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Scuola, passo indietro sullo screening settimanale. La proposta dei presidi: «Le famiglie testino di più i ragazzi nelle zone a rischio»

Le scuole riapriranno ma senza screening di massa. L'obiettivo sembrava irraggiungibile tanto a Draghi e a Miozzo quanto ai presidi, che propongono un'alternativa più realistica

Ci sarà uno screening settimanale nelle scuole a partire da dopo Pasqua? Non proprio. Il ministro Bianchi e il suo consulente Miozzo non hanno ancora deciso quali saranno i criteri del rientro a scuola in sicurezza, ma per l’ex coordinatore del Cts la missione di testare 8 milioni di studenti ogni settimana sembra già impossible. Nonostante i vantaggi effettivi di un monitoraggio periodico (meglio averlo che non averlo, ndr), le difficoltà che ruotano attorno a una macchina di tamponi anti Covid del genere sono oggettivi.

Ad essere consapevole della difficoltà dell’impresa è anche il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario all’emergenza Coronavirus e responsabile della campagna vaccinale, che dovrebbe organizzarsi con militari e volontari della protezione civile. E se ne è reso conto anche il premier Mario Draghi, che nella conferenza stampa del 26 marzo ha parlato di «test agli studenti solo in alcuni casi», perché «parlare di azione globale mi sembra eccessivo». I dubbi sul realismo della proposta si fanno ancora più concreti se si pensa a quanto successo la scorsa estate, quando il Miur aveva deciso di non affidare agli istituti nemmeno la misurazione della temperatura agli ingressi per non creare problemi.

La proposta ambiziosa circolata in questi giorni aveva fatto venire qualche perplessità anche ai dirigenti scolastici, che in molti casi si trovano a gestire plessi frequentati da centinaia e centinaia di studenti. «Non è pensabile che ogni settimana 8 milioni di studenti facciano un tampone, vorrebbe dire avere la migliore macchina organizzativa al mondo», ha detto Mario Rusconi, presidente dell’Anp Lazio. In Regione le scuole dovrebbero riaprire a partire da martedì 30 marzo, dato che la zona arancione è confermata dai dati del report dell’Iss. Il Lazio si era mosso per primo con i test rapidi nelle scuole lo scorso ottobre, sperimentando già allora le difficoltà legate alla scarsa attendibilità dei test antigenici.

Rusconi (Anp Lazio): «Le famiglie aiutino con il controllo dei ragazzi»

«Il consiglio che ci sentiamo di dare alle famiglie è che, almeno nelle zone a rischio, facciano controllare periodicamente i ragazzi con dei tamponi», dice Rusconi, proponendo una strategia più approcciabile. «Ora la maggior parte del personale scolastico è stato vaccinato, quindi è il caso di concentrarsi di più sugli alunni». Nella Regione Lazio esistono già dei punti per i tamponi volontari e senza ricetta medica riservati agli studenti, ma il controllo a tappeto va pensato, dice, soprattutto in relazione alle attività che svolgono i ragazzi fuori dalle aule.

Il problema, dice Rusconi, non è tanto nelle scuole, quanto fuori: «Non serve a niente che tengano le mascherine in classe se poi è possibile aggregarsi in piazza senza nessun dispositivo di protezione, soprattutto ora che abbiamo le varianti». «Le famiglie devono dare una mano nel rispetto della profilassi, soprattutto con i ragazzi dai 14 anni in su. È inutile fare la Didattica a distanza la mattina se poi il pomeriggio possono andare in giro. La macchina dei tamponi è importante, ma solo se anche le famiglie collaborano».

Immagine di copertina: ANSA/ANGELO CARCONI

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