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Prima di andar via, Trump grazia l’amico Steve Bannon (accusato per truffa) e altre 142 persone. C’è anche un italiano

20 Gennaio 2021 - 09:21 Angela Gennaro
Nella lunga lista di nomi graziati dal presidente uscente nel suo ultimo giorno non compaiono né Julian Assange né Edward Snowden

Tutti, tranne Julian Assange ed Edward Snowden. È il giorno dell’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti alla Casa Bianca, Joe Biden. Ed è il giorno dell’addio di Donald Trump, che come suo ultimo atto, poco prima di lasciare l’incarico, «ha concesso la grazia a 73 persone e ha commutato le condanne di altre 70», spiega una nota della sua amministrazione. Tra chi ha ricevuto la grazia non manca un nome noto: quello di Steve Bannon, suo ex spin doctor arrestato ad agosto con l’accusa di frode per una truffa di oltre 25 milioni di dollari nei confronti di centinaia di donatori per il muro “anti-migranti” al confine del Messico.

Bannon, già amministratore di Breitbart, sito di riferimento per l’alt-right, ha profondi legami anche con l’Italia – in particolare con l’ala più sovranista della politica nostrana – e dalle nostre parti è anche il protagonista della lunga epopea dell’abbazia duecentesca della Certosa di Trisulti. Affidata da due anni in gestione all’organizzazione Dignitatis Humanae Institute, che fa capo proprio a Bannon, il piano per l’edificio a meno di un centinaio di chilometri da Roma è quello di crearvi una scuola politica di estrema destra.

Un progetto di cui non si parla più, fatto di stop&go e che al momento starebbe andando avanti. «I pubblici ministeri hanno perseguito il signor Bannon con accuse relative a frode derivante dal suo coinvolgimento in un progetto politico», scrive l’amministrazione Trump per raccontare le ragioni della grazia. Bannon «è stato un importante leader nel movimento conservatore ed è noto per il suo acume politico».

ANSA | Steve Bannon a Roma

Graziato anche un italiano

Nel lungo elenco di persone che hanno ricevuto la grazia trumpiana c’è anche l’imprenditore fiorentino Tommaso Buti, definito dalla nota «rispettato uomo d’affari». «È il Chief Operating Officer di una grande azienda italiana e ha avviato un’iniziativa di beneficenza di successo per raccogliere fondi per l’Unicef. Più di 20 anni fa, Buti è stato accusato di frode finanziaria», un caso che coinvolgeva una catena di ristoranti, si legge nella nota della Casa Bianca. «Tuttavia non è stato condannato negli Stati Uniti».

«Il provvedimento del presidente americano riguarda ipotizzati reati contro il patrimonio occorsi più di 20 anni fa e per i quali l’imprenditore italiano è stato già processato in Italia e alla fine prosciolto dalla Corte di Appello nel 2007», spiega la sua avvocata, Valeria Calafiore Healy, in una nota. La grazia ora «lo libera dall’ingiustizia che avrebbe continuato a patire se fosse stato costretto a subire un processo una seconda volta sugli stessi fatti per cui era già stato giudicato».

Niente figli né grazia personale

Nella lunga lista delle grazie concesse non compare né il nome dello stesso tycoon (l’ipotesi era circolata ma anche già smentita), né quello dei suoi figli. Ci sono invece quelli del rapper Lil Wayne (che il mese scorso si è dichiarato colpevole per il possesso di arma da fuoco) e dell’ex fundraiser di Trump Elliott Broidy, nei guai con la legge per una campagna di lobbying illegale.

Sospesa l’espulsione dei venezuelani

Trump ha anche firmato un ordine esecutivo per sospendere le espulsioni dei cittadini venezuelani sul territorio degli Stati Uniti per 18 mesi: la ragione è nella lunga crisi che il paese sta vivendo. Un provvedimento che, secondo la ricostruzione del Miami Herald, potrebbe coinvolgere fino a 200 mila persone che rischiavano l’arresto e l’espulsione. «Ho deciso che è nell’interesse della politica estera degli Stati Uniti rinviare l’espulsione di qualsiasi cittadino del Venezuela, o straniero senza nazionalità che ha recentemente risieduto in Venezuela», si legge nell’ordine esecutivo firmato dal presidente uscente.

Una decisione che appare come foraggiata dagli alleati repubblicani del presidente in Florida, stato in cui c’è una sempre più ampia comunità di venezuelani riparati qui dopo essere fuggiti dal loro paese attanagliato da anni da una grave crisi politica ed economica. E d’altro canto gli immigrati venezuelani sono, nel tempo, diventati trumpiani di ferro al pari dei cubani.

Niente grazia per Snowden e Assange

A fine dicembre Trump aveva graziato quattro contractor della compagnia militare privata Blackwater, condannati per aver ucciso 14 civili a Baghdad nel 2007. Ma se prima di lasciare la Casa Bianca Barack Obama aveva graziato Chelsea Manning – ex analista informatica dell’esercito statunitense e informatrice di WikiLeaks – nella lunga lista diffusa dalla Casa Bianca di persone graziate da Trump non ci sono invece – e prevedibilmente – i nomi di Julian Assange e di Edward Snowden.

Per il primo al momento resta il no del Regno Unito all’estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di spionaggio: il dipartimento di Giustizia americano ha anzi presentato ricorso contro la decisione inglese, e Trump non l’ha fermato.

EPA/Sander Koning | Edward Snowden parla in collegamento dalla Russia alla prima del film sulla sua storia ad Amsterdam, 10 novembre 2016.

Per Snowden, rifugiato da anni a Mosca, ad agosto Trump aveva dichiarato che avrebbe «iniziato a dare un’occhiata» all’ipotesi di concedere la grazia al whistleblower accusato dal governo federale di furto e violazioni dello Spionage Act del 1917. Ma gli stessi democratici non hanno spinto per salvare l’informatore della National Security Agency che ha raccontato a tutto il mondo dei programmi di sorveglianza massiva Usa (e non solo).

In copertina EPA/Casa Bianca | Un frame del video diffuso dalla Casa Bianca con l’ultimo discorso di Trump alla nazione, 19 gennaio 2021.

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