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Secondo l’Istat i morti Covid19 sono fake? No! Il copia incolla sbagliato di SocialTV

22 Febbraio 2021 - 06:52 David Puente
La disinformazione sui decessi Covid19 passa ancora una volta leggendo e interpretando male i dati dell'Istat

Ci segnalano un video del 15 febbraio 2021 pubblicato dal canale web SocialTV di Andrea De Girolamo (Bogdan Tibusche), ex collaboratore della parlamentare M5s Giulia Sarti, nel quale sostiene di dimostrare che i numeri dei morti Covid19 siano falsi. In che maniera? Secondo quanto afferma nel titolo, l’Istituto Nazionale di Statistica: «I morti di COVID? Sono FAKE e lo dice ISTAT». In questo articolo spiegheremo perché si tratta di disinformazione, e non solo.

Bogdan Tibusche, già noto a Open per alcune verifiche effettuate in passato, non è nuovo a proporre contenuti altri. Succede anche in questo caso: il testo dell’intervento è rintracciabile online e attribuito a Stefano Scoglio, uno dei protagonisti del fantomatico test Covid19 sul kiwi.

Per chi ha fretta

  • La narrativa proposta nel video non è opera di Tibusche: è la lettura di un articolo pubblicato altrove.
  • L’articolo è attribuito a Stefano Scoglio, personaggio che ha contribuito insieme al Dot. Amici all’esperimento fallimentare del test rapido Covid19 sul kiwi.
  • L’articolo tiene conto solo di alcuni aspetti interpretati, attraverso strani calcoli e “giochi matematici”, delle analisi pubblicate dall’Istat.
  • L’articolo riporta, inoltre, paragoni privi di fondamento per sostenere la teoria della “falsa pandemia” facendo confusione nei lettori su cosa sia effettivamente una pandemia.

Analisi

Ecco la trascrizione dell’introduzione di Bogdan Tibusche:

Mi sono messo a raccogliere informazioni, dati, numeri, e li ho messi tutti quanti insieme e oggi voglio condividerli con voi. Allora, andiamo per gradi. Lo scorso maggio, se vi ricordate, l’Istat pubblicò i primi numeri del 2020 sui morti in Italia parlando, se vi ricordate, di un più 49% in più di morti rispetto all’anno precedente. Bene, allora, come vedrete e scoprirete in questo video, vi dimostrerò che questo numero non è solo e semplice propaganda, è soprattutto la più grande truffa di tutti i tempi che molti di voi si è bevuta senza minimamente accendere il cervello un attimo. A proposito, lo avete ancora un cervello?

Ecco come inizia il testo pubblicato sul sito di DatabaseItalia (già noto a Open per le teorie di complotto e la disinformazione) lo scorso 19 gennaio 2021, la base della narrazione riproposta attraverso una sorta di «copia-incolla» su SocialTV:

Lo scorso Maggio feci le pulci al rapporto ISTAT che rivendicava un aumento della mortalità nel periodo 20-Febbraio-31 Marzo del 49%, e dimostrai come si trattasse di una cifra più propagandistica che reale.

Le medie e i confronti

A questo punto non ci resta che analizzare la fonte utilizzata, senza citazione, da SocialTV. La prima “critica” viene fatta per la scelta di un riferimento temporale delle analisi riportate dai media sui dati Istat:

Nel corso dei mesi l’ISTAT ha aggiornato i dati, fino all’ultimo rapporto pubblicato verso la fine di Dicembre, e ripreso da tutti giornali con titoli come quello del Corriere Adriatico. Il Fatto Quotidiano ha un titolo simile, ma con la precisazione che il + 84.000 morti è stato realizzato tra il Febbraio e Novembre 2020.

Viene subito da chiedersi perché selezionare il periodo Febbraio-Novembre, e non quello più logico Gennaio-Novembre. Perché l’ISTAT afferma che il Covid è iniziato a Febbraio, e quindi dare questo numero da Febbraio a Novembre spinge già a collegare l’aumento della mortalità al Covid, cosa che come vedremo la stessa ISTAT chiarisce che non può essere affermato.

L’articolo prosegue con un’accusa pesante e infondata nei confronti dell’Istat:

Innanzitutto occorre sottolineare che come sempre l’ISTAT fa di tutto per non far capire e non mostrare i numeri reali. Così, fa una comparazione statistica del periodo Febbraio-Novembre, ma poi del 2020 da solo il numero aggregato di Gennaio e Febbraio assieme. In questo modo, nessuno può controllare la veridicità della loro affermazione, cioè bisogna fidarsi.

Ciò non risulta corretto. Infatti, sul sito dell’Istat vengono pubblicati tutti i dati comune per comune, incluso quelli relativi al mese di gennaio 2020. Basta andare sul sito e scaricarli:

Se andiamo a visionare i grafici interattivi, forniti sempre dall’Istat, i conti vengono considerati dal 1 gennaio 2020:

Possiamo notare, in particolare, l’impennata di decessi a partire da febbraio 2020 e coerente con l’inizio dell’epidemia Covid19 in Italia.

Un andamento, quello tra gennaio e maggio, che non viene affatto riscontrato in tutta Italia, ma nelle regioni dove ci sono stati i focolai di Sars-Cov-2 che hanno costretto i cittadini italiani all’ospedalizzazione. Ecco i grafici relativi alle regioni del Nord, come la Lombardia (in evidenza), confrontati con quelle del Centro e Sud Italia:

Il «gioco matematico» che non conta l’andamento

L’Istat, di fronte ai dati, riporta che vi sia stata una variazione della mortalità del +13,8% nel 2020 rispetto alla media tra il 2015 e il 2019. Detto questo, l’obiettivo dell’articolo è quello di sostenere che non ci siano state enormi variazioni sul numero dei morti rispetto ad alcuni anni passati, cercando in questo modo di sminuire o negare l’emergenza sanitaria. Per farlo, l’autore dell’articolo scrive:

In effetti, se si fa il confronto con la media dei 5 anni precedenti, che si aggira attorno ai 583.396, c’è stato un aumento di circa il 13.5%, che in effetti non è poco. Ma anche qui, fare il confronto tra un anno e una media è un modo per incrementare il significato dell’anno, rispetto alle media. Se si fa il confronto tra il 2020 e, ad esempio, il 2017, il differenziale si abbassa:

2020 – 664.623 / 2017 – 594.851 = + 11.7%.

Il differenziale si è abbassato, e in effetti bisogna riconoscere che l’aumento della mortalità c’è stato. E’ stato un aumento davvero insolito? Si tratta di un differenziale di 69.772 morti.

Sempre attraverso la sezione dei grafici interattivi fornita dall’Istat è possibile ottenere un confronto tra i dati del 2020 e degli anni precedenti. Ecco quanto riportato per il confronto 2020-2017 (nota: i dati non coincidono, probabilmente a seguito di un aggiornamento degli stessi):

  • Totale decessi al 30 novembre 2020: 668.453
  • Totale decessi al 30 novembre 2017: 599.098
  • Differenza decessi (2020, 2017): 69.355
  • Variazione 2020 vs 2017: 11,6 %

L’articolo prosegue facendo un gioco matematico:

Ad esempio, il differenziale della mortalità tra il 2014 (598.364) e il 2015 (647.571) è stato di 49.207 morti, una differenza dell’8.2%, quindi inferiore al differenziale tra 2020 e 2017, ma non poi così tanto.

Se poi guardiamo al differenziale tra 2011 e 2017, un periodo in cui la popolazione non è variata,il differenziale è di 55.634, una differenza del 9.4% a favore del 2017. Qui la differenza con il differenziale tra 2020 e 2017 si assottiglia ancora di più, riducendosi ad appena 14.000 morti, e del 2.3%.

Insomma, sicuramente il 2020 potrebbe fare un record di morti (se i numeri di Novembre saranno confermati e quelli di Dicembre resteranno sostenuti), ma si tratta pur sempre di numeri non esageratamente al di sopra delle variazioni ordinarie della mortalità tra un anno e l’altro, sicuramente non tali da poter gridare alla terribile pandemia.

L’autore dell’articolo sostiene che la variazione dei decessi tra il 2011 e il 2017 sia leggermente più bassa rispetto a quella tra il 2017 e il 2020. La domanda sorge spontanea: perché nel 2017 non c’è stata nessuna emergenza vista tale variazione rispetto a 6 anni prima? All’epoca si parlava di morti naturali e di debolezza del sistema sanitario nazionale, ma c’è un dato che l’autore dell’articolo esclude del tutto: l’andamento mensile.

Il grafico, prelevato dal report del 24 ottobre 2017 dell’Istat, riporta un confronto tra i numeri dei morti, mese per mese, tra gli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017 (il picco riguarda i decessi del tragico 2015). L’andamento è simile negli anni, diversamente da quanto abbiamo assistito nel 2020 con picchi considerevoli nel periodo delle ondate Covid19.

I decessi del 2015

L’autore dell’articolo riporta le dichiarazioni di Blangiardo relative all’anno 2015, dove c’era stata un’impennata dei decessi:

Quindi, anche nel 2015 Blangiardo gridava ad un aumento dei morti dell’11%, proprio la differenza sussistente tra il periodo ristretto Febbraio-Novembre del 2020 e 2017, e come oggi gridava alla 2nda Guerra Mondiale! Ma a nessuno è venuto in mente, allora, di gridare alla pandemia epocale!

All’epoca era stato riscontrato un calo considerevole dei vaccini somministrati contro l’influenza stagionale, un fatto che aveva contribuito a un aumento dei decessi proprio a causa della malattia:

La ragione quindi non è il freddo, ma potrebbe essere rappresentata dall’influenza. «Nella stagione influenzale del 2014/2015 si ritiene che ci sia stato l’utilizzo di un vaccino anti-influenzale a bassa efficacia (25%, fonte: Ecdc) – spiega ancora Oliva su Neodemos.info – dovuto a una mutazione del virus stagionale che ha reso i vaccini preparati meno efficienti». Per vari motivi, si è registrato anche un crollo della copertura vaccinale proprio in Italia (scesa al di sotto del 50% per la popolazione oltre i 65 anni, come attestano i dati dell’Istituto Superiore di Sanità). «Questi due fattori rendono l’ipotesi di un “effetto virale” molto plausibile», conclude Oliva, anche sulla base dell’analisi dei dati virologici distribuiti dal sistema di monitoraggio dell’influenza europea Eisn.

Che cos’è una pandemia?

L’articolo pubblicato su DatabaseItalia prosegue così:

La verità è che, perché si possa parlare di pandemia epocale, come abbiamo viso sopra, nel 2020 ci dovrebbero essere non meno di 1 milione di morti, rispetto ai circa 650.000 degli ultimi anni! E anche così si tratterebbe di una piccola pandemia, se si pensa che la Spagnola (con tutti i dubbi che permangono sul fatto che si sia trattato di una pandemia virale) fece oltre 50 milioni di morti.

Secondo le narrative negazionista, una pandemia non è tale se non si riscontrano «milioni di decessi». Il termine «pandemia» ha un significato ben preciso e dal 2020 ad oggi doveva essere ben compreso:

pandemìa s. f. [rifacimento di epidemia secondo l’agg. gr. πανδήμιος «di tutto il popolo» (v. pandemio)]. – Epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territorî e continenti: p. influenzale, p. vaiolosa.

La pandemia non dipende, dunque, dal numero dei casi. Dipende dalla diffusione, ecco perché inizialmente si parlava di epidemia in Cina e in alcuni singoli paesi del mondo dove si riscontravano i primi casi. Solo dopo aver riscontrato una vasta diffusione geografica del virus si è iniziato a parlare di pandemia.

C’è da dire che risulta non corretto il paragone con la Spagnola, all’epoca i morti furono molti di più ma con evidenti condizioni sociali e mediche molto diverse da quelle del 2020.

Poca roba?

Il ragionamento di questa prima parte dell’articolo pubblicato su DatabaseItalia punta a sottostimare l’aumento dei morti nel 2020 rispetto agli anni passati:

Dicembre, come vedremo, è in discesa rispetto a Novembre per numero di morti, e quindi probabilmente l’anno si concluderà attorno ai 700.000 morti totali. Si tratta di sicuramente di un aumento, ma di un aumento tutto sommato che resta dentro il normale delta di variazione possibile, senza la necessità di appellarsi a disastri epocali. Infatti, se tra il 2017 e il 2011 o 2014 c’è stata una variazione di circa 50,000 morti in più, non si vede perché dovremmo gridare al disastro epocale per i 60.000 morti in più del 2017 che si potrebbero avere nel 2020.

L’aumento c’è stato, è evidente anche dai grafici con i picchi relativi alle ondate della Covid19. Non è possibile considerare nella norma un evento di questo genere e bisognerebbe chiedersi piuttosto cosa sarebbe accaduto con una minore circolazione del virus. Basterebbe osservare i grafici dei decessi relativi al 2020 per regione, dove quelle più colpite registrano un aumento considerevole rispetto alle altre (vedasi Lazio e Campania).

I conti non tornano – 1

Proseguendo, l’autore dell’articolo compie un calcolo che non torna:

Intanto, l’ISTAT chiarisce che “Da fine febbraio a novembre i decessi Covid-19 rappresentano il 9,5% del totale dei decessi…”. In realtà, qui l’ISTAT aumenta la percentuale, perché quella corretta è : 57.637 / 664.623 = 8.6%.

Quindi, salve altre considerazioni e fatti, che l’ISTAT comunque non presenta, la percentuale attribuibile al Covid dei quasi 84.000 (per ora) morti in eccesso è dell’8.6%, pari a 7.222 morti. Quindi, l’eccesso di morti, pari a 83.985, è dovuto al Covid solo per 7.222 morti! E gli altri 76.763 a cosa sono dovuti?

Il dato del 9,5% è tratto dal documento, intitolato «Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente periodo gennaio-novembre 2020», pubblicato il 30 dicembre 2020 dall’Istat:

Da fine febbraio a novembre i decessi Covid-19 rappresentano il 9,5% del totale dei decessi del periodo, durante la prima ondata epidemica (febbraio-maggio) questa quota è stata del 13%, mentre nella seconda ondata il contributo complessivo dei decessi Covid-19 è passato al 16% a livello nazionale (con un considerevole aumento nel mese novembre).

Il dato del 9,5% non fa riferimento al numero di morti in eccesso, come pretende di sostenere l’autore dell’articolo pubblicato su DatabaseItalia, ma al numero dei morti totale del periodo febbraio-novembre 2020. Inoltre, l’autore pretende di sostenere che l’Istat abbia sbagliato i conti e che quel 9,5% dovrebbe essere invece un 8,6% facendo però lui un errore di calcolo: tiene conto del numero dei morti da gennaio a novembre (664.623) mentre l’Istat parla del periodo da febbraio a novembre. Non è un caso, questo infatti risiede nel fatto che a gennaio non c’erano dati a disposizione sui casi positivi alla Covid19.

L’Istat tiene conto dei decessi Covid19

Nel testo si legge quanto segue:

Nel periodo Gennaio-30 Novembre 2020 ci sono stati 57.637 morti attribuiti al Covid. L’aumento dei morti, nello stesso periodo, sarebbe stato di 83.985 morti. Ovviamente, tutti i media si sono buttati ad affermare, o comunque a far credere, che il Covid avrebbe contribuito per il 68% (57.637 / 83.985). Ma anche qui, si tratta di una manovra meramente propagandistica, favorita dall’impostazione generale del Rapporto ISTAT, anche se l’ISTAT stesso, anche se in modo che non risalti troppo, afferma che :

”Si ricorda, tuttavia, che il rapporto tra i decessi segnalati alla Sorveglianza Integrata e l’eccesso di mortalità del periodo febbraio-novembre 2020 non può dare conto del contributo effettivo del Covid-19; questa misura, infatti, risente di problemi metodologici collegati al consolidamento delle basi dati (sia della Sorveglianza integrata sia di Istat) e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da Covid-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti.”

Il dato dei 57.637 decessi attribuiti alla Covid19 è falso e considerabile come pura propaganda? La spiegazione dell’Istat riportata nell’articolo di DatabaseItalia non conferma ciò! Da dove vengono presi i dati dei decessi Covid19? Lo spiega il documento (a pagina 7) utilizzato dall’autore dell’articolo per raccontare le sue teorie:

Al 20 dicembre, data di estrazione dei dati qui presentati, sono stati notificati dalle Regioni/PPAA al Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 dell’ISS oltre 66.000 decessi in persone con diagnosi confermata di Covid.19; di questi, 57.637 hanno una data di decesso entro il 30 novembre.

I dati provengono dal Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità, ma come avviene la raccolta e quali dati vengono appresi nel database? Attraverso le schede di morte dei soggetti deceduti e diagnosticati con esito positivo al test PCR:

Le schede di morte Istat sono compilate da un medico curante o da un medico necroscopo che è tenuto a riportare l’intera sequenza di malattie o eventi traumatici che hanno portato al decesso, ed indicare eventuali altre patologie rilevanti che hanno contribuito ad esso pur non facendo parte di tale sequenza.

Le spiegazioni le troviamo nel documento Istat del 16 luglio 2020 dove vengono discussi i principali risultati delle analisi condotte su 4.942 schede su 31.573 pervenute al Sistema di Sorveglianza in data 25 maggio 2020:

Sono state analizzate le informazioni riportate dai medici in 4.942 schede di morte, di soggetti diagnosticati microbiologicamente con test positivo al SARS-CoV-2 (il 15,6% del totale dei decessi notificati al Sistema di Sorveglianza Integrata ISS fino al 25 maggio). Nelle schede di morte sono certificate, oltre a COVID-19, quelle condizioni e malattie che hanno avuto un ruolo nel determinare il decesso.

Nello specifico:

COVID-19 è la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2, mentre per il restante 11% le cause di decesso sono le malattie cardiovascolari (4,6%), i tumori (2,4%), le malattie del sistema respiratorio (1%), il diabete (0,6%), le demenze e le malattie dell’apparato digerente (rispettivamente 0,6% e 0,5%).

E ancora:

COVID-19 è una malattia che può rivelarsi fatale anche in assenza di concause. Non ci sono infatti concause di morte preesistenti a COVID-19 nel 28,2% dei decessi analizzati, percentuale simile nei due sessi e nelle diverse classi di età. Solo nella classe di età 0-49 anni la percentuale di decessi senza concause è più bassa, pari al 18%.

Detto questo, risulta scorretto insinuare, come avviene nell’articolo pubblicato su DatabaseItalia nello spezzone che riportiamo di seguito, che l’Istat operi in maniera non corretta:

Dato che i dati sulle cause di mortalità non sono pubblicati se non molto avanti, anche oltre un anno dopo, un organismo statistico serio farebbe meglio a tacere, e attendere quei dati. L’ISTAT invece, pur introducendo le avvertenze sull’impossibilità di valutare l’apporto del Covid all’eccesso di mortalità, attribuisce tale impossibilità a ragioni non statistiche, e soprattutto imposta tutto il suo rapporto sul continuo suggerimento, più o meno velato, che l’aumento della mortalità, che a fine anno si attesterà probabilmente attorno ai 60.000 morti rispetto agli anni passati, sia sostanzialmente legato al Covid.

I conti non tornano – 2

L’articolo è molto lungo, così come il video di SocialTV visto che ne trae i contenuti. Come avviamo visto, molti sono dati interpretati e incompleti volti a fornire una narrativa non conforme alle pubblicazioni dell’Istat e non solo, ma veniamo ora a un ultimo elemento contenuto all’interno dello stesso articolo utile a comprendere la disinformazione in atto:

A Marzo, nel picco del presunto contagio, c’erano 800-900 morti al giorno a fronte di un numero di positivi di circa 500-600. Cioè, c’erano addirittura più morti attribuiti al Covid che positivi! Questo in effetti risuona con ciò che denunciammo all’epoca, ovvero che molti morti venivano attribuiti al Covid senza neppure che ci fosse un tampone positivo, per quanto farlocco.

A parte riportare la falsa narrativa del tampone farlocco – ricordiamo che l’autore a cui viene attribuito l’articolo è tra i protagonisti del test sul kiwi – risulta scorretto fare un confronto giornaliero tra morti e casi positivi per sostenere una falsificazione dei dati! Le persone decedute non sono per forza attribuibili a quelle risultate positive al tampone in giornata e, purtroppo, il rischio che una persona risulti positiva il giorno X necessiti dell’ospedalizzazione e muoia nel giorno Y a distanza di settimane dal test PCR non è affatto una stranezza.

Conclusioni

Il video di SocialTV, ancora una volta, è un’opera di lettura del lavoro altrui. Al di là che l’autore al quale viene attribuito l’articolo originale fa parte di un gruppo di persone che negano la pandemia e che fanno intendere un’inutilità del test tampone su basi non scientifiche, l’operato proposto è viziato da diversi errori sia di calcolo che di metodo, ignorando molti aspetti del lavoro svolto dall’Istat e dei dati pubblicati dall’Istituto.

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