Riforma giustizia, la bozza della modifica: su prescrizione proroghe per mafia anche oltre 3 anni in Appello

Con le modifiche previste nella bozza l’improcedibilità cambierebbe anche in Cassazione, passando da 1 anno a 18 mesi

Dopo la sospensione del Cdm riunito per esaminare la riforma della giustizia insieme alle parti della maggioranza, arriva la bozza del testo di modifica del processo penale. Nel documento spicca il cambiamento del termine di improcedibilità, punto di mediazione di Mario Draghi con le parti politiche, soprattutto per quanto riguarda quella pentastellata. Stando alla bozza, infatti, tale termine potrà salire in Appello da 2 a 3 anni e da 1 anno e 18 mesi in Cassazione per tutti i giudizi considerati «particolarmente complessi»·. Proroghe della stessa durata, inoltre, potranno essere disposte per delitti di terrorismo, associazioni di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, violenza sessuale e associazione volta allo spaccio di stupefacenti. Quest’ultimo punto sembra quindi rispondere a quanto richiesto dalla Lega nelle consultazioni sulla riforma avute con il presidente del Consiglio.


Il contenuto del 416 bis 1

Tra i delitti per i quali è possibile prorogare il termine di improcedibilità anche oltre i tre anni non c’è l’articolo 416 bis 1, che viene applicato nei delitti commessi col «fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose». Su questo punto c’è stata il dissenso del M5s in sede di esame, che chiede di includere quanto riferito nell’articolo in questione. Se la riforma Cartabia passasse così com’è, l’improcedibilità scatterebbe dopo 2 anni in Appello e uno in Cassazione. «Quando il giudizio di impugnazione è particolarmente complesso», si legge nel testo diramato dall’Ansa, «in ragione del numero delle parti o delle imputazioni, o del numero e della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare, i termini di cui ai commi 1 e 2 sono prorogati, con ordinanza del giudice che procede, per un periodo non superiore a un anno nel giudizio di appello e a sei mesi nel giudizio di Cassazione».


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