Mattarella: «La vaccinazione è un dovere morale»

Durante la Cerimonia del Ventaglio, il Presidente della Repubblica ha chiarito che l’unico modo per uscire dall’epidemia è procedere con la campagna vaccinale

«La pandemia non è ancora alle nostre spalle. Il virus è mutato e si sta rivelando ancora più contagioso. Soltanto grazie ai vaccini siamo in grado di contenerlo. Per queste ragioni la vaccinazione è un dovere morale e civico». Sergio Mattarella ha partecipato alla sua ultima Cerimonia del Ventaglio, l’appuntamento che si tiene tra fine luglio e inizio agosto in cui l’Associazione dellla stampa parlamentare incontra il Presidente della Repubblica e i Presidenti di Camera e Senato per donare loro un ventaglio decorato. Il discorso di quest’anno si è concentrato sul Coronavirus e soprattutto sulla necessità di curarlo attraverso i vaccini: «La libertà è condizione irrinunziabile ma chi limita oggi la nostra libertà è il virus non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo. Se la legge non dispone diversamente si può dire: “In casa mia il vaccino non entra”. Ma questo non si può dire per ambienti comuni, non si può dire per gli spazi condivisi, dove le altre persone hanno il diritto che nessuno vi porti un alto pericolo di contagio; perché preferiscono dire: “in casa mia non entra il virus”».


Nel suo discorso, il presidente della Repubblica ha fatto anche un passaggio sulla condizione del lavoro giornalistico in Italia: «Garantire rigore e autonomia significa prendere atto che ai giornalisti iscritti all’Ordine e, dunque, chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche, vanno applicate quanto meno garanzie eguali alle categorie di lavoratori, a partire dall’ambito previdenziale, nel quale è ragionevole che valga, per la prestazione pensionistica, la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti. Lo stesso criterio è bene che trovi applicazione in materia di ammortizzatori sociali». Uno degli ultimi passaggi del suo discorso, che potete trovare qui in versione integrale, riguarda poi le riforme che in questo momento sta discutendo il Governo: «Quando si pongono in essere interventi di così ampia portata, destinati a incidere in profondità e con effetti duraturi, occorre praticare una grande capacità di ascolto e di mediazione. Ma poi bisogna essere in grado di assumere decisioni chiare ed efficaci, rispettando gli impegni assunti».


Il testo completo del discorso

Il testo è da leggere come la risposta di Mattarella a Marco Di Fonzo, presidente dell’Associazione Stampa Parlamentare.

Gentile Presidente,

la sua relazione, così puntuale, propone spunti interessanti. Ne riprenderò alcuni, sui quali posso esprimermi, senza entrare in valutazioni strettamente politiche, che devono essermi estranee.

Lei ha ricordato il periodo di straordinaria e grave emergenza pandemica che stiamo purtroppo vivendo a livello mondiale. Un fenomeno che ha colto il mondo di sorpresa.

In poche settimane, con il dilagare di questo virus insidioso e sconosciuto, i bisogni e le domande dei cittadini di tutto il mondo si sono riversate sui governi con una drammaticità inedita. Richieste essenziali – la sopravvivenza, l’accesso alle cure e agli ospedali, la protezione della salute propria e dei propri cari, la tutela dei redditi e del lavoro – hanno sottoposto a uno stress molto duro le complesse dinamiche che presiedono un mondo che si è mostrato sempre più interdipendente.

Ne risulta evidente la necessità di un profondo ripensamento verso forme di ampia e crescente cooperazione internazionale e mi auguro che questa esigenza venga compresa nella comunità internazionale.

Abbiamo vissuto un anno difficile, mesi drammatici.

Lentamente e non senza contraddizioni – dovute all’eccezionalità della situazione del tutto ignota da affrontare – grazie a uno sforzo straordinario di collaborazione a livello globale, sono stati individuati due filoni che ci hanno permesso di incamminarci sulla via dell’uscita dalla crisi. La campagna di vaccinazione e la scelta di mettere in campo ingenti sostegni pubblici per contenere le conseguenze delle chiusure e dei distanziamenti a livello economico, produttivo, occupazionale.

Due strade che hanno consentito speranza e fiducia.

La vaccinazione e gli interventi di rilancio economico continuano a essere gli indispensabili strumenti per assicurare sicurezza e serenità. La pandemia non è ancora alle nostre spalle. Il virus è mutato e si sta rivelando ancora più contagioso. Più si prolunga il tempo della sua ampia circolazione più frequenti e pericolose possono essere le sue mutazioni. Soltanto grazie ai vaccini siamo in grado di contenerlo.

Il vaccino non ci rende invulnerabili ma riduce grandemente la possibilità di contrarre il virus, la sua circolazione e la sua pericolosità. Per queste ragioni la vaccinazione è un dovere morale e civico. Nessuna società è in grado di sopportare un numero di contagi molto elevato, anche nel caso in cui gli effetti su molta parte dei colpiti non fossero letali. Senza attenzione e senso di responsabilità rischiamo una nuova paralisi della vita sociale ed economica; nuove, diffuse chiusure; ulteriori, pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese.

La pandemia ha imposto grandi sacrifici in tanti ambiti. Ovunque gravi. Sottolineo quelli del mondo della scuola. Ne abbiamo registrato danni culturali e umani, sofferenze psicologiche diffuse che impongono di reagire con prontezza e con determinazione. Occorre tornare a una vita scolastica ordinata e colmare le lacune che si sono formate. Il regolare andamento del prossimo anno scolastico deve essere un’assoluta priorità. Gli insegnanti, le famiglie, tutti devono avvertire questa responsabilità, questo dovere, e corrispondervi con i loro comportamenti. Auspico fortemente che prevalga il senso di comunità, un senso di responsabilità collettiva.

La libertà è condizione irrinunziabile ma chi limita oggi la nostra libertà è il virus non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo.

Se la legge non dispone diversamente si può dire: «In casa mia il vaccino non entra». Ma questo non si può dire per ambienti comuni, non si può dire per gli spazi condivisi, dove le altre persone hanno il diritto che nessuno vi porti un alto pericolo di contagio; perché preferiscono dire: «In casa mia non entra il virus».

Sull’altro versante, sappiamo che, dall’Unione Europea, sono in procinto di giungere le prime risorse del programma Next Generation. Gli interventi e le riforme programmate devono adesso diventare realtà. Non possiamo fallire: è una prova che riguarda tutto il Paese, senza distinzioni. Quando si pongono in essere interventi di così ampia portata, destinati a incidere in profondità e con effetti duraturi, occorre praticare una grande capacità di ascolto e di mediazione. Ma poi bisogna essere in grado di assumere decisioni chiare ed efficaci, rispettando gli impegni assunti.

Desidero dare atto alle forze politiche e parlamentari, di maggioranza e di opposizione, ai governi che si sono succeduti durante la pandemia, alle strutture dello Stato e ai nostri concittadini di aver compreso la gravità della situazione sanitaria, economica e sociale, manifestando complessivamente – al di là di inevitabili differenze di toni e di opinioni – uno spirito di sostanziale responsabilità repubblicana. Anche per questo conto che le forze politiche, di fronte a un tempo che sembra volgersi verso prospettive migliori, continuino a lavorare nella doverosa considerazione del bene comune del Paese.

Conto che non si smarrisca la consapevolezza della emergenza che tuttora l’Italia sta attraversando, dei gravi pericoli sui versanti sanitario, economico e sociale. Che non si pensi di averli alle spalle. Che non si rivolga attenzione prevalente a questioni non altrettanto pressanti. Abbiamo iniziato un cammino per uscire dalla crisi, ma siamo soltanto all’inizio. Ci siamo dati obiettivi ambiziosi e impegnativi, di medio e lungo periodo. Perseguirli con serietà e responsabilità significa anzitutto guardare con il necessario realismo all’orizzonte che abbiamo davanti.

Presidente Di Fonzo,

lei ha auspicato che si possano recuperare completamente gli spazi di agibilità propri della vostra professione. In un mondo dell’informazione – quello della carta stampata in particolare – che ha subito anch’esso le conseguenze della pandemia. Gli effetti di questa si sono aggiunti a fenomeni già in corso che producono fratture dei nostri modelli di sviluppo e di convivenza, sfidandoci a un loro ripensamento complessivo.

Questa capacità di lettura dei tempi nuovi e del bisogno di adeguamento rappresenta un impegno essenziale per le democrazie. Un ripensamento di modello non può prescindere dalla riaffermazione dei fondamentali diritti di libertà che sono il perno della nostra Costituzione e dell’Unione Europea. Prendo a prestito, in proposito, le parole della risoluzione che il Parlamento Europeo ha dedicato alla relazione della Commissione sullo Stato di diritto, in cui viene definita centrale «la protezione della libertà e del pluralismo dei media» e «la sicurezza dei giornalisti».

Va assicurata la massima attenzione alla proposta annunciata dalla Commissione Europea di un provvedimento normativo per la libertà dei mezzi di espressione, così come l’annuncio della presentazione, il prossimo autunno, di una Direttiva per la protezione dei giornalisti contro le azioni «bavaglio» dirette a far tacere, o a scoraggiare, le voci dei media. Alla cornice di sicurezza entro cui devono poter operare i giornalisti, in virtù della loro specifica funzione, si aggiunge l’esigenza di agire affinché il processo di ristrutturazione e di riorganizzazione del comparto industriale dei media non veda indebolirsi il loro contributo alla vita democratica del Paese. La riforma recente dell’Ordine ha consolidato l’autonomia della professione giornalistica, ribadendone il carattere di professione intellettuale. Ciò significa che non ci sono scorciatoie in virtù delle quali tutti siano «caballeros» secondo la frase attribuita a Carlo V nella sua visita ad Alghero.

Garantire rigore e autonomia significa prendere atto che ai giornalisti iscritti all’Ordine e, dunque, chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche, vanno applicate quanto meno garanzie eguali alle altre categorie di lavoratori, a partire dall’ambito previdenziale, nel quale è ragionevole che valga, per la prestazione pensionistica, la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti. Lo stesso criterio è bene che trovi applicazione in materia di ammortizzatori sociali, diretti ad affrontare crisi aziendali per superarle e anche per accompagnare la trasformazione dei supporti tecnologici che assicurano la circolazione delle notizie. È un compito, quest’ultimo, che si riconduce all’applicazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Importante e significativo è stato, inoltre, l’intervento della Corte Costituzionale. Confido che il Parlamento saprà completare il necessario percorso di riforma, assicurando che non si possa mettere il bavaglio alla ricerca della verità e sapendo bilanciare correttamente questo valore con la tutela della reputazione e della dignità delle persone. Nell’occasione dell’incontro con i «quirinalisti» e con l’Associazione della Stampa Parlamentare, desidero esprimere il mio ringraziamento per aver seguito con puntualità, in questi quasi sette anni, il percorso comune, e per avermi prospettato, nel tempo, significative sollecitazioni.

Vorrei aggiungere una considerazione in tono più leggero. In ogni ambito circola il virus dell’autoreferenzialità, della configurazione del proprio ruolo come centrale nella vita sociale. Questo rischio è molto presente nella politica: personalmente rammento continuamente a me stesso di tenerlo lontano. Mi permetto di segnalarlo anche al mondo del giornalismo, dove affiora, talvolta, l’assioma che un’affermazione non smentita va intesa come confermata, così che una falsa notizia può essere spacciata per vera perché non risulta smentita. Nell’ormai innumerevole elenco esistente di testate stampate, radiotelevisive e online, di siti, di canali social, si tratta di una pretesa piuttosto stravagante. Ad esempio, vista la diffusa abitudine di trincerarsi fantasiosamente dietro il Quirinale quando si vuole opporre un rifiuto o di evocarlo quando si avanza qualche richiesta, il Presidente della Repubblica sarebbe costretto a un esercizio davvero arduo e preminente: smentire tutte le fake news, fabbricate, sovente, con esercizi particolarmente acrobatici. Faccio appello, dunque, alla professionalità dei giornalisti e alla loro etica professionale.

Vi ringrazio per questo bel Ventaglio e formulo i miei complimenti a Virginia Lorenzetti e all’Accademia di Belle Arti di Roma. Esprime con efficacia i sentimenti di speranza che coltiviamo.

Grazie e buone vacanze!

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