Gli studenti potrebbero rientrare a scuola con i test salivari (che non ci sono) eseguiti dalla Protezione civile (che ancora non sa nulla)

Il piano di Bianchi e Miozzo punta al rientro dei ragazzi e dei bambini in aula il prima possibile. Ma a quali condizioni? Il rischio caos è dietro l’angolo: chi gestirà i tamponi? E che tipo di test verranno utilizzati?

Il tracciamento scolastico fino a questo momento non ha funzionato. I tentativi di riaprire le scuole fino ad ora sono andati falliti e i ragazzi si trovano chiusi a casa davanti al pc, con la speranza di rientrare prima o poi in aula. In questo contesto, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e il consulente del Miur Agostino Miozzo hanno presentato il loro piano che consiste nel far rientrare il prima possibile tutti gli studenti, bambini di nidi e materne comprese, eseguendo un tampone rapido all’ingresso. Un test anti Covid che, però, andrà ripetuto ogni settimana per la sicurezza di tutti e per evitare nuovi focolai.


Nel caso di positività, si farà il tampone molecolare a tutta la classe. Queste le prime indiscrezioni, ci si muove ancora nel campo delle ipotesi. Nello specifico, si tratta di uno studio di fattibilità sul quale al momento non si sanno quali test verranno usati o chi dovrà farli. Si tratta, dunque, di uno screening periodico che, al momento, non sembra essere previsto per il primo giorno di scuola. Per il 7 aprile, infatti, sarebbe impossibile.


Cosa non convince del piano scuola

Uno sforzo non di poco conto che creerebbe rallentamenti e caos agli ingressi degli istituti scolastici senza sottovalutare poi il rebus di chi dovrebbe somministrarli e in che modo. Al momento i presidi non ne sanno assolutamente nulla, come ci conferma Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: «Non c’è stata alcuna informazione preventiva. Si tratta di un’ipotesi non ancora definita, chiaramente noi restiamo favorevoli al tracciamento».

A essere all’oscuro di tutto anche i volontari della Protezione civile che, insieme ai militari dell’Esercito, potrebbero essere chiamati a occuparsi delle vaccinazioni. Potrebbero perché, al momento, poco o nulla si sa. Dalla Protezione civile rispondono così: «Aspettiamo che finiscano le riunioni e che sia messo a verbale questo piano. Quando finiranno, anche noi avremmo indicazioni più precise. Per ora non ne abbiamo e non eravamo alla riunione». Chi dovrà occuparsi dei tamponi, dunque, lo deciderà la Cabina di regia: non compete al ministero dell’Istruzione e, al momento, nulla è stato chiesto ai militari o ai volontari.

La buona notizia è che, intanto, i docenti sono stati in buona parte vaccinati: 600 mila su 1 milione e 200 mila hanno già ricevuto la seconda dose. Un passaggio fondamentale, «prioritario» per il Miur che spera in un’accelerazione della campagna vaccinale. Proprio Open ha raccontato il caso di Marta Di Palma, insegnante di scuola materna e paziente oncologica, ancora in attesa del vaccino.

I test salivari

Una delle ipotesi che circola in queste ore è quella di utilizzare su tutti gli alunni i test rapidi sul campione di saliva (che restituiscono una risposta in pochi minuti). Ma è possibile? La risposta – per il momento – è no visto che l’iter di valutazione di questi dispositivi – i più adeguati, come ha confermato a Open il professor Francesco Broccolo, virologo dell’Università Bicocca – è ancora in corso da parte dell’Istituto superiore di sanità e potrebbe volerci del tempo. Si spera entro Pasqua. Il presidente del Consiglio Mario Draghi vorrebbe far tornare dopo Pasqua almeno i bambini più piccoli, persino nelle zone rosse. Per dare un segnale forte e chiaro.

Al momento gli unici test utilizzabili per identificare il Covid restano i molecolari, gli antigenici e i sierologici: i più affidabili, come ribadito anche da autorevoli esperti, sono i molecolari. Gli altri, invece, sono meno precisi e hanno una minore sensibilità mentre i sierologici addirittura non sono in grado di confermare se è in atto l’infezione.

Foto in copertina: Ansa/Andrea Canali

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