Green pass, arriva l’app Verifica C19 per i controlli all’ingresso dei locali: i dubbi dei gestori e il rischio di un Immuni bis

Si chiama Verifica C19 e servirà per smascherare certificati verdi fasulli. Ma i primi download registrano già diversi malfunzionamenti

Dal 6 agosto in poi, il tanto discusso Green pass diventerà il “lasciapassare” ufficiale per ristoranti, cinema, musei, stadi, palestre e piscine. Sì, ma chi controllerà che tutto funzioni? La domanda sorta spontanea nelle ore successive all’annuncio del premier Draghi, trova risposta in un’app che il governo ha deciso di utilizzare per evitare falsificazioni e imbrogli. Già annunciata dal Dpcm del 17 giugno, l’esistenza di “Verifica C19” è stata oggi ribadita da Palazzo Chigi con tanto di post dedicato su Twitter. «Certificazione verde: ecco come riconoscere facilmente quella autentica». Il lancio del governo è avvenuto anche a seguito delle ultime notizie in merito a Green pass fasulli e certificazioni vendute sottobanco sui canali social. Se da un lato l’obiettivo dell’obbligo è quello di spingere più persone possibili a vaccinarsi, dall’altro sarà necessario preoccuparsi di un sistema di controllo efficace. Ecco come funzionerà Verifica C19.


Come funziona? Tramite un QR code

Totalmente gratuita, Verifica C19 dovrà essere installata su un dispositivo mobile e funzionerà anche senza rete internet. Il controllore predisposto all’ingresso di ristoranti, stadi e palestre sarà chiamato a richiedere la Certificazione verde all’interessato, che dovrà mostrare il proprio QR Code in formato digitale o cartaceo. A quel punto basterà inquadrare il codice nello spazio apposito fornito dall’app per ottenere un controllo immediato del pass sanitario: in caso di veridicità comparirà una spunta verde, se identificato come falso invece si attiverà un divieto rosso. Assieme alla conferma della validità o meno del pass, l’app presenterà il nome e il cognome del soggetto in questione oltre alla sua data di nascita. Per convalidare la verifica quindi, e assicurarsi che ci si trovi realmente di fronte alla persona che si è vaccinata, o guarita da Covid19 o che si è sottoposta a un tampone con esito negativo, bisognerà eseguire un controllo anche del documento di riconoscimento.


In quali casi l’app potrebbe rifiutare il Green pass?

Il divieto rosso potrà apparire sulla schermata dell’app Verifica C19 in caso di tampone se risultano essere passate più di 48 ore dall’esecuzione del test. Per la vaccinazione in cui è stato completato il ciclo vaccinale, la Certificazione invece è valida 270 giorni (9 mesi) dalla data dell’ultima somministrazione. Per chi al momento è fermo alla prima dose, verrà emessa un’apposita carta da presentare fino alla seconda dose: e quindi valida per 42 giorni in caso di Pfizer e Moderna, 84 giorni per AstraZeneca.

Il nodo della privacy

Il nuovo decreto Covid entrato in vigore il 23 luglio prevede che «i titolari o i gestori dei servizi e delle attività» per le quali serve il certificato siano «tenuti a verificare che l’accesso ai predetti servizi avvenga nel rispetto delle prescrizioni». Questo è quello che autorizzerebbe, in teoria, i proprietari di attività ed esercenti al controllo sulle certificazioni sanitarie presentate dai clienti. Ma manca ancora un passaggio. Lo strumento di controllo è in attesa di un Dpcm che regoli le modalità per trattare i certificati assicurandosi il rispetto della privacy degli utenti. Il controllo dei documenti di riconoscimento e di un’informazione sanitaria riguardante il soggetto in questione, dovrà essere eseguito nella tutela dei dati personali. È per questo che il Garante sarà chiamato a definire le «specifiche tecniche per trattare in modalità digitale le certificazioni, al fine di consentirne la verifica digitale e assicurando allo stesso tempo la protezione dei dati personali in esse contenuti». Il Dpcm che si attende dovrà essere adottato dal Ministero della Salute in collaborazione con quello per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, e quello dell’Economia e delle Finanze.

Le prime falle e il rischio di un Immuni bis

«Sempre in blocco. Provato a leggere diversi Green pass, dice che non sono validi, quando so per certo che lo sono. Chi la deve utilizzare che deve fare?», è una delle decine di prime recensioni che si leggono sullo store di Google. «Sicuri che non ci siano problemi negli archivi? La mia certificazione e quella di mia moglie risulta valida a intermittenza. Visto che si vorrebbe utilizzare per andare a bere un caffè, dovrebbe funzionare non bene, di più», e ancora: «Ho installato, disinstallato, spento il telefono e riavviato, nulla di nulla». Le prime esperienze con Verifica C19 non sono a quanto pare tutte positive e il pericolo di un Immuni bis non può non venire alla mente. L’app, infatti, risulta sviluppata dal Ministero della Salute tramite la società SOGEI, proprio la stessa che nel giugno 2020 lanciò Immuni per il tracciamento dei positivi. Da lì il servizio ebbe una vita complicata e piuttosto breve.

Per Verifica C19 è ancora troppo presto per parlare di successo o fallimento ma i primi segnali creano senza dubbio i primo timori. La speranza è quella di un’evoluzione più fortunata rispetto a quella di Immuni anche alla luce delle recensioni positive che pur compaiono insieme alle numerose esperienze negative. «A me ha funzionato» scrive un utente, «utilizzata bene anche con poca luce a disposizione» o ancora, «alla faccia dei no vax che stanno rosicando la scansione funziona bene».

I dubbi degli esercenti

Ad esporre i primi dubbi sulla gestione degli ingressi e dell’obbligo di Green pass sono proprio gli addetti ai controlli. Gestori di cinema, baristi, ristoratori, proprietari di piscine o centri scommesse, sono in queste ore alle prese con le novità decise dal governo, nutrendo non poche perplessità sul nuovo ruolo di “controllori”. A spiegare è Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, che in una nota elenca le preoccupazioni sul tema: «I gestori dei bar e dei ristoranti non sono pubblici ufficiali e come tali non possono assumersi responsabilità che spettano ad altri», scrive la Federazione, «è impensabile che, con l’attività frenetica che caratterizza questi locali, titolari e dipendenti possano mettersi a chiedere alle persone di esibire il loro Green pass e ancor meno a fare i controlli incrociati con i rispettivi documenti di identità». Il problema sarebbe soprattutto logistico ed è per questo i gestori si appellano al governo per «semplificare la modalità di controllo, prevedendo un’autocertificazione che sollevi i titolari dei locali da ogni responsabilità». E aggiungono: «Chi dichiarerà il falso lo farà a suo rischio e pericolo mentre i controlli devono rimanere in capo alle forze dell’ordine».

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