Vaccini, il blocco dell’export deciso da Draghi basterà a far cambiare rotta ad Astrazeneca? Bruxelles ci spera

Un’azione più dimostrativa che offensiva, quella italiana. L’Australia dal canto suo ha chiesto alla Commissione di riesaminare la decisione del nostro paese

L’Italia ha bloccato l’esportazione di 250.700 dosi di vaccino AstraZeneca prodotti nello stabilimento di Anagni, vicino Roma, e pronte per essere inviate in Australia, diventando il primo Stato membro dell’Unione europea che utilizza il cosiddetto “meccanismo di trasparenza delle esportazioni” che la Commissione europea ha messo in atto alla fine di gennaio per consentire il blocco dell’export di vaccini al di fuori dell’Unione. Con l’Italia afflitta dai tassi di contagio in aumento e la terza ondata che incombe, Mario Draghi vuole accelerare il ritmo delle vaccinazioni e iniziare il prima possibile l’inoculazione di massa. La Commissione non si è opposta alla decisione italiana, che arriva dopo un vertice della settimana scorsa in cui Draghi aveva chiesto un approccio più duro contro le aziende che non rispettano i loro impegni. AstraZeneca per ora ha rifiutato di commentare. 


Come funziona il meccanismo

Secondo il sistema introdotto dall’Ue, per esportare dagli stabilimenti presenti nel territorio di uno Stato membro i produttori di vaccini devono chiedere il permesso al ministero di competenza. Se un governo decide che il carico in partenza verso l’estero (extra-Ue) stia violando gli obblighi contrattuali dell’aziende nei confronti dell’Ue, può bloccare – ma non vietare – l’esportazione. L’Italia non è il primo Paese ad aver fatto una richiesta di blocco: finora l’Ue ha concesso 172 autorizzazioni. Questa, però, è la prima ad essere attuata.


Un’azione più dimostrativa che offensiva

L’Italia ha giustificato la decisione dicendo che l’Australia non verrà danneggiata, e ciò è indiscutibile. Canberra si è assicurata 53,8 milioni di dosi di AstraZeneca. Secondo il contratto, il primo lotto da 4 milioni sarà importato, ma le altre 50 milioni di dosi saranno prodotte a Melbourne dall’australiana CSL ltd su licenza, proprio per costruire una capacità produttiva nazionale. L’Australia ha 25 milioni di abitanti, ha già ricevuto 300 mila dosi AstraZeneca e la prima di esse dovrebbe essere somministrata oggi. Il lotto, insieme alle forniture Pfizer, dovrebbe durare fino a quando la produzione interna di AstraZeneca non sarà aumentata.

Tant’è che il governo australiano ha spiegato di comprendere la decisione italiana: «Posso certamente capire l’alto livello di ansia in Italia e in molti Paesi in tutta Europa. Sono in una situazione di crisi senza freni. Questa non è la situazione in Australia», ha detto il primo ministro Scott Morrison. L’Australia ha chiesto alla Commissione di riesaminare la decisione dell’Italia. Resta il fatto che per Canberra, anche se il blocco è stato approvato da Bruxelles, è stato deciso da Roma, e sarà l’Ue a sbloccare la spiacevole situazione. Tra l’altro, il CEO di AstraZeneca è cittadino australiano (oltre che francese) e vive proprio in Australia. 

L’azione del governo italiano sarà sufficiente?

Secondo i dati, fino al 4 marzo in Italia sono state somministrate 516.489 delle 1.512.000 dosi di vaccino AstraZeneca consegnate, con un ritmo crescente in questi primi giorni di marzo (da 25 mila a 50 mila al giorno). Anche se trattenere 250.700 dosi non sarebbe risolutivo, si tratta comunque di volumi degni di interesse rispetto alle quantità consegnate finora. La multinazionale del farmaco fornirà solo il 40% delle 40 milioni di dosi che aveva concordato di fornire agli Stati membri nel primo trimestre dell’anno (periodo gennaio-marzo), dando come ragione problemi e carenze nella produzione.

Probabilmente a Bruxelles si spera che la mossa di Draghi sia sufficiente a far cambiare rotta alla multinazionale, evitando un’escalation i cui altri Stati membri si mettono sulla scia dell’esempio di Roma. Ciò rischia di intensificare le tensioni tra la Commissione e AstraZeneca, un conflitto tra Ue e Big Pharma dagli esiti incerti, in un momento in cui c’è bisogno di vaccini, non di conflitti.

Le alleanze internazionali per produrre vaccini

Nelle stesse ore Austria, Danimarca e Israele hanno dato seguito alle promesse e annunciato un’alleanza per i vaccini. I tre paesi istituiranno un fondo comune di ricerca, e se necessario investiranno nella costruzione di impianti congiunti per la produzione di vaccini da Covid-19 e per le future epidemie. Sebastian Kurz ha elogiato la gestione israeliana: «Il mondo guarda Israele con ammirazione», così come la premier danese Matte Frederiksen, che ha aggiunto: «Non possiamo essere colti di nuovo alla sprovvista». 

In Italia, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha incontrato il commissario europeo al mercato interno Thierry Breton per annunciare stanziamenti per la nascita di un polo biotecnologico nazionale, mentre l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato ha chiesto al governo di valutare l’opportunità di produrre il vaccino russo Sputnik V. In Australia come in Israele, in Italia come in Austria, Danimarca e in tutta Europa, i governi stanno lavorando non solo per affrontare la pandemia da Covid-19 che ormai stiamo rincorrendo da un anno insieme ai vaccini, ma soprattutto per essere pronti ad affrontare i prossimi virus. 

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