoppiasse la pandemia, il governo Conte II stava già cadendo. Poi l’emergenza ha cristallizzato la permanenza del presidente del Consiglio a Palazzo Chigi. Di fatto, però, stiamo parlando di un governo che non è mai nato. E che, purtroppo, non ha mai governato». Cangini sottolinea come le fratture interne alla maggioranza siano costitutive dell’alleanza tra Movimento 5 stelle, Partito democratico, Italia Viva e Liberi e uguali. «E seppure non cadesse oggi, è un esecutivo destinato a implodere nei prossimi mesi».

Cangini, lei e altri senatori di Forza Italia siete stati cercati dal governo per sondare la disponibilità a sostenere l’esecutivo con un voto di fiducia, nel caso in cui Italia Viva dovesse sfilarsi dall’esecutivo?

«Immagino che ci siano state delle interlocuzioni. Personalmente, questa mattina ho ricevuto un messaggio su Whatsapp da una personalità di spicco del Partito democratico che mi ha chiesto se ci fossero dieci senatori disponibili a partecipare a un progetto liberale di governo».

E cosa le ha risposto?

«Che manca un progetto liberale di governo. Non è possibile immaginare di sostenere un esecutivo retto in gran parte dai 5 stelle e da un Partito democratico ridotto in questo stato».

Insomma, non siete disposti a ricoprire il ruolo dei cosiddetti «responsabili».

«Tutto è in evoluzione. Ad ora, escludo senz’altro che si possa materializzare una componente di dieci senatori che si aggiunga all’attuale maggioranza. Non ci sono le condizioni».

Non la spaventa un possibile ritorno alle urne in piena emergenza Coronavirus?

«Negli Stati Uniti si è votato e non per questo è venuto giù il mondo. È chiaro che non è il momento migliore per andare a elezioni. Ma una delle causa della situazione drammatica attuale è proprio questo governo: è in clamoroso ritardo sul Piano di ripresa e resilienza. Il rapporto con l’Europa è in una fase primordiale. E la gestione della crisi sanitaria è stata fallimentare. Certo, non è nell’interesse del Paese andare a elezioni. Ma non è nemmeno nell’interesse del Paese avere un governo in stallo da quando è nato».

È un po’ quello che Renzi critica a Conte, l’immobilismo su temi fondamentali per la ripresa. Condivide, nel merito, le sue accuse al governo?

«La verità è che gli argomenti di Renzi sono tutti condivisibili. È chiaro, però, che si è mosso un po’ per interesse della sua parte politica, perché il suo partito non trova consensi nell’opinione pubblica, e un po’ perché Conte è il suo diretto competitor sulla scena politica. Se il presidente del Consiglio avesse accettato di guidare un Conte ter, il nuovo governo sarebbe caduto dopo sei mesi».

Parla come se l’ipotesi di un terzo esecutivo a guida Conte fosse già tramontata.

«È chiaro che l’obiettivo di Renzi è far fuori Conte. L’unico modo che Conte ha per salvarsi la vita politica è andare a elezioni e capitalizzare il consenso. Questo mi pare essere il suo fine adesso. Ed è la dimostrazione che Conte pensa a sé e non al Paese, altrimenti farebbe un passo indietro comprendendo che il problema, in questo momento, è lui».

Come mai?

«Perché accentrare tutto il potere su di sé per poi non utilizzarlo è stata una doppia assurdità che non funziona, a maggior ragione perché non è stato eletto. Se un premier non esercita il potere che gli è dato per amministrare, è chiaro che lo stesso esecutivo lo rigetta. Ricordo una scena drammatica, al Senato, quando Conte ha tenuto un intervento prima delle festività natalizie: lui parlava e, per tutto il tempo del discorso, non c’è stato un senatore del Pd, di Italia Viva e di Leu che l’abbia applaudito. Quale applauso è arrivato da una parte dei 5 stelle, ma niente più».

Perché Conte dovrebbe voler tornare alle urne quando potrebbe mantenere la presidenza del Consiglio tacciando gli altri di irresponsabilità se gli tolgono l’appoggio?

«Non è più seguito dalla sua maggioranza. Adesso spera di poter fare ciò che gli è riuscito con l’altro Matteo. Nell’estate del 2019, Salvini voleva andare alle urne e Conte riuscì a evitarlo imbastendo un nuovo esecutivo. Questo Matteo – Renzi, ndr – vuole metterlo in crisi dando per scontato che non si vada a elezioni. Conte sta lavorando affinché si vada a votare. Ed è triste, perché tutto ciò sta avvenendo mentre il Covid miete vittime, i ristori non arrivano e la crisi dilaga».

È tornato il Renzi rottamatore, quello dell’Enrico stai sereno?

«È la natura di Renzi. La differenza rispetto ad allora è che contro Conte gli argomenti politici sono giusti. Tutte le critiche mosse da Renzi sono fondate, non a caso sono le stesse cose che diciamo noi dell’opposizione. La differenza è che lui sta al governo. È una situazione drammatica, e Renzi lo sa: chiunque governerà nei prossimi anni, governerà sulle macerie. Quelle larghe intese con Mario Draghi che non si sono fatte oggi rischiano di essere fatte in un contesto persino più grave di quello che stiamo vivendo adesso».

Condividete tante cose con Renzi. Si può immaginare un polo centrista che si candidi a guidare il Paese nei prossimi anni o è fantapolitica?

«Fantapolitica, troppo precoce parlarne adesso. Però non nego che condivido la sua ostinazione sul Mes: non averlo attivato, di fatto, ha causato centinaia di morti. Se l’Italia avesse scelto di accedere a quella linea di credito che nulla ha a che vedere con il Mes della Grecia, avremmo iniziato a spendere quei soldi a giugno. Gli ospedali sarebbero stati più attrezzati per far fronte alla seconda ondata e ne avrebbe giovato la sanità territoriale, evitando migliaia di contagi avvenuti nei presidi ospedalieri. E avremmo risparmiato anche 300 milioni l’anno, perché il margine di interessi su quel debito è ancora vantaggiosa».

Perché non è stato utilizzato il Mes?

«Perché viviamo in un’epoca in cui la realtà non conta nulla, contano le narrazioni. Sul Mes, i 5 stelle e anche alcuni partiti dell’opposizione propinano agli italiani la balla colossale della perdita di sovranità».

Tornando alla crisi di governo, cosa succederà da questa sera, 12 gennaio 2021?

«Ci sono due strade. O si costituisce in parlamento una nuova maggioranza solida, ovvero ciò che chiede il Quirinale, su una base politica ben definita e un programma politico condiviso. Oppure si farà un governo di scopo che accompagni il Paese alle elezioni in primavera. Per far sì che si percorra la prima strada, tuttavia, non ci sono le condizioni al momento».

Forza Italia potrebbe far parte della nuova maggioranza?

«Ribadendo che al momento non ci sono le condizioni, ma sarebbe l’unica cosa che ci consentirebbe di avere un futuro: un governo sostenuto da tutti, che metta subito per iscritto un Piano di ripresa pensato per il mercato del lavoro che sta cambiando, e non fatto di assistenza e bonus. D’altronde, i soldi del Recovery Plan inizieranno ad arrivare dall’estate prossima, ma saranno erogati fino al 2026. Larga parte delle misure del Recovery Plan verranno utilizzate nella prossima legislatura, non in questa. A maggior ragione si sarebbero dovute coinvolgere subito le opposizioni, condividendo le scelte dell’esecutivo e non solo comunicandole. Chiunque avesse un minimo di sensibilità istituzionale e cultura politica lo avrebbe fatto. Conte, invece, no: se lo avesse fatto, lui stesso oggi non si sarebbe trovato al centro di questa crisi istituzionale».

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