Terapie domiciliari, la liberatoria del Movimento Ippocrate (che promette di curare la Covid) è «carta straccia»

I malati che decidono di ricorrere ai medici del Movimento Ippocrate devono firmare una liberatoria che però non salva il medico in caso di danni. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Michele Maria Gambini

Oggi il Senato ha ospitato il primo incontro dell’International Covid Summit, una serie di incontri pubblici dove dovrebbero essere discusse le presunte terapie domiciliari contro la malattia. I principali protagonisti dell’evento sono gli aderenti del Movimento Ippocrate, fondato da Mauro Rango che, come lui stesso precisa, non è un medico. Per accedere ai loro servizi, il paziente è tenuto a firmare una liberatoria che, come andremo a scoprire, non ha alcun valore legale.

Il Movimento sostiene l’utilizzo di medicinali controversi, come l’idrossiclorochina e l’ivermectica, un antiparassitario per uso animale. Il paziente che vuole usufruire dei servizi del Movimento deve firmare la liberatoria dove «esonera il medico curante di ogni responsabilità civile, penale e morale per effetti collaterali» dovuti ai farmaci.

Abbiamo chiesto un parere all’avvocato Michele Maria Gambini, penalista, criminologo clinico. Secondo quanto ci spiega Gambini, il medico non è completamente libero nella cura del paziente. Certamente deve operare in scienza e coscienza, ma non può somministrare un farmaco per la gastrite contro il mal di testa. Il medico deve sottostare alle indicazioni dei vari farmaci, nonché alle linee guida ed ai protocolli validati di cura.

Nel caso di un utilizzo off label di un farmaco, e dunque al di fuori delle indicazioni per il suo utilizzo come nel caso della non raccomandata idrossiclorochina, la responsabilità rimane sempre ed esclusivamente del medico e non c’è liberatoria che lo esoneri dal punto di vista civile, penale e deontologico.

Ad esempio, uno dei medicinali citato nella liberatoria è l’ivermectina, sconsigliata contro la Covid anche dall’Ema oltre che dalla FDA. In caso di danni, il medico ne risponde a livello sia civile che penale, e non esiste liberatoria che tenga. Ne risponde anche a livello deontologico per il fatto di aver prescritto un farmaco totalmente inconferente con la patologia da curare, e questo nel momento stesso in cui firma la ricetta.

Cosa potrebbe succedere nel caso un paziente, a causa del trattamento, perdesse la vita? Si parlerebbe a quel punto di omicidio colposo per colpa medica, perseguibile d’ufficio dove la liberatoria non avrebbe in ogni caso valore.

Foto di copertina: il testo della liberatoria e l’intervento al Senato del fondatore del Movimento Ippocrate, Mauro Rango.

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