Referendum eutanasia, raggiunto il nuovo obiettivo delle 750 mila firme

Il numero serviva – spiega l’associazione Luca Coscioni – a mettere in sicurezza il risultato «da ogni possibilità di errori nella raccolta, ritardi della pubblica amministrazione e difficoltà nelle operazioni di rientro dei moduli»

Il referendum per l’eutanasia legale è un vero e proprio successo. In poco tempo, ben oltre le più rosee aspettative, sono state raggiunte le 500 mila firme, ora i numeri parlano di 750 mila sottoscrizioni di cui ben 250 mila raccolte online. E a firmare sono arrivati anche Francesco Guccini, Pif e Roberto Saviano che si aggiungono a Fedez, Chiara Ferragni, Vasco Rossi e Maurizio Costanzo. Un tema, quello dell’eutanasia legale, fortemente sentito (e spinto) dai giovani con buona pace della Chiesa, da sempre contraria.


Perché è importante raccogliere più firme possibili

«Abbiamo fiducia di arrivare a un milione», dicono Marco Cappato e Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni, soddisfatti del risultato raggiunto. Numeri alla mano, infatti, si viaggia oltre le 750 mila firme di cui 500 mila raccolte ai tavoli mentre 250 mila digitali a cui bisogna aggiungere un numero ancora imprecisato di firme raccolte nei comuni, nei consolati e negli studi degli avvocati e da alcuni gruppi che si sono aggiunti alla mobilitazione nelle scorse settimane. La battaglia, però, non finisce qui: per il 6-12 settembre è prevista una nuova mobilitazione nazionale referendaria «con una campagna di informazione da marciapiede sulle tematiche del testamento biologico e del suicidio assistito». L’obiettivo di andare oltre le 750 mila firme – che è stato ampiamente raggiunto – serviva a mettere in sicurezza il risultato «da ogni possibilità di errori nella raccolta, ritardi della pubblica amministrazione e difficoltà nelle operazioni di rientro dei moduli». Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna sono le prime tre regioni per numero di firme in rapporto al numero di abitanti.


Chi ha aderito al referendum per l’eutanasia

Al referendum per l’eutanasia hanno aderito anche 131 sindaci, tra cui spiccano i primi cittadini di Torino, Bologna, Napoli, Parma, Palermo e Siracusa, ma anche 33 deputati e 11 senatori. Ci sono anche alcuni rappresentanti del governo Draghi come Teresa Bellanova, ex ministra e attuale viceministra alle Infrastrutture, oltre a Ivan Scalfarotto, sottosegretario all’Interno, e Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri.

Cosa dice il quesito referendario

«Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni»; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?». Allo stato attuale, infatti, l’articolo 579 del codice penale dice: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto, contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». Se dovesse prevalere il sì, verrebbe cancellato il seguente passaggio della norma: «La reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano». E, dunque, nei fatti, cosa cambierebbe?

Come cambierebbe la legge con il sì al referendum sull’eutanasia

In questo modo verrebbe resa non punibile l’eutanasia «attiva», ovvero quella che si viene a creare quando vengono somministrati farmaci che provocano la morte di chi la richiede. Rimane intatta, invece, la seconda parte della legge così che chi provoca la morte con il consenso è punito solo in caso di soggetti minorenni, di infermità mentale o di minacce e inganno. L’articolo, in altre parole, verrebbe riscritto così: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». La Corte costituzionale, nel 2019, si è già espressa, sul caso Cappato (che aveva accompagnato dj Fabo a morire in Svizzera), sostenendo che non può essere punito chi agevola il proposito di suicidio di persone che soffrono di patologie irreversibili. Il Parlamento, stando così le cose, avrebbe dovuto colmare questo vuoto normativo ma finora, viste le diversità di vedute in Aula, non è stato fatto.

Foto in copertina di repertorio: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

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