Covid, tre Regioni vogliono vaccinare ancora con AstraZeneca. Verso il modulo del consenso informato: l’ipotesi sul tavolo del Cts

Lazio, Lombardia e Puglia chiedono chiarimenti al ministero della Salute. Che passa la palla al Comitato tecnico scientifico. La soluzione possibile: un modulo con cui i cittadini si assumono la responsabilità della seconda somministrazione

Tre Regioni italiane vogliono continuare a vaccinare con AstraZeneca. E il ministero pensa a introdurre un modulo di consenso informato per chi intende ricevere la seconda dose di Vaxzevria dopo aver fatto la prima senza effetti collaterali. Mentre il governo ha deciso per la cosiddetta vaccinazione eterologa, ovvero per la somministrazione della seconda dose con un vaccino anti Covid-19 diverso (Pfizer-BioNTech o Moderna) rispetto a quello dell’azienda anglo-svedese finito sul banco degli accusati per le sospette reazioni avverse come la trombosi del seno cavernoso, Lazio, Lombardia e Puglia chiedono spiegazioni al ministero della Salute. La Campania invece ieri ha dato il via libera all’eterologa ma solo per gli under 60.


Il primo a uscire allo scoperto ieri è stato l’assessore alla Salute Alessio D’Amato. La Regione Lazio ha chiesto chiarimenti al ministero della Salute sulla scelta del mix di vaccini. Alla richiesta si sono accodate Puglia e Lombardia proprio mentre Vincenzo De Luca imponeva la vaccinazione con un altro preparato solo per gli under 60 nella sua regione. E proprio D’Amato ha indicato la possibile soluzione per accontentare tutti: «In caso di rifiuto da parte dei cittadini del mix eterologo, sarebbe opportuno rimettersi alla valutazione del medico in scienza e coscienza». Ovvero attraverso «un’ipotesi di consenso informato, per permettere il completamento della vaccinazione».


E cioè proprio quello che richiede oggi la Spagna a chi non vuole sottoporsi al mix vaccinale. Sulla questione del consenso informato, che interessa un milione di cittadini in attesa della seconda dose dopo aver fatto la prima con AstraZeneca, si esprimerà adesso il Comitato tecnico scientifico (Cts). Mentre l’Agenzia Europea dei Farmaci (Ema) ha già detto la sua dichiarando Vaxzevria sicuro. E, racconta oggi La Stampa, ci sono dubbi sugli studi citati a supporto della decisione sul mix vaccinale. La ricerca ComibivacS ha arruolato 663 persone, quella inglese 830: un numero troppo esiguo per considerare validi i risultati. Anche se, proprio secondo quelle risultanze, chi ha ricevuto Pfizer come richiamo ha mostrato una risposta anticorpale 150 volte superiore a chi ha avuto la seconda dose di AstraZeneca.

Il modulo di consenso informato per il richiamo con AstraZeneca

Di solito, è il ragionamento, quando si tratta di autorizzare un farmaco su una malattia rara le agenzie del farmaco non prendono in considerazione sperimentazioni con meno di 4 mila pazienti. In più c’è chi, come l’ex direttore generale dell’Aifa Luca Pani, giudica pericolosa la decisione dell’Aifa poiché essa stessa ammette che «il mix vaccinale presenta un profilo di reattogenicità che è caratterizzato da maggiore frequenza in termini di effetti collaterali locali e sistemici che appare nel complesso accettabile e gestibile». La soluzione risolutiva potrebbe essere quindi il modulo di consenso informato. Firmato il quale, il cittadino si assumerebbe la responsabilità della somministrazione della seconda dose di AstraZeneca. D’altro canto le reazioni avverse dopo il richiamo con Vaxzevria sono di molto inferiori a quelle, già rarissime, della prima dose. E così si avrebbe il vantaggio di poter smaltire almeno una parte dei vaccini rimasti nei frigoriferi. E di scaricare le Regioni da qualunque responsabilità.

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