Crisi economica, venti di guerra e diffidenze globali. Ora Putin cerca il riscatto puntando sul clima

Il presidente russo ha accolto l’invito di Biden a partecipare al vertice sul clima previsto per oggi. Lontano dal summit è scontro aperto con la Nato

Ieri il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto il suo consueto discorso annuale sullo stato della nazione, che arriva in un periodo di crescente tensione con l’Occidente a causa del conflitto in Ucraina e della incarcerazione del dissidente Alexei Navalny. La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno accusato il Cremlino di «attività maligna» ed espulso dieci diplomatici russi, la Polonia tre per lo stesso motivo, la Repubblica Ceca diciotto dopo aver scoperto il coinvolgimento russo in un attentato del 2014 in cui esplose un deposito di munizioni. Mosca ha risposto con la stessa moneta, cacciando altrettanti diplomatici. Anche l’Italia, un Paese tra i più ben disposti nei confronti della Russia, ha avuto i suoi problemi. Nel discorso Putin ha lanciato un avvertimento alla comunità internazionale, mettendo in chiaro che chiunque minacci la Russia «se ne pentirà come non si è mai pentito di nient’altro prima», e poi ha aggiunto «Non vogliamo bruciare ponti, ma quando qualcuno vede le nostre buone intenzioni come indifferenza o debolezza, e intende far saltare questi ponti, deve sapere che la risposta della Russia sarà asimmetrica, rapida e dura». Il tono di Putin, come di consueto, è quello del leader che vuole incarnare il sentimento di rivalsa di una potenza continentale che si sente irritata perché incompresa, non riconosciuta come tale dai suoi partner, che tuttavia continua a guardare dall’alto verso il basso. Mentre Putin dedicava la maggior parte del suo discorso alla promessa di una vita migliore per i russi che stanno affrontando crescenti difficoltà economiche, nel Paese infiammavano le proteste a sostegno di Navalny. 


La lotta al cambiamento climatico come terreno d’incontro

Pur senza rinunciare a rivendicare una supremazia sugli europei, Putin ha parlato anche di ambiente. «Dobbiamo proteggere l’ecosistema del nostro Paese. I maggiori centri industriali devono ridurre l’inquinamento del 20% entro il 2024, perché – ha sottolineato – la Russia deve puntare a creare meno emissioni dell’Ue. Il traguardo è ambizioso ma possibile», ha detto il presidente russo. Ma non è agli europei che parlava. Con le promesse ambientaliste, Putin cerca un’apertura verso il presidente Joe Biden. Infatti, a poche settimane dall’intervista in cui Biden lo aveva definito un assassino, Putin ha accolto l’invito del presidente statunitense a partecipare al vertice sul clima previsto per oggi, in cui 40 leader mondiali discuteranno in videoconferenza di clima e ambiente. Il vertice dovrebbe sancire il ritorno di Washington alla lotta contro il cambiamento climatico dopo gli anni del disimpegno di Donald Trump. Alla fine di marzo Biden aveva invitato sia Putin che il presidente cinese Xi Jinping


L’amministrazione americana ha posizioni molte nette sulle relazioni con la Russia e la Cina, ma per gli Usa le questioni climatiche sembrano essere una delle ultime aree di cooperazione tra gli attori della nuova guerra fredda. All’inizio di marzo Mosca e Washington avevano comunicato di aver ripreso la cooperazione sul clima: i due hanno grandi spazi di cooperazione nell’Artico, una tra le regioni più esposte ai cambiamenti climatici ma che rappresenta pericoli e opportunità. Ma prima di perseguire grandi obiettivi del millennio, Russia e Occidente devono trovare una mediazione su crisi meno nobili e molto più urgenti. 

Venti di guerra nel Mar Nero

A causa degli avvenimenti nelle regioni di frontiera, le relazioni tra i due mondi sono infatti sono destinate a peggiorare. Negli ultimi sei mesi, nella Crimea annessa illegalmente, Mosca ha chiuso lo stretto di Kerch alle navi militari e non commerciali bloccando i porti ucraini di Mariupol e Berdyansk. La Russia ha anche chiuso lo spazio aereo sulla Crimea meridionale, così come nelle acque adiacenti e in altre parti del Mar Nero. Che si tratti di un’esercitazione o della preparazione di un’azione militare nel Donbass, le manovre stanno aggravando la retorica tra Nato e Russia. Secondo fonti del Sunday Times il Regno Unito avrebbe deciso che dal mese prossimo invierà le sue navi da guerra nel Mar Nero, nonostante la settimana scorsa gli Usa abbiano rinunciato a fare la stessa cosa. Tuttavia, non ci sono segnali di una riduzione dell’escalation. Il ministro della Difesa russo accusa la Nato di attività provocatorie nel Mar Nero, mentre Washington accusa Mosca di un’escalation non provocata.

Anche la Turchia è parte integrante di questa partita, con il suo ruolo di dominus geopolitico sullo stretto dei Dardanelli e il sostegno di Ankara all’Ucraina. Si sta entrando in una fase critica in cui il conflitto latente tra Nato e Russia potrebbe facilmente degenerare, a seconda delle intenzioni, delle mosse militari e di come queste vengono viste dall’altro. Leader sotto pressione, crisi economica, Covid-19, diffidenza, nervosismo. Tutti elementi di instabilità che non possono far escludere un’escalation, o un incidente.

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