Green pass in mensa: dalle aree per soli vaccinati ai No vax ‘esiliati’ in cortile, così si organizzano fabbriche e uffici

Dopo la decisione del governo di estendere l’obbligo di Carta verde, la sfida per le aziende è capire come gestire la nuova direttiva. È allarme per le mense dei poveri

Con la risposta ufficiale del governo sull’obbligo di Green pass in mensa diffusa il 14 agosto scorso, oggi le aziende sono attese dal loro primo vero banco di prova. Anche per pranzare sui luoghi di lavoro sarà necessario presentare la Certificazione verde Covid-19, proprio come dal 6 agosto accade in ristoranti, bar e tutti i luoghi con servizio di ristorazione al chiuso e al tavolo. A poco sono servite le proteste dei sindacati che ora parlano di «discriminazione sul posto di lavoro» e di «protocolli di sicurezza non aggiornati». Dopo il malcontento espresso anche dalla categoria dei lavoratori e il primo sciopero in Piemonte annunciato (e poi ritirato) a seguito della decisione di una fabbrica di confinare in un gazebo i non vaccinati, la sfida delle aziende sarà quella di gestire al meglio la nuova direttiva.


Aree separate per i non vaccinati

Tra le prime realtà ad annunciare un’applicazione rigida delle regole è stato il Vaticano. Da martedì 17 agosto il Green pass sarà obbligatorio per tutti i dipendenti della Santa Sede che vogliono usufruire del servizio mensa. In alternativa servirà un certificato medico che attesti l’esenzione dal vaccino. Stessa regola varrà per i dipendenti della Polizia di Stato. Intanto le aziende sparse per l’Italia si organizzano in maniera differente. L’Università di Brescia non farà sedere a tavola i suoi dipendenti sprovvisti di Carta verde, mentre la fabbrica Clivet di Feltre ha deciso di istituire locali separati. Da una parte pranzeranno tutti i vaccinati muniti di Green pass, dall’altra i dipendenti senza vaccino. Un’organizzazione simile a quella messa in atto giorni fa in Piemonte che aveva destato già non poche polemiche per la suddivisione dei dipendenti, considerata discriminatoria. Respinti dai locali e invitati a mangiare sotto gli alberi del cortile sono stati invece due lavoratori No vax della Stamet di Feletto, ad Ivrea. La direzione non ha consentito l’entrata nell’area mensa ai due dichiaratamente senza Green pass.


Il nodo delle mense per i poveri

Una delle questioni rimaste in sospeso rispetto alla recentissima direttiva del governo è quella delle mense per i poveri. Dice l’imprenditore Fulvio Soave, che dal 2013 collabora con la parrocchia di San Bonifacio per fornire un pasto caldo a chi è in difficoltà: «Riapriremo il 22 agosto sfruttando ancora la bella stagione e i tavoli all’aperto ma cosa faremo in autunno?». Il refettorio veronese, così come i tanti presenti nelle città italiane, è spesso frequentato da indigenti che non sono ancora stati vaccinati. Il problema fatto presente da Soave potrebbe verificarsi nel prossimo futuro su tutto il territorio nazionale. «Qui un piatto di pasta non si è mai negato a nessuno. Questo è l’imperativo con cui abbiamo sempre operato aprendo a chiunque. Con l’entrata in vigore del Green pass non è più possibile accogliere in maniera indistinta come abbiamo sempre fatto» continua Soave. E aggiunge: «Tra i nostri ospiti pochissimi sono vaccinati, gli italiani, ma tutto il resto sono cittadini stranieri per lo più irregolari. A quanto ci dicono, la stragrande maggioranza di loro, se sapessero come fare, sarebbero prontissimi a vaccinarsi ma come?».

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